Dell’agenda del premier israeliano Benjamin Netanyahu durante il suo viaggio in Italia salta subito all’occhio un dettaglio: la ripartenza prevista sabato sera per mezzanotte, con l’ultimo impegno ufficiale fissato per le 14.30 di venerdì. Un orario inspiegabile (il premier è laico, e lo Shabbat comunque finisce alle 18.53) se non fosse che, arrivando in piena notte, Bibi potrà schivare eventuali proteste all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Come in occasione della sua partenza per Roma giovedì: migliaia di manifestanti hanno bloccato la strada che porta allo scalo, costringerlo a spostarsi in elicottero, e hanno inscenato proteste e agitazioni in tutto il paese. Contro la riforma della giustizia che svuoterebbe di potere la corte suprema, eliminando l’ultimo argine rispetto a possibili derive illiberali, si esprimono nel frattempo sempre più rappresentanti della società civile.

Nel marasma della partenza da Tel Aviv, Itamar Ben Gvir, l’estremista di destra noto per la xenofobia anti araba divenuto ministro della Polizia, si è recato all’aeroporto per “dare manforte” alle forze dell’ordine. Alludendo a un suo recente editto secondo cui i prigionieri di sicurezza palestinesi nelle carceri israeliane non devono poter cuocere la propria pita (il tipico pane arabo), un manifestante l’ha apostrofato: «Sei il ministro della pita, vattene a mangiare la pita».

Lui ha risposto: «Non permetteremo a voi anarchici di distruggere lo stato». E il dimostrante: «Sei tu il vero anarchico, non noi». Un dettaglio di una coloratissima giornata di protesta israeliana.

Il programma del viaggio

Questo il programma ufficiale di Netanyahu in Italia, per un weekend lontano dalle proteste (anche se venerdì alle 15 a Roma va in scena quella degli israeliani espatriati). Giovedì poco dopo le 19 ci sono gli incontri presso la comunità ebraica con i suoi rappresentanti e un gruppo ristretto di membri selezionati dalla presidente Ruth Dureghello (i criteri non sono noti).

Nella mattinata di venerdì Netanyahu incontra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al Forum economico per le imprese a Palazzo Piacentini. Previsto un incontro con gli imprenditori (secondo fonti israeliane sarebbe in arrivo da Parigi l’affarista franco-israeliano vicino a Netanyahu Meyer Habib, ma non è noto il suo ruolo nella visita). A seguire, fra le 13.30 e le 14.30, c’è il pranzo di lavoro con la premier Giorgia Meloni e le dichiarazioni alla stampa (niente domande). Poi il grande vuoto, almeno nell’agenda ufficiale, fino alla ripartenza di sabato a mezzanotte.

L’assist di Repubblica

In un’intervista a Repubblica, Netanyahu ha fatto appello affinché l’Italia accetti di spostare la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, cioè che la riconosca come capitale. La posizione dominante nella comunità internazionale è che passi di questo tipo vadano intrapresi soltanto nell’ambito di un processo negoziale con i palestinesi, che a loro volta rivendicano Gerusalemme come capitale, e nel rispetto delle risoluzioni Onu.

Lo slancio diplomatico dei mesi successivi al riconoscimento unilaterale di Gerusalemme come capitale da parte degli Stati Uniti nel 2017 – cortesia dell’ex presidente Donald Trump, che poi sdoganò le alture del Golan come territorio israeliano e ridimensionò il rifiuto Usa della sovranità israeliana nei territori occupati – è sfumato, ma la questione rimane un cavallo di battaglia di Netanyahu. Il direttore-autore dell’intervista, Maurizio Molinari, ha legami personali e ideologici con il Likud, e a suo tempo non fece mistero del suo apprezzamento per quella iniziativa di Trump.

Distanza Salvini-Meloni

Vale la pena ricordare che, mentre il leader della Lega Matteo Salvini da anni sostiene la scelta di spostare l’ambasciata italiana da Tel Aviv a Gerusalemme (lo ha ribadito con un tweet), Giorgia Meloni rimane prudente sulla questione. Israel Haiom, il giornale lanciato nel 2007 dal tycoon americano Sheldon Adelson per sostenere la carriera politica di Benjamin Netanyahu (in patria è noto come “Bibiton”, da “Bibi” e iton, giornale), ha posto la questione in maniera esplicita a Meloni alla vigilia delle elezioni che la hanno incoronata premier.

Alla domanda se un governo da lei presieduto avrebbe riconosciuto Gerusalemme come capitale, Meloni ha risposto: «È una questione molto delicata, su cui penso che il prossimo governo italiano, come i suoi predecessori, dovrà agire in coordinamento con i nostri partner dell’Unione europea». Probabilmente, in occasione del loro incontro di oggi, Netanyahu non perderà occasione di provare a forzare la mano. Tanto più dopo l’assist del giornale di tradizione progressista italiano.

La protesta è anche italiana

Nel frattempo è arrivato un altro piccolo segnale dei possibili contraccolpi economici dovuti allo scontro sulla riforma della giustizia in Israele. La Dan David Foundation, il cui animatore è il giornalista e filantropo italo-israeliano Ariel David, figlio ed erede del miliardario imprenditore Dan David, ha minacciato di interrompere i suoi investimenti milionari nella ricerca e in altri settori in Israele, nel caso la riforma venisse approvata.

Il comunicato cita «i tentativi del governo di far passare riforme giudiziarie e costituzionali che altererebbero fondamentalmente il carattere dello stato, nonché la retorica sempre più incendiaria e razzista di alcuni ministri e politici del governo».

L’organizzazione filantropica è stata lanciata nel 2000 con una dotazione iniziale di 100 milioni di dollari, poi accresciuta tramite investimenti secondo il fondatore. Da allora dona 3 milioni di euro l’anno a soggetti meritevoli selezionati a livello globale in tre campi, scelti di anno in anno ma sempre relativi a tre categorie: «passato, presente, futuro» (nelle ultime due edizioni solo «passato», è divenuto cioè un premio per ricercatori nelle discipline storiche).

Il timore di una fuga di capitali da Israele, provocata da una possibile crisi di governance, ha determinato nel nuovo anno un calo del valore dello shekel, la valuta locale, aumentando la pressione su Netanyahu.

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