Fox News ha pagato la cifra apparentemente mostruosa di 787,5 milioni di dollari per evitare il processo contro Dominion, un’azienda che produce strumenti per il conteggio e l’elaborazione delle schede elettorali.

Dominion era stata diffamata dalla macchina televisiva della destra americana, che dopo le elezioni del 2020 ha amplificato le falsità e le teorie complottiste di Donald Trump sulle elezioni truccate.

Aveva chiesto 1,6 miliardi di dollari, ne ha ottenuti circa la metà accettando il patteggiamento, dopo che il giudice ha stabilito che le falsità sulle elezioni erano state con ogni evidenza pronunciate, si trattava solo di stabilire il grado di malafede. 

787,5 milioni di dollari – più o meno il 5 per cento del valore totale stimato del network – possono sembrare un prezzo alto per una bugia, così alto da indurre Fox a non mettersi mai più sulla strada della menzogna a trazione trumpiana.

La sanzione punisce il misfatto e genera un effetto deterrente? Memore della dolorosa maxi multa, la Fox di domani sarà diversa da quella di ieri? Si rifiuterà finalmente di rilanciare i nuovi deliri di Trump? Non esageriamo con l’ottimismo.

Intanto, è bene considerare che cosa Fox è riuscita a non pagare con questo patteggiamento. La rete ha evitato di dover ammettere in diretta, davanti alle decine di milioni di spettatori che si abbeverano alla fonte della propaganda repubblicana, di avere mentito in modo consapevole, ripetuto, sistematico non su una questione politica qualunque, ma sulla madre di tutte le menzogne di Trump, quella da cui discende direttamente anche l’assalto di Capitol Hill. 

Ha evitato anche di dovere sostenere un processo complicato e ipermediatizzato che avrebbe visto sfilare tutti i volti della destra televisiva per farsi torchiare dagli avvocati dell’accusa, uno spettacolo da cui difficilmente sarebbero usciti bene.

Fox se l’è cavata concedendo, in una breve dichiarazione scritta contenuta nei termini di un accordo che forse non sarà mai reso pubblico per intero, che «alcune dichiarazioni su Dominion erano false». La rete, insomma, ha ammesso la colpa, ma nel modo più blando, freddo e asettico possibile, evitando punizioni reputazionali più alte e seguendo senza scomporsi la bislacca linea di ignorare la notizia del patteggiamento, che domina i media di tutto il mondo.

L’altro fattore da considerare è che la linea della resipiscenza non quadra con la filosofia di Rupert Murdoch, uno che dopo avere comprato il suo primo giornale americano, nel 1973, ha subito messo in chiaro che l’impresa non aveva alcuna ambizione intellettuale: «Siamo qui per dare al pubblico ciò che vuole».

Il precetto non è mai cambiato nei decenni, e anzi si è consolidato negli anni Novanta con la fondazione di Fox News, la creatura di Roger Ailes. E che cosa vuole il pubblico oggi? Trump, Trump e ancora Trump, come dimostrano gli ascolti spettacolari generati dalla sua incriminazione, che l’ex presidente sperava di spettacolarizzare ancora di più facendosi ammanettare a favore di telecamera. Chi avrebbe raccolto i frutti più prelibati di questo martirio televisivo? Fox, naturalmente.

Non saranno dunque 787 milioni a far cambiare l’impostazione del magnate 92enne che ancora domina il complicato impero famigliare. Ciò che lo potrebbe impensierire è semmai che il caso Dominion segna un precedente sulle cause di diffamazione. 

Smartmatic, un’altra azienda che si occupa di tecnologie per le operazioni di voto, ha denunciato Fox chiedendo 2,7 miliardi di dollari per danni. La rete ha negato le accuse, dicendo che si era limitata a dare contro delle posizione di Trump, ma se il caso Dominion farà scuola anche quello potrebbe finire con un patteggiamento, forse perfino miliardario.

La domanda, dunque, non è se Fox cambierà linea su Trump alle prossime elezioni, ma quanti patteggiamenti sarà in grado di sostenere prima di essere costretta, suo malgrado, a cedere.

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