Prosegue l’offensiva economica degli Emirati Arabi Uniti in Africa. L’ultima preda è molto ambita: si tratta del porto di Luanda, la capitale dell’Angola.

Dopo aver messo le mani su decine di porti e installazioni marittime lungo la costa dell’Africa orientale, gli Emirati si spostano sul versante occidentale, fino ad ora dominio riservato dei giganti della logistica portuale francese (Bolloré, Bouygues, Necotrans e così via).

Dopo il porto mirano anche alla concessione delle ferrovie angolane. Grande produttore di petrolio del continente, l’Angola è divenuto un volano economico di prima grandezza permettendo alla propria élite di accumulare fortune enormi tanto da trasformarsi in investitrice diretta in Portogallo, Europa e oltreoceano.

Durante la crisi finanziaria del 2008 a salvare molte società portoghesi dal fallimento sono stati i dirigenti della ex colonia. Per dare la dimensione di quanto si siano arricchiti i capi del Mpla (Movimento popolare per la liberazione dell’Angola) che presero il potere a metà degli anni Settanta, basta seguire le innumerevoli puntate dello scandalo finanziario internazionale che da circa un anno sta coinvolgendo Isabel Dos Santos, la businesswoman figlia dell’ex presidente José Eduardo Dos Santos, padre padrone del paese dal 1979 al 2017. In piccolo l’Angola ha vissuto la stessa deriva dei grandi paesi ex comunisti, dove alcuni alti gradi del defunto partito comunista e dell’esercito si sono trasformati in oligarchi.

Sfida a Pechino

Mettendo i piedi in Angola, gli Emirati divengono così un rivale diretto della Cina nel settore della mobilità logistico-commerciale africana. Per gli emiratini ci sarà molto da lavorare dal momento che il porto di Luanda non viene ammodernato da decenni e le sue infrastrutture si trovano in pessimo stato, facendo accumulare ritardi importanti anche al trasporto del petrolio stesso.

La corruzione e gli investimenti di prestigio fatti in questi ultimi anni hanno svuotato le casse pubbliche e ora, complice la pandemia, Luanda è in piena crisi da debito con l’estero.

Ripetendo all’infinito il modello estrattivistico-concessionario, il governo angolano cerca di correre ai ripari concedendo nuovi appalti e cercando di coinvolgere il settore privato.

È così che Dubai Ports World (DPWorld) ha rilevato in marzo il Multipurpose Terminal (Mpt) del porto di Luanda. Per quanto riguarda la strada ferrata si parla del corridoio ferroviario di Lobito che collega la costa atlantica alla Repubblica democratica del Congo e allo Zambia.

Il progetto rivoluzionario

Si tratta di un’assoluta innovazione a cui anche i cinesi mirano: partecipare alla creazione di una dorsale che tagli l’Africa per la sua larghezza, connettendo i due oceani. In questo senso il corridoio di Lobito rappresenta quasi due terzi del tragitto: mancherebbe solo da attraversare il piccolo Malawi e l’area nord Mozambico-sud Tanzania. Ma queste due regioni sono attualmente (in particolare la provincia mozambicana di Cabo Delgado) infestate dai jihadisti. Dal canto loro i cinesi pensavano di partire dal porto tanzano di Mombasa. I due programmi coincidono e si collegano, solo che gli emiratini possono iniziare subito.

Se e quando sarà completato, il corridoio cambierà tutto: dall’Asia trasportare prodotti o merci verso i mercati americani diverrà molto veloce. Se la riabilitazione del tratto angolano sarà rapida, i tempi di viaggio per lo Zambia si ridurranno a pochi giorni. Avere la scelta di spostare prodotti e merci dal mercato asiatico a quelli occidentali attraverso l’Africa rappresenta una svolta commerciale che ben si attaglia con la realizzazione del grande mercato unico africano appena iniziata. L’Angola se ne avvantaggerebbe, divenendo un attore importante, con ragguardevoli vantaggi per il commercio estero e le sue esportazioni. Potrebbe anche divenire l’occasione per liberarsi dalla

dipendenza dal solo petrolio e diventare un hub logistico multiservizi, protagonista della mobilità economica tra le due sponde oceaniche dell’Africa.

A dimostrazione del valore strategico dell’opera, ancor prima che esista già molte società internazionali si stanno offrendo di gestire il corridoio.

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