Il testo in questa pagina è un estratto del discorso pronunciato dalla parlamentare ucraina Ivanna Klympush-Tsintsadze durante i “Security and Defence Days” organizzati dalla Fondazione De Gasperi

Da parte della Nato sono stati commessi molti errori che hanno spianato la strada all’aggressione russa dell’Ucraina. Uno di questi risale al vertice di Bucarest del 2-4 aprile 2008, quando i capi di stato e di governo dell’Alleanza atlantica si mostrarono diffidenti verso la possibilità di estendere sia all’Ucraina che alla Georgia il Membership action plan (MP) per avviare il loro processo di adesione alla Nato.

Si è trattato certamente di una decisione sbagliata, poiché l’ambiguità mostrata in quel preciso momento ha rappresentato agli occhi di Mosca un disco verde per andare avanti con la realizzazione dei propri obiettivi: prima con l’attacco contro la Georgia, scatenato solo qualche mese più tardi, nell’agosto 2008, e poi con l’annessione illegale della Crimea e l’apertura del fronte ucraino nel Donbass nell’aprile 2014, fino all’invasione su vasta scala lanciata lo scorso 24 febbraio.

Malgrado le politiche attuate dalla Russia, questa ambiguità permane ancora oggi, e sarebbe auspicabile che il nuovo Concetto strategico che verrà approvato durante l’imminente vertice di Madrid la rimuovesse.

Dallo scenario odierno emergono anche forti dubbi sull’articolo 5 del Trattato nord-atlantico, che sancisce il principio della mutua assistenza in caso di attacco armato contro uno degli stati membri. Cosa accadrebbe se la Russia dovesse attaccare un paese confinante con l’Ucraina o le Repubbliche baltiche, ad esempio con modalità non convenzionali, come un attacco cibernetico o di tipo ibrido? L’articolo 5 verrebbe effettivamente messo in funzione? Gli stati membri dotati di maggiore forza militare sarebbero davvero disposti a intervenire? Il nuovo Concetto strategico dovrebbe fornire rassicurazioni anche su questo punto.

Attesa e priorità

Dalla prospettiva ucraina, c’è grande attesa per la presentazione del documento, ma le anticipazioni sui suoi contenuti gettano un’ombra d’incertezza: le priorità che verranno enunciate, saranno sufficienti ad affrontare in maniera efficace l’ampia gamma delle sfide e delle minacce che incombono sulla sicurezza dei paesi della regione euro-atlantica? Il dibattito sulla necessità che l’Unione europea rafforzi l’integrazione nel settore della difesa, dotandosi di un esercito comune dalle maggiori capacità, è dettato dal crescente scetticismo verso la protezione del territorio europeo e degli stessi valori occidentali garantita in un quadro transatlantico.

Dopo la Guerra fredda, la Nato è entrata in “modalità sonno” rispetto alla deterrenza nei confronti della Russia. Eppure, Vladimir Putin aveva espresso in numerosi discorsi le sue intenzioni di rifondare la Russia come impero, e simili intenzioni sono state ribadite nell’ultimatum inviato a Stati Uniti e Nato dal ministero degli Affari esteri di Mosca il 17 dicembre 2021. Poco comunque è stato fatto da parte dell’Alleanza per dissuadere il Cremlino dal prendere la decisione d’invadere l’Ucraina, che risponde esclusivamente alle ambizioni neo-imperialistiche di Putin e della sua amministrazione.

La presunta minaccia rappresentata dall’allargamento della Nato non è stata altro che una scusante per giustificare l’interventismo militare russo in Georgia e oggi in Ucraina. Le mire espansionistiche del Cremlino vanno però oltre il Caucaso e l’Ucraina. Putin ha dichiarato di voler riprendere il lavoro dello zar Pietro il Grande e ciò equivale a una minaccia per Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Finlandia e persino la Svezia. Non c’è infatti nulla di casuale nel riferimento deliberatamente effettuato da Putin alla guerra che durò ventuno anni con cui Pietro il Grande riuscì a sconfiggere la Svezia.

Pertanto, riaffermare nel nuovo Concetto strategico la “sicurezza collettiva” come compito primario della Nato, in un’ottica di nuovo “contenimento” della Russia, potrebbe non bastare. Il nuovo documento dovrebbe fornire le necessarie rassicurazioni anche in merito alla “gestione delle crisi”. Già nei Balcani occidentali, in Kosovo in particolare, l’Alleanza si è vista costretta a intervenire direttamente con un’operazione militare, anche senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Oggi l’aggressore è un membro permanente del Consiglio di sicurezza: significa che la Nato deve farsi da parte?

Il nuovo Concetto strategico non può trascurare questi aspetti, se vuole davvero essere uno strumento utile a orientare il corso d’azione della Nato nel prossimo futuro.

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