«Ci muoviamo nella direzione dell’Iran: stiamo diventando un paese controllato dai settori ultra ortodossi della popolazione, intollerante verso chiunque non appartenga non solo all’ebraismo, ma all’ebraismo secondo la sua declinazione più fondamentalista».

L’ultrasettantenne Ehud Olmert è un ex primo ministro israeliano: una specie ormai quasi estinta, visto che l’attuale premier Benjamin Netanyahu ha governato per circa tre quinti dell’ultimo quarto di secolo (in totale, per oltre 15 anni).

Olmert commenta al telefono da Tel Aviv gli ultimi sviluppi nei palazzi e nelle piazze israeliane: la riforma per indebolire la Corte suprema che avanza, i manifestanti sempre più determinati a fermarla, la polizia sempre più aggressiva.

Al timone fra il 2006 e il 2009, Olmert è stato apprezzato per la sua visione moderata e per le doti amministrative. Ma è anche ricordato per una condanna definitiva per corruzione e per due operazioni militari violentissime: nel 2006 in Libano, nel 2008-2009 sulla striscia di Gaza.

La Knesset ha annullato la “clausola di ragionevolezza”, una misura chiave del controverso pacchetto di riforme volto a indebolire la Corte suprema. Le manifestazioni di protesta sono sempre più decise.
Lunedì c’è stato un primo passo di quello che loro chiamano riforma del sistema giudiziario, e che tutti i manifestanti, compreso il sottoscritto, chiamano piuttosto un “pogrom giudiziario”. Quando il governo si è insediato, ha detto di voler essere nelle condizioni di fare qualsiasi cosa abbia in mente: per loro la democrazia è la maggioranza che fa quello che vuole, senza attenzione alle ramificazioni per diritti umani, uguaglianza, tolleranza. Ora la Corte suprema potrebbe decidere di esprimersi contrariamente al voto di lunedì – ci sono petizioni perché si muova in questo senso – il che esacerberebbe ulteriormente il conflitto fra i rami delle istituzioni. In caso contrario, avvalendosi delle nuove regole, il governo potrebbe licenziare la procuratrice generale (che ieri ha chiesto alla Corte suprema di reprimere una legge per cui Netanyahu non potrebbe venire rimosso dall’incarico in caso di condanne definitive, ndr) e rimpiazzare i consulenti legali di tutti i ministeri con uomini del Likud. Una prospettiva spaventosa.

L’escalation è sia nelle strade sia nei palazzi…
Quanto accade è brutto da vedere, brutto da sentire, brutto da annusare. Il che di solito vuol dire che è brutto e basta. Dal suo primo giorno Israele ha avuto aspre controversie politiche. Ma c’era una fiducia implicita che tutti credevamo in fondo nella democrazia, nelle libertà e nell’uguaglianza fra i diversi gruppi della popolazione. Ora invece ci muoviamo nella direzione dell’Iran: un paese controllato dai settori ultra-ortodossi della popolazione, intollerante verso chiunque non appartenga non solo all’ebraismo, ma all’ebraismo secondo la sua declinazione più fondamentalista.

Un sostenitore della riforma ha investito volontariamente dei manifestanti che cercavano di bloccare una strada per protesta. Fin dove può arrivare la violenza?
Le cose che abbiamo visto non mi sono piaciute per nulla. Anche la polizia ha perso la pazienza [con i manifestanti], sono stati molto aggressivi, il che preoccupa. Può rendere tutto più violento e pericoloso. Fin’ora si erano comportati con più equilibrio: pur non sostenendo le proteste, gli agenti sembravano riconoscere le manifestazioni come un diritto legittimo in democrazia.

Netanyahu sembra muoversi in direzioni contrarie ai suoi princìpi e alla sua ideologia. Ha sempre disprezzato quelli che ora sono suoi partner di governo. Ha difeso in passato l’autonomia del sistema giudiziario. Cosa gli accade?
Netanyahu non ha ideologia o convinzioni. Ha un solo principio, e sai come si chiama? Si chiama Bibi (il suo soprannome, ndr). Nella misura in cui il suo interesse coincide con quello di Israele, allora è tutto ok. Altrimenti Israele può andare a quel paese. Una volta sua moglie Sarah l’ha persino detto: «Lascia che lo stato bruci e ce ne andremo in America, [Netanyahu] potrà diventare presidente anche là».

Forse sono passi che intraprende sentendo il peso dei procedimenti giudiziari a suo carico?
Quando ero premier mi sono trovato in una situazione simile. Lo stesso Bibi parlò del rischio che prendessi decisioni sulla base del mio interesse e non dell’interesse nazionale (invitandolo a dimettersi, ndr). Infine, a differenza sua, decisi di farmi da parte, anche se ero innocente.

Netanyahu non rischia di rovinare la sua eredità politica?
Quale eredità politica? Netanyahu ha perso qualsiasi opportunità di fare dei progressi con i palestinesi. Quella rimane la questione strategica più importante per lo stato di Israele. Non ha raggiunto la pace e ha danneggiato il sistema di welfare. Israele è lo stato Oecd con la disuguaglianza peggiore. L’economia è forte grazie al settore high-tech, che non è cresciuto grazie a lui ma che ora sta rovinando con il caos provocato dalla riforma. Le agenzie di rating stanno rivedendo i nostri outlook, lo shekel sta perdendo stabilità e potere. La sua eredità sarà quella di aver polarizzato la popolazione israeliana.

Teme di più l’effetto di questa situazione sull’esercito o sull’economia?
Quando oltre mille comandanti delle forze aeree annunciano che interromperanno il servizio volontario si tratta di una minaccia importante alla stabilità e alla forza dell’esercito israeliano. I piloti da combattimento erano venerati e ammirati per i loro conseguimenti incredibili che hanno reso migliore la vita di ogni israeliano. Ora ci sono ministri che li attaccano dicendo addirittura che dovrebbero essere arrestati, che traditori e spie dovrebbero essere liquidati. Cose del genere vengono dette senza che arrivi una condanna del primo ministro, questa è la cosa più grave.  

La destra non ha in parte ragione che la ragionevolezza è un principio un po’ vago sulla base del quale l’Alta corte possa muoversi e imporre decisioni?
Guarda, la situazione non sarebbe così allarmante se al timone non ci fossero degli estremisti. Fosse stato Begin (ex leader della destra e padre fondatore del Likud, ndr), allora saremmo potuti stare tranquilli che non avrebbe violato valori di decenza, uguaglianza, tolleranza. Ma ora che al potere c’è Ben Gvir, il ministro della pubblica sicurezza che è stato più volte condannato per terrorismo, immagina cosa potrebbe pensare di fare con un’autorità illimitata. Questi estremisti finiranno per far collassare il governo: troppe contraddizioni interne, e pressioni dall’esterno.

Pensa che un giorno tornerà in politica?
A dire il vero (ride, ndr) sono molto soddisfatto dell’influenza che riesco comunque ad avere da fuori.

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