BUDAPEST Maja T. è arrivata nell’aula di tribunale di Markó Utca a Budapest in catene a mani e piedi. Dopo il periodo di ricovero dallo sciopero della fame, che l’ha confinat* nell’ospedale di Berettyóújfalu, distante 260 chilometri dalla capitale, è tornat* in isolamento nelle carceri di Budapest.

Secondo i familiari il ritorno all’isolamento completo avrà considerevoli conseguenze su Maja: dalla sua cella è in grado di vedere solo un piccolo frammento di cielo e il peso della solitudine è sempre più presente.

Fuori dal tribunale un gruppo di militanti neonazisti ha innalzato striscioni e bandiere nazionaliste, mentre sostenitori di Maja hanno continuato a dimostrare solidarietà. Mentre all’entrata del tribunale giornalisti di estrema destra Kuruc cercavano di fare foto e video a familiari e amici di Maja e di inquadrare i loro documenti. Queste immagini vengono pubblicate su siti neonazisti e su Telegram con l’invito a gruppi estremisti di individuare e attaccare le persone riprese.

L’udienza

Foto di Marta Massa

Maja è entrata in aula scortat* da tre uomini armati, il suono delle catene ad accompagnarli. Poco dopo è stato chiamato il primo testimone, che ha assistito all’attacco a László Dudog (membro della band neonazista Blood and Honor “Divine Hate”): ha raccontato che l’attacco è durato per un massimo di dieci secondi e dichiarato che le ferite non erano gravi. Il testimone ha usato la parola neonazista per descrivere Dudog. È la prima volta che in aula si parla apertamente di neonazismo.

Il testimone ha poi detto di non aver mai visto Maja e di non poterl* ricollegare all’attacco. Ha aggiunto che quel giorno Dudog portava abbigliamento neonazista incluso un simbolo dell’Ss e un teschio sul retro della giacca. Il testimone rilascerà un’ulteriore dichiarazione per l’udienza dell’8 ottobre.

«Free Maja», hanno esclamato in aula con un megafono parole di sostegno. Maja li ha sentiti e ha sorriso. Durante la seconda parte dell’udienza il giudice ha mostrato filmati di telecamere di videosorveglianza. In una tabella a due colonne presentata in aula, sono apparsi i nomi del* sospettat*, con a fianco foto di persone con visi coperti.

Non sono però presenti video dell’attacco e, dunque, la connessione tra le persone imputate e le immagini non è stata in alcun modo elaborata. Gli elementi paradossali dell’udienza rimangono evidenti: nessun testimone riconosce Maja e, senza video dell’attacco che provino la sua colpevolezza, il processo rimane statico e inconclusivo. La prossima udienza è fissata per il 26 settembre.

L’immunità di Salis

Imputata nello stesso processo di Maja T., l’europarlamentare Ilaria Salis domani, 23 settembre, assisterà al primo voto per la revoca dell’immunità parlamentare. Se dovesse essere revocata, il processo a Budapest verrebbe riaperto e porterebbe alla richiesta un suo potenziale arresto e rischierebbe una condanna a 24 anni di carcere.

«Ribadisco la mia fiducia nei confronti dei colleghi chiamati a pronunciarsi in Juri sulla relazione del rapporteur incaricato del mio caso», ha detto Salis. Sarà il voto del Partito popolare europeo (Ppe) a decidere le sorti dell’eurodeputata, ma al momento la posizione è incerta.

Nello stesso giorno, è previsto il voto del parlamento europeo sulla concessione dell’immunità parlamentare a Péter Magyar, leader del partito Tisza, unico reale oppositore del premier ungherese Viktor Orbán.

Mentre Orbán radicalizza l’opinione pubblica contro l’antifascismo, dando supporto alla decisione di Trump di classificare “antifa” come organizzazione terroristica, Maja rimane in attesa della sentenza di un processo che appare interminabile e sempre più fittizio.

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