C’è attesa per il vertice di Madrid del 28-30 giugno, nel quale l’Alleanza atlantica adotterà il suo nuovo Concetto strategico. Si tratta di un documento che stabilirà gli obiettivi e le linee guida della Nato per il prossimo decennio, e che viene approvato in un contesto geopolitico globale in forte mutamento: dalla minaccia della Russia all’espansione dell’Alleanza verso nord, dai rapporti transatlantici alle contese multipolari. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Gabriele Natalizia, Stefano Pontecorvo, Eleonora Tafuro Ambrosetti, Stefano Feltri e tanti altri – e le mappe a cura di Bernardo Mannucci, Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi (faseduestudio/Appears) – analizzano la nuova fase di un’alleanza che può esistere solo se decide di adattarsi agli enormi cambiamenti della storia.

Cosa c’è nel nuovo numero

(AP Photo/Olivier Matthys)

Dopo aver approfondito l’origine e le funzioni dell’Alleanza, i ricercatori Andrea Gilli, Mauro Gilli e Lucrezia Scaglioli si soffermano sulle sfide affrontate dai paesi alleati nell’ultimo decennio: negli anni successivi al 2010 (anno a cui risale l’ultimo Concetto strategico) la sicurezza euro-atlantica è stata intaccata principalmente da terrorismo, attacchi cibernetici, uso di armi chimiche e migrazioni di massa. Ma dal 2020 in poi, tre cambiamenti hanno iniziato a minare la struttura stessa e le dinamiche centrali del sistema internazionale: la crescita cinese, lo sviluppo tecnologico, i cambiamenti climatici. La pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno infine aumentato l’instabilità mondiale, e riproposto problemi che sembravano superati dalla storia.

Il politologo Gabriele Natalizia esamina le asimmetrie tra gli stati aderenti all’Organizzazione: la scomparsa dell’Urss come minimo comun denominatore strategico ha innescato inedite divisioni tra gli alleati sulla gerarchia degli avversari. Mentre gli stati dell’Europa orientale hanno visto nella Russia la principale minaccia da fronteggiare, e l’Europa meridionale, Italia in testa, ha richiesto maggiore attenzione ai pericoli derivanti dall’instabilità politica della sponda sud del Mediterraneo, gli Stati Uniti hanno riorientato la loro strategia difensiva verso il quadrante Indo-Pacifico. Il dibattito sulle spese militari ha poi contribuito a creare nuove tensioni interne. 

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Amendola spiega che il percorso dell’Europa verso una difesa comune è complementare al rafforzamento stesso dell’Alleanza. L’obiettivo non è rendere l’Unione indipendente dai suoi partner storici, ma mettere ordine nell’enorme frammentazione esistente tra i sistemi di difesa europei. 

Il politologo Andrea Locatelli rimane sul tema evidenziando come l’asimmetria militare fra Stati Uniti ed Europa produca da anni tensioni nel matrimonio “infelice ma di successo” dell’Alleanza. La soluzione, però, non è ridurre il gap di capacità ma riuscire a gestirlo, sfruttando le complementarietà tra le due sponde dell’Atlantico.

La ricercatrice Alice Dell’Era ci guida nel quadrante Indo-Pacifico, il nuovo centro di gravità delle dinamiche globali e, sotto spinta americana, area di cruciale interesse per la Nato in funzione del contenimento cinese. Nella regione l’Alleanza può contare su una serie di partner affidabili, dall’Australia alla Corea del sud, alla Nuova Zelanda. Ma è soprattutto col Giappone che la collaborazione si è estesa e ha preso slancio in seguito all’invasione dell’Ucraina.

A seguire, il diplomatico Stefano Pontecorvo fa luce sull’esercizio di riflessione avviato dalla Nato a seguito degli errori commessi in Afghanistan. Tra le lezioni apprese, vi è la necessità di perseguire un’articolata strategia politica accanto all’indispensabile strumento d’intervento militare. Una chiara definizione dell’obiettivo politico permette inoltre di definire la “exit strategy” della forza impiegata, e di avviare la fase di ricostruzione o consolidamento di quelle istituzioni locali che saranno la prima garanzia contro il ripetersi della stessa minaccia nell’area in cui si è intervenuti.

(AP Photo/Ebrahim Noroozi)

Il direttore di Domani Stefano Feltri si interroga sulla guida futura dell’Alleanza atlantica: la guerra in Ucraina ha infatti esteso di un anno il mandato del segretario generale Jens Stoltenberg, che rimarrà in carica fino al 30 settembre 2023, ma le grandi manovre per la sua successione sono già in corso. L’Italia coltiva da tempo ambizioni e potrebbe esprimere il nome di Mario Draghi, ma le priorità perseguite da Roma negli ultimi anni hanno ignorato la minaccia russa per concentrarsi sull’instabilità nel Mediterraneo, e non è scontato che l’attuale contesto diplomatico possa premiarci.

Segue poi un’intervista di Matteo Muzio a Gary Gerstle, storico dell’università di Cambridge e autore del volume The rise and fall of the neoliberal order. Secondo Gerstle, la cosiddetta epoca neoliberale è tramontata in modo violento e caotico, senza un chiaro percorso davanti, ma anzi, aprendo la strada a possibilità molto diverse tra loro: l’affermarsi di un modello etno-nazionalista di stato autoritario costruito sugli esempi dell’Ungheria di Orbán, della Turchia di Erdogan o della Russia di Putin; una nuova egemonia progressista, simile al primo semestre di Joe Biden o alla Spagna di Pedro Sánchez, con una nuova politica economica e un nuovo welfare diffuso; o un continuo periodo di caos. Quest’ultima è al momento vista come l’ipotesi più probabile, date le debolezze degli altri due modelli attualmente in ascesa.

L’analista Eleonora Tafuro Ambrosetti affronta la complicata relazione tra la Turchia e la Nato, storicamente caratterizzata da divergenze e crisi. Tuttavia, tra opposizioni politiche – da ultimo all’adesione di Svezia e Finlandia all’ingresso nell’Alleanza – e risentimento nei confronti dell’occidente, l’appartenenza alla Nato rimane per Ankara la migliore forma di difesa contro l’aggressione di Mosca nella regione del mar Nero, ed è una garanzia di sicurezza collettiva che il governo turco probabilmente non sarà mai disposto a sacrificare. La rottura del legame è considerata da entrambi i campi l’alternativa peggiore. 

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Il testo a seguire è un estratto del discorso pronunciato dalla parlamentare ucraina Ivanna Klympush-Tsintsadze durante i “Security and Defence Days” organizzati dalla Fondazione De Gasperi. Klympush-Tsintsadze torna sul nuovo Concetto strategico in via di approvazione al vertice di Madrid, illustrando gli errori che la Nato deve correggere: dopo l’invasione russa non basta riaffermare la “sicurezza collettiva” come compito primario dell’Alleanza atlantica, il nuovo documento dovrebbe fornire le necessarie rassicurazioni anche in merito alla “gestione delle crisi”.

Il politologo Manlio Graziano offre poi un’analisi economica sull’autunno freddo che attende l’economia occidentale: inflazione e recessione stanno mettendo alla prova le democrazie occidentali, e anche la Russia sta affrontando uno stress test autoimposto; la speranza della sua classe dirigente è di resistere un minuto in più del nemico.

Infine, gli analisti dello European council on foreign relations Adam Balcer e Zsuzsanna Végh evidenziano come la guerra non abbia incrinato l’asse sovranista dell’est: il conflitto ha sì creato una spaccatura superficiale tra Fidesz, il partito di Orbán, e i polacchi del Pis, ma sotto il disaccordo su Putin permane un’alleanza più profonda che si oppone alle richieste dell’Unione europea sullo stato di diritto.

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