Nel giorno della prima riapertura del parlamento, i militari del Myanmar hanno preso il controllo del paese arrestando i membri della Lega nazionale per la democrazia (Nld), partito di Aung San Suu Kyi, vincitrice delle ultime elezioni dell’8 novembre scorso. I membri dell’esercito hanno dichiarato lo stato di emergenza e arrestato la stessa San Suu Kyi che si trova al momento nella capitale, Naypyidaw.

Nel dichiarare l’inizio del golpe, i militari hanno accusato l’attuale governatrice del paese, in passato noto come Birmania, di avere commesso «gravi violazioni» nel corso delle elezioni. In un post su Facebook, l’Nld ha chiesto alla popolazione di non arrendersi ai militari e di non accettare quello che sarebbe un ritorno a una dittatura militare dopo una parentesi democratica durata circa dieci anni.

Una democrazia precaria

Nata inizialmente democratica nel 1948, la Birmania ha attraversato un lungo periodo di dittatura militare dal 1962 al 2012, anno delle prime elezioni libere nel paese. Aun San Suu Kyi è il simbolo del cambiamento democratico restando agli arresti domiciliari per oltre dieci anni e guadagnandosi nel 1991 il premio Nobel per il suo impegno per la liberta della nazione. La politica ha poi raccolto i frutti del suo lavoro nelle parlamentari del 2015 riuscendo ad assumere il controllo del paese.

Durante il suo mandato San Suu Kyi è stata accusata dalla comunità internazionale di avere perseguitato la minoranza etnica dei Rohingya costretti a emigrare in massa a causa di quello che è stato definito «un genocidio». Ma i veri problemi all’orizzonte sono apparsi subito la vittoria alle elezioni del 2020 che hanno visto un successo ancora più schiacciante nei confronti del partito guidato dai militari. L’esercito non si è dato per vinto e ha immediatamente iniziato a denunciare presunti brogli elettorali. Un’accusa che ha portato al colpo di stato odierno.

Aung San Suu Kyi (AP/Yomiuri)

Le reazioni internazionali

Il colpo di stato in atto nel Myanmar ha suscitato dure reazioni da parte della comunità internazionale. L'Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell ha condannato «fermamente» il colpo di stato compiuto dai militari in Myanmar e chiesto l'immediato rilascio dei detenuti. Secondo Borrell, «i risultati delle elezioni e la costituzione devono essere rispettati. Il popolo del Myanmar vuole la democrazia. L'Ue è con loro».

Sulla stessa linea il segretario di Stato americano Antony Blinken che ha espresso «grave preoccupazione e allarme» chiedendo l’immediato rilascio di tutti i detenuti politici.

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