Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato all’Onu. La guerra in Ucraina ha mostrato i punti di forza ma, soprattutto, i limiti di un’organizzazione che, a ottant’anni dalla sua fondazione, si sta interrogando su quale sia il proprio posto nel mondo. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Giovanni Castellaneta, Luigi Crema, Fiammetta Borgia, Pasquale Annicchino e tanti altri – e le mappe a cura di Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi (faseduestudio/Appears) – analizzano il consesso globale e i suoi nobili ideali nell’epoca della forza. Da venerdì 9 settembre in edicola e in digitale.

Cosa c’è nel nuovo numero

Secondo il diplomatico Giovanni Castellaneta è ora di prendere atto dell’impotenza dell’Onu: la guerra in Ucraina ha certificato la necessità di rivedere il sistema internazionale onusiano e impone l’avvio di un processo di riforma. Il nuovo assetto dovrebbe ispirarsi all’unico progetto sovranazionale che, nonostante i limiti, ha finora funzionato: l’Unione europea.

Il giurista Luigi Crema evidenzia invece una delle attività per cui l’organizzazione delle Nazioni unite è, ancora oggi, insostituibile: la raccolta di dati e l’accertamento dei fatti nella neutralità dei rispettivi fronti permette all’Onu di ergersi in ogni contesto al di sopra della propaganda. In questa funzione è ancora il meno viziato degli attori, come mostrano le recenti indagini svolte nella centrale atomica di Zaporizhzhia.

Luca Sebastiani offre poi un quadro generale del ruolo dell’Onu nei teatri di crisi degli ultimi trent’anni. Il continente dove gli sforzi delle Nazioni unite si sono maggiormente concentrati è l’Africa, con molte ombre. Ma anche Sebastiani conferma come la marginalità e la perdita d’influenza dell’organizzazione sia oggi confermata dalla guerra in corso in Ucraina, scenario in cui l’Onu è sostanzialmente assente.

(Kyodo via AP Images)

Il giurista Marco Pedrazzi si sofferma sul Consiglio di sicurezza, spiegando come l’organo cui è conferita la responsabilità principale del mantenimento della pace e della garanzia degli equilibri globali sia stato efficace solo per un breve periodo dopo il 1989, e sia poi tornato all’irrilevanza dal 2011 in poi nel contesto della crisi siriana. Ma come rispondere a questa crisi? Può una nuova architettura istituzionale, da sola, rimediare alle fratture di un mondo attraversato da divisioni profonde?

La giurista Fiammetta Borgia propone a seguire una riflessione sulla Corte internazionale di giustizia, il principale organo giurisdizionale delle Nazioni unite. La paralisi del Consiglio di sicurezza dell’Onu ha portato la Corte ad ampliare sempre più i poteri che le sono esplicitamente attribuiti. Ma il rischio è che i giudici internazionali invadano il campo dei decisori e oltrepassino i limiti della propria autorità.

Il giurista Pasquale Annicchino parte da una polemica teologica degli inizi del Novecento – quando la Società delle nazioni era vista come strumento di dominazione dell’umanesimo ateo – per spiegare come, nonostante i tentativi di inclusione e di confronto effettivamente globale, numerosi paesi abbiano continuato a vedere nelle Nazioni unite e nel sistema internazionale dei diritti umani un cavallo di troia dell’egemonia occidentale o di una determinata visione dell’uomo. Lo scontro, come testimoniano le fonti storiche, è stato profondo sin dall’inizio.

Il geopolitico Manlio Graziano ci conduce in Russia, spiegando che uno dei paradossi che ha storicamente portato Mosca a essere considerata una minaccia globale deriva dal fatto che non solo il Cremlino, ma anche i suoi “rivali” occidentali hanno sempre sostenuto l’idea – falsa – per cui il paese fosse una grande potenza. Grazie a questa disponibilità degli altri paesi, la Russia ha portato al più alto grado di perfezione l’arte del bluff, ma non bisogna farsi trarre in inganno: la debolezza strutturale russa è destinata a essere il fattore decisivo anche nel conflitto in Ucraina.

L’analista Antonio Fiori sposta poi l’attenzione sulla Cina e sulla sua crescente influenza nel Pacifico del sud, che passa anche attraverso le isole Salomone: lo stato insulare ha infatti deciso di interrompere nel 2019 le relazioni diplomatiche con Taiwan e avvicinarsi a Pechino. Un recente accordo sulla sicurezza siglato tra le due nazioni potrebbe aumentare la presenza militare cinese nella regione e, di conseguenza, le tensioni con gli Stati Uniti, aprendo a nuovi scenari di conflitto internazionale. 

La storica Marzia Maccaferri fa poi luce su uno degli eventi politici più rilevanti di questa settimana, la nomina di Liz Truss a nuova premier del Regno Unito. L’ex ministra degli Esteri incaricata di formare il nuovo governo sembra voler tendere ancora più a destra e sempre più lontano dall’Europa, ma diversi sondaggi mostrano invece un paese a sinistra. Da questa elezione emergono una serie di contraddizioni e paradossi con cui Londra dovrà presto fare i conti.

Infine, l’analista Angela Mehrer ci aggiorna sulla prospettiva da Berlino, con un articolo già apparso sul sito dello European council on foreign relations (Ecfr). Secondo Mehrer la Germania è ancora in attesa della “svolta” di Olaf Scholz, poiché, a sei mesi dal discorso Zeitenwende pronunciato dal cancelliere, considerato un passaggio cruciale importante nella politica estera e di sicurezza tedesca, non è chiaro se il paese voglia davvero dare seguito alle sfide enunciate. Se i punti del suo discorso entreranno nella strategia del governo, Scholz potrebbe davvero inaugurare una nuova èra nella politica di sicurezza tedesca, rendendosi uno dei partner più affidabili per l’Europa e per la Nato. 

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