È una visita politica dal valore molto importante quella che compiono oggi in Egitto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la premier Giorgia Meloni, e i primi ministri di Belgio e Grecia, Alexander De Croo e Kyriakos Mītsotakīs.

Nella fitta agenda del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, da una parte piena di incontri e chiamate visto il ruolo chiave del Cairo nelle trattative tra Hamas e Israele, ma dall’altra piena di esigenze interne a cui rispondere vista la fragile situazione economica del paese, era impossibile non trovare un buco per accogliere i leader europei. Anche perché l’accordo di partenariato strategico che sarà portato a termine nelle prossime settimane mette sul piatto un investimento economico non indifferente.

In totale sono previsti 7,4 miliardi di euro, come anticipato dal Financial Times, di cui 2,4 miliardi elargiti sotto forma di prestiti o sovvenzioni per il triennio 2024-2027.

Nel frattempo la dichiarazione congiunta che sarà firmata oggi prevede già un primo versamento per rimpinguare le casse statali egiziane, in forte sofferenza dallo scoppio della pandemia.

La natura dell’accordo

Il modus operandi utilizzato dai leader europei replica quello delle visite e dell’accordo firmato in Tunisia con il presidente Kais Saied, lo scorso luglio, alla presenza di von der Leyen, Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte. Ma la prima tranche da 150 milioni, è stata inviata a Tunisi solo a inizio marzo, dopo le resistenze del presidente Saied nel proseguire le trattative con il Fondo monetario internazionale per un ulteriore prestito a cui invece Bruxelles vincolava il finanziamento.

Al Cairo, invece, i soldi del Fondo monetario internazionale arriveranno. Lo scorso 6 marzo le parti hanno deciso di aumentare da 3 a 8 miliardi il prestito concesso a fine 2022. Nell’ultima conferenza stampa in vista del viaggio della presidente della Commissione Ue, il portavoce Eric Mamer non ha voluto confermare la cifra messa sul piatto per l’Egitto.

Si tratta di fondi ingenti ma necessari, secondo Bruxelles, per stabilizzare il paese stretto tra il conflitto a Gaza, la guerra civile in Sudan, la diminuzione del traffico nel Canale di Suez dopo gli attacchi degli Houthi e una crisi economica che ha portato a una forte svalutazione della lira egiziana e a un’inflazione che supera il 30 per cento.

Lo scenario è ideale per una nuova “bomba” migratoria che i leader europei vogliono scongiurare a tutti i costi, soprattutto in vista della campagna elettorale per le elezioni di giugno.

Commissione realista

«L’Egitto è un partner importante per noi, sotto molti aspetti», ha detto Mamer in conferenza stampa. «La migrazione è sicuramente uno dei problemi, e l’Egitto è un paese che deve far fronte a significative pressioni migratorie a causa della regione in cui si trova, ma abbiamo anche molte altre aree di cooperazione, come ad esempio l’energia, l’agenda verde, l’agenda climatica, le energie rinnovabili e gli investimenti in questo contesto», ha poi aggiunto.

Anche per questa visita, come per quelle passate che i vertici europei hanno condotto in Tunisia e Libia, è stata sollevata una questione di legittimità morale ed etica per gli accordi che vengono firmati. L’ultimo a farlo è stato il relatore del parlamento europeo per i rapporti con l’Egitto, l’europarlamentare dei verdi Mounir Satour.

«È problematico e ingiustificato» che la Commissione dia soldi all’Egitto vista la «catastrofica situazione della democrazia e dei diritti umani», ha detto Satour. Immediata la risposta di Mamer: «Sappiamo delle criticità nel campo dei diritti umani, e nel caso della Tunisia, della Mauritania e dell'Egitto pensiamo che abbia senso concludere questi accordi anche per ottenere dei progressi sulla questione».

«Il rispetto dei diritti umani è una preoccupazione che vogliamo affrontare con i paesi con cui concludiamo accordi», ha aggiunto. «Le domande che dobbiamo porci sono: il mancato rispetto dei diritti è forse un motivo per interrompere le relazioni con questi paesi? O siamo in grado di trovare una maniera per lavorare con loro e migliorare la situazione della loro popolazione o dei migranti che arrivano sono ospitati sul loro territorio?».

Condizionalità dei fondi

Nonostante il realismo dei vertici di Bruxelles diversi eurodeputati dell’area di sinistra, verdi e altri anche dell’ala liberale e popolare hanno chiesto maggiore trasparenza da parte della Commissione.

Alcuni hanno proposto che vengano implementati dei meccanismi di controllo per vincolare i fondi che arriveranno nelle casse dei paesi nordafricani al raggiungimento di determinati obiettivi, in modo tale da avere contezza di come vengono spesi i soldi dei contribuenti europei. E soprattutto se questi vengono impiegati per consolidare forze di sicurezza già repressive o apparati della guardia costiera che non rispettano i diritti umani e compiono trattamenti inumani e degradanti durante le loro intercettazioni di migranti.

Alle domande sui progressi fatti dalla Tunisia dopo la firma del memorandum of understanding e l’incasso dei 150 milioni di euro, i portavoce della Commissione Ue hanno tergiversato annunciando generali dati positivi che emergono dagli indicatori macroeconomici. Lo stesso Mamer in conferenza stampa ha ammesso che al momento è troppo presto per guardare ai risultati: «Sono da raggiungere nel lungo periodo».

Piano Mattei

Nella visita in Egitto di Meloni c’è anche spazio per il Piano Mattei, la cui prima cabina di regia si è tenuta a Roma lo scorso venerdì. Il paese di al Sisi è stato tra i primi nove selezionati dal governo italiano per i progetti pilota del Piano.

Al Cairo, quindi, la premier si appresta a firmare accordi bilaterali con la controparte egiziana per progetti di cooperazione nei settori dell’agricoltura, della formazione, della salute e per creare nuove opportunità di investimento per le piccole e medie imprese. La missione di Meloni e von der Leyen è stata criticata dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ha definito il viaggio «gravissimo»: «Promettere risorse al regime di al Sisi in cambio del controllo e del blocco delle partenze è un approccio che calpesta i diritti fondamentali non ha mai prodotto una soluzione».

L’ultimo membro del governo a visitare il Cairo è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani lo scorso 11 ottobre, quando ha firmato accordi per importare manodopera qualificata e ha discusso di questioni migratorie con il segretario della Lega araba. Ora è il turno della premier che in questi giorni, con un po’ di imprudenza, ha celebrato i risultati positivi, su tutti il calo delle partenze, dell’accordo siglato con Saied (sarebbe meglio aspettare la fine dell’estate prima di vantare un certo tipo di successi).

Dopo aver giocato la partita di Tunisi Meloni si appresta a giocarne una ancora più importante con il Cairo, dove poco più di otto anni fa veniva barbaramente torturato e ucciso Giulio Regeni.

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