La Corte suprema della Nuova Zelanda ha annullato la condanna nei confronti di Peter Ellis, un ex operatore di un asilo di Christchurch, che ha trascorso sette anni in carcere dopo la sentenza di un tribunale che nel 1993 lo aveva ritenuto colpevole di aver abusato sessualmente di sette bambini conducendo anche riti satanici.

Per la prima volta nella storia del paese la Corte suprema ha annullato una condanna postuma, perché il caso è stato ritenuto di interesse nazionale dai giudici. Ellis ha intentato il ricorso poco prima di morire, nel 2019. Ma a un anno dal suo decesso i giudici hanno ritenuto il ricorso ammissibile facendo riferimento al tikanga, ovvero al diritto consuetudinario dei Māori che tutela l’onore della persona sia in vita sia una volta che questa sia deceduta.

Dal 1993

Il processo è stato lungo e complesso (in questo documento tutte le tappe salienti). Nel 1993 Ellis era stato condannato a dieci anni per 16 capi d’accusa riguardanti atti osceni e abusi sessuali. All’epoca dei fatti il giudice del processo aveva detto: «La giuria ha realmente visto e ha sentito ciascuno dei bambini. Hanno anche ascoltato la vostra testimonianza e degli altri ex operatori del Christchurch Civic Crèche. Non vi hanno creduto. Hanno creduto ai bambini e io sono d’accordo con questa valutazione». Parole che non lasciano spazio ai dubbi, ma quasi trent’anni dopo per la Corte suprema c’è stato un «sostanziale errore giudiziario» causato da prove di esperti inammissibili o imparziali e da prove “contaminate” da parte dei bambini.

Per i giudici le domande suggestive poste dai genitori e dagli operatori sociali ai minori – che allora erano considerati vittime di violenza sessuale – hanno influenzato i loro interrogatori. Negli anni uno dei bambini ha poi ritrattato le accuse, altri invece continuano a sostenere di essere stati abusati da Ellis. Dopo la sentenza i famigliari di quelle che erano considerate vittime si sono detti «rattristati» per il parere della Corte suprema, la quale ha sottolineato anche che i giudici di allora «erano consapevoli dell’altissimo livello di stress e di controllo pubblico già subìto dai denuncianti e dai loro familiari per un periodo così lungo». Ellis si è sempre dichiarato innocente e aveva fatto ricorso in appello senza successo. I suoi avvocati hanno più volte ritenuto inammissibili le prove degli interrogatori e hanno anche accusato la polizia di non aver svolto correttamente le indagini.

Il panico satanico

La storia di Ellis ricorda altri processi simili che si sono tenuti negli Stati Uniti (vedi il caso McMartin) in quegli anni e anche in Italia, come quello raccontato dall’inchiesta Veleno di Pablo Trincia sui diavoli della Bassa modenese.

I processi indagavano casi di abusi sessuali condotti con rituali satanici e hanno dato vita a quello che oggi viene chiamato “panico satanico”, ovvero quel fenomeno di isteria collettiva, originatosi negli Stati Uniti tra gli anni 80 e 90 avente per oggetto segnalazioni – in molti casi false – di violenze sessuale condotte da una rete o individui di satanisti. Un «panico morale» che ha coinvolto genitori, avvocati, operatori sociali e giudici, e spesso connesso alla divulgazione delle teorie del complotto.

Nel processo di Ellis, in altri che si sono tenuti negli Stati Uniti e in quello dei diavoli della Bassa modenese ci sono degli elementi comuni di accusa che sono stati poi smentiti dai giudici.

Veleno

I bambini erano stati poi allontanati dalle loro famiglie dopo gli interrogatori iniziali in cui accusavano i genitori di averli violentati. Negli interrogatori si parlava anche di omicidi, ma il processo ha provato che non ci sono stati né riti satanici né sono stati commessi assassini, mentre sono state avanzate ipotesi che le tecniche di interrogatorio utilizzate avessero portato i bambini ad avere dei falsi ricordi che hanno manipolato le loro dichiarazioni.

Negli anni molte delle accuse sono state poi ritrattate, mettendo in discussione il metodo Cismai utilizzato allora per gli interrogatori. Il Cismai è un’associazione privata che opera nel campo degli abusi su minori e a cui sono iscritti assistenti sociali, psicologi e psichiatri. Molti dei quali sono stati utilizzati in diversi processi che hanno indagato su violenze sessuali a danno di minori.

Secondo gli esperti però, il metodo Cismai non è in regola con le linee guida poste dalla Carta di Noto che indicano i comportamenti da tenere nel momento in cui si ha a che fare con bambini presunte vittime di abusi. Tra le regole da rispettare ci sono la videoregistrazione dei colloqui, il divieto di usare domande suggestive e soltanto l’utilizzo di metodologie scientificamente affidabili. A oggi il processo ai diavoli della Bassa modenese ha portato a delle condanne, ma il caso non è stato più riaperto.

Nel 2021 la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato la richiesta di revisione del processo perché «la pretesa inosservanza dei più aggiornati criteri dettati dalla cosiddetta “Carta di Noto” nella conduzione dell’esame dei minori non determina nullità o inutilizzabilità della prova; se risultano violate le “linee guida” sull’ascolto del minore ciò non significa necessariamente che il narrato del minore sia falso. Semmai, le metodiche a suo tempo prescelte ( il metodo Cismai, ndr) ressero nello scrutinio di validità effettuato dai giudici che le ritennero funzionali allo scopo e non impregnate di errori “scientifici” tali da produrre la falsificazione di dati obiettivi».

Nel giugno del 2021 il “bambino zero” che ha dato vita a tutto il processo con le sue dichiarazioni ha rilasciato un’intervista a Repubblica chiarendo l’accaduto. «Mi tenevano anche 8 ore. La psicologa e gli assistenti sociali mi martellavano fino a quando non dicevo quello che volevano sentirsi dire. Io avevo anche paura che, se non li avessi accontentati, sarei stato abbandonato dalla mia nuova famiglia, e così inventai. Inventai tutto. Abusi e cimiteri, violenze e riti satanici. Ora ho trovato finalmente il coraggio di dire la verità», ha detto.

Bibbiano

Una storia simile è l’inchiesta “Angeli e Demoni” e riguarda il processo di affidamento di minori nel comune emiliano di Bibbiano. Nel rito abbreviato lo psicoterapeuta Claudio Foti è stato a condannato a quattro anni per lesioni gravissime e abuso d’ufficio, mentre è stata assolta l’assistente sociale Beatrice Benati. Per altri 17 imputati ci sarà invece il processo ordinario che deve essere ancora celebrato.

Secondo la procura di Reggio Emilia gli indagati sono accusati di aver redatto o agevolato relazioni false per allontanare bambini dalle loro famiglie e darle in affido, in alcuni casi, ad amici e persone conoscenti. Lo psicoterapeuta avrebbe utilizzato «una tecnica invasiva e suggestiva» che avrebbe indotto alcuni minori ad accusare ingiustamente i propri genitori di molestie sessuali.

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