Mercoledì 6 aprile nel centro di Sofia si è tenuta una manifestazione con migliaia di persone, indetta dal partito nazionalista di estrema destra Vazrazhdane (Risveglio o Risorgimento). Non si trattava di teste rasate o dei tipici giovani radicali, bensì di famiglie, persone di ogni età all’apparenza insospettabili. Tra le innumerevoli bandiere bulgare ne emergevano alcune russe, oltre a cartelli con l’infame lettera Z nei colori arancio-nero del nastro di San Giorgio.

Scelta simbolica

Non è un caso che i manifestanti si siano dati appuntamento nella piazza intitolata allo “Zar liberatore”, cioè il sovrano russo Alessandro II, considerato colui che ha permesso il rinascimento nazionale e l’indipendenza del paese nell’Ottocento. Il corteo si è spinto poi verso la vicina cattedrale ortodossa dedicata ad Aleksander Nevskij, il principe medievale di Novgorod e Kiev, considerato eroe nazionale e progenitore dei russi. A due passi da lì si trova la chiesa di San Nicola, dove si riunisce la comunità russa in Bulgaria che conta migliaia di persone.

La scelta di questi luoghi è fortemente simbolica e non casuale. Il comizio tenuto dal leader di partito, Kostadin Kostadinov, è stato in linea con la retorica che lo contraddistingue.

È promotore di un nazionalismo estremo e dell’irredentismo delle terre bulgare nei paesi confinanti, ha promosso l’odio e la violenza contro le minoranze etniche, soprattutto rom e turchi, nonché contro la comunità Lgbt. Il partito – che è all’opposizione e alle elezioni del novembre 2021 ha ottenuto quasi il 5 per cento dei consensi – è noto per le sue posizioni filorusse, la sua retorica anti-americana e anti-occidentale, e i legami dei suoi dirigenti con il Cremlino.

Durante la pandemia, Kostadinov ha contribuito a diffondere le teorie complottiste di Mosca sul Covid creato in laboratori americani, e ha lucrato politicamente sulla posizione no-vax molto in voga in Bulgaria.

Nella manifestazione dell’estrema destra erano esposti cartelli che riprendevano la propaganda russa e la narrazione del Cremlino sull’invasione dell’Ucraina. I principali punti di questa comunicazione erano l’ipocrisia occidentale con le guerre della Nato, la negazione dei crimini di guerra e la fratellanza slava.

Casi di spionaggio

Proprio grazie ai legami storici e culturali, la comunanza ortodossa, il passato sovietico, la Bulgaria ha mantenuto fino a oggi un rapporto speciale con la Russia. Secondo una ricerca del 2020 del Pew research centre, la Bulgaria è il paese dell’Unione europea con la visione più favorevole della Russia (73 per cento) e quella più bassa a favore della Nato (42 per cento).

Nel 2013 ho partecipato alla missione di osservatori internazionali delle elezioni in Bulgaria, vinte dal conservatore Borisov. A un seggio mi è stato presentato il generale Brigo Asparuhov, già funzionario del Comitato per la sicurezza dello stato, i chiacchierati servizi segreti comunisti, e poi direttore dell’intelligence nella Bulgaria democratica dal 1991 al 1997.

Nel 2003 il governo di Sofia voleva nominarlo consigliere per la sicurezza nazionale, ma la Nato ha fatto pressioni per evitare che una ex spia sovietica avesse accesso ai segreti dell’Alleanza atlantica. La Bulgaria è poi diventata membro della Nato l’anno successivo e Asparuhov fu messo da parte.

Ma negli ultimi anni i casi di spionaggio russo sono stati numerosi e preoccupanti. Il più recente risale a marzo 2022, quando il generale Valentin Tsankov è stato arrestato con l’accusa di passare informazioni a due diplomatici russi che sono stati espulsi.

Nel 2021 sei ufficiali sono stati arrestati con simili accuse, uno di loro era sposato con una donna russo-bulgara che passava documenti riservati all’ambasciata a Sofia. In seguito a questa crisi la Bulgaria ha espulso dieci rappresentanti di Mosca. Anche nel 2020 quattro diplomatici russi sono stati dichiarati personae non gratae per attività di spionaggio militare, mentre nel 2019 erano emersi altri due casi.

Il regime di Putin ha identificato la Bulgaria come potenziale ventre molle dell’Unione europea e della Nato sul versante orientale, rispetto agli ostili paesi baltici o alla Polonia. A fine marzo il premier bulgaro Petkov, europeista e paladino anticorruzione, ha accusato l’intelligence russa di essere responsabile delle divisioni politiche con la Macedonia del Nord, altro paese balcanico dove i servizi del Cremlino tentano di aumentare la loro influenza.

Nel 2021 la procura generale ha annunciato un’indagine sulla possibile connessione tra una serie di esplosioni che si sono verificate in depositi di munizioni bulgari e l’intelligence militare russa (Gru). Come verificato anche dai giornalisti investigativi di Bellingcat, agenti del Gru si trovavano nel paese quando sono avvenute almeno due delle esplosioni nei magazzini dell’azienda Emco, di proprietà dell’imprenditore Emilian Gebrev. Quelle armi erano destinate alle forze armate ucraine e sembra si sia trattato di operazioni di sabotaggio.

Come ha riportato il New York Times, nel 2015 Gebrev fu avvelenato e cadde in coma a causa di un agente nervino spalmato sulle maniglie della sua auto. Il Gru è anche dietro l’avvelenamento di Sergei Skripal e al fallito colpo di stato in Montenegro del 2016. I responsabili delle operazioni in Bulgaria sarebbero agenti dell’Unità 29155.

Tutti questi casi dimostrano l’attivismo delle spie russe a Sofia e la loro penetrazione nel paese, a livello politico tramite partiti filorussi e a livello militare con operazioni coperte. Nel 2021 l’allora premier Borisov arrivò a chiedere pubblicamente ai russi di «smetterla di spiare» il suo paese, ma nel 2016 ha escluso la partecipazione della Bulgaria alla flotta Nato nel mar Nero, affermando che fosse preferibile favorire il turismo con gli yacht (anche russi) piuttosto che un’escalation militare. Nel marzo 2022 Borisov è stato arrestato e poi rilasciato nell’ambito di un’indagine della procura europea su frodi finanziarie. Resta attualmente indagato.

L’atteggiamento verso l’Ucraina resta ambiguo, nonostante il paese stia per accogliere quasi 100mila profughi di guerra. Benché la maggioranza dei bulgari si siano espressi a favore di una via europeista nelle elezioni dello scorso novembre, restano preoccupanti i segnali di manifestazioni filorusse come quella di Vazrazhdane, capace di portare in piazza migliaia di persone a favore di Mosca, scenario difficilmente immaginabile nelle capitali dell’Europa occidentale, dove i sostenitori di Putin si limitano alla tastiera o a sparuti gruppi di no-vax.

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