La nave della ong Open Arms è sbarcata a Porto Empedocle con a bordo 146 migranti salvati in due distinte operazioni al largo delle coste libiche il 12 e il 13 febbraio. In occasione del primo salvataggio, la ong ha accusato la guardia costiera libica di avere assistito al naufragio senza intervenire per poi intimare all’imbarcazione di allontanarsi dalle acque dove erano presenti i migranti. Tra le persone salve ci sono anche diversi minori tra cui un bambino di tre mesi di nome Moez.

L’Open Arms aveva chiesto alle autorità italiane di potere attraccare dopo che le condizioni meteorologiche avevano iniziato rapidamente a deteriorarsi. La concessione era stata data il 14 febbraio, ma a causa del maltempo la nave ha impiegato oltre un giorno prima di arrivare al porto. 

Quelli che non ce la fanno

Prima di riuscire a completare le due operazioni di salvataggio, Open Arms aveva denunciato il 10 febbraio il rimpatrio forzato commesso dalle autorità libiche nei confronti di due imbarcazioni cariche di migranti. A più riprese, l’Organizzazione internazionale per i migranti (Oim) ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire denunciando le condizioni mostruose in cui sono costretti a vivere le persone che provano a lasciare il paese nordafricano.

Una volta tornati in Libia, i migranti vengono chiusi nei centri di detenzione, dove come dimostrato dalle carte di un processo avvenuto in Italia, vengono torturati anche in diretta video coi propri familiari dai loro carcerieri che puntano a ottenere soldi dai loro cari. Inoltre chi si mette in viaggio rischia di andare incontro alla morte. Sono già due i naufragi avvenuti nel 2021 al largo delle coste libiche e costati la vita complessivamente a 60 persone. In un’intervista a Domani, l’inviato speciale dell’Unhcr nel Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel,  ha chiesto all’Unione europea di essere più presente nelle acque libiche per evitare il ripetersi di tragedie simili. 

© Riproduzione riservata