Le proteste di massa contro la sua riforma delle pensioni hanno impedito a Emmanuel Macron di ricevere a Parigi di re Carlo d’Inghilterra, ma non di volare da Xi Jinping a Pechino, dove ieri il presidente francese è sbarcato in compagnia della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Entro domani, i due incontreranno, assieme e separatamente, il presidente cinese Xi e il premier Li Qiang. Alla nuova leadership uscita dal XX congresso del partito comunista Macron e von der Leyen portano messaggi contrastanti, che palesano l’assenza di una posizione dell’Europa su un dossier cruciale come quello dell’ascesa della Cina, con le relative implicazioni economico-commerciali e geopolitiche, in una fase di contrapposizione senza precedenti tra Pechino e Washington.

Macron - che sarà raggiunto a Pechino dall’eco dell’undicesimo sciopero nazionale, previsto per oggi - si è attribuito l’ambizioso compito di «provare a coinvolgere la Cina il più possibile per fare pressione sulla Russia» per fermare la guerra in Ucraina. Gli sono state accordate sei-sette ore di faccia a faccia con Xi (tante secondo il protocollo cinese), perché - come anticipato dai suoi consiglieri - non toccherà il tasto dolente del rifiuto di Pechino di condannare l’invasione russa, né la questione di Taiwan.

Le critiche a Washington

Soprattutto, Macron ha dichiarato che «non vuole credere allo scenario di una separazione economica dalla Cina». Come Olaf Scholz, che l’ha preceduto a Pechino a novembre, anche Macron è contrario al decoupling, seppur parziale, dalla seconda economia del pianeta. Macron - fautore della cosiddetta “autonomia strategica” dell’Europa - ieri a Pechino ha aggiunto - apparentemente criticando Washington - di non credere nemmeno che debba esserci «una inevitabile spirale di tensione che monta tra l’Occidente e la Cina».

Come il cancelliere tedesco, che si era portato dietro il gotha della grande industria teutonica, anche Macron è attirato dal mercato cinese e spinge per intensificare la cooperazione bilaterale con Pechino. La delegazione al seguito dell’inquilino dell’Eliseo include circa 60 manager, tra cui rappresentanti di Airbus, Alstom, Edf, L’Oreal, e Veolia, ma anche artisti come il musicista Jean-Michel Jarre e il regista Jean-Jacques Annaud, il cui Notre-Dame on Fire uscirà nei cinema cinesi nei prossimi giorni.

Le dichiarazioni e la strategia del presidente francese cozzano con le parole pronunciate la settimana scorsa da von der Leyen durante un discorso tenuto allo European Policy Centre di Bruxelles. La presidente della Commissione Ue ha sostenuto che la Cina punta a «un cambiamento sistemico dell’ordine internazionale», e che «ha voltato pagina rispetto alla stagione di ‘riforma e apertura’ e sta entrando in una nuova era di controllo securitario». Von der Leyen ha aggiunto che «lungi dall’essere scoraggiato dall’atroce e illegale invasione dell’Ucraina, il presidente Xi sta mantenendo la sua ‘amicizia senza limiti’ con il presidente russo Vladimir Putin».

Un discorso durissimo, alla vigilia del viaggio a Pechino, che ha provocato la reazione dell’ambasciatore cinese presso l’Unione Europea, Fu Cong, secondo cui le parole di von der Leyen hanno messo in luce «una profonda ambivalenza» nella Commissione, che «da un lato si rende conto che i rapporti con la Cina sono importanti per l’Europa ma, allo stesso tempo, ha paura delle critiche degli estremisti in Europa e forse anche degli Stati Uniti».

Ridurre gli investimenti

La posizione della Commissione risulta diversa dalla politica praticata da Macron (e Scholz): secondo l’esecutivo comunitario l’Ue deve puntare a «ridurre i rischi»: la parola d’ordine nelle relazioni con la Cina è “de-risking”, un “decoupling” in versione soft. Von der Leyen vuole nuove regole per «garantire che il capitale, le competenze e le conoscenze delle nostre società non vengano utilizzate per migliorare le capacità militari e di intelligence di coloro che sono anche rivali sistemici», ovvero limitazioni agli investimenti europei in Cina nei settori della robotica, dell’informatica quantistica e dell’intelligenza artificiale, quelli su cui Pechino punta maggiormente per provare a raggiungere i paesi più avanzati. Nel marzo 2019, la commissione uscente guidata da Jean-Claude Juncker varò lo EU-China Strategic Outlook, che ha identificato per la prima volta la Cina anche come un «rivale sistemico» dell’Ue. Anche questa volta una commissione in scadenza si appresta ad allontanare “ufficialmente” l’Europa dalla Cina, mentre Francia e Germania continuano a scommettere sui suoi mercati?

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