Dopo un lungo silenzio il presidente russo, Vladimir Putin, ha mandato le sue condoglianze alle famiglie delle vittime dello schianto del jet privato che viaggiava da Mosca a San Pietroburgo su cui sembra esserci stato anche il leader del gruppo paramilitare Wagner, Evgenij Prigožin. Di lui il presidente russo ha detto che «era un uomo di talento che ha commesso errori» aggiungendo che il mercenario era tornato dall’Africa proprio ieri e che aveva incontrato degli ufficiali a Mosca, assicurando infine che «l’inchiesta sull’incidente sarà esaustiva». Il presidente ha parlato al passato e in effetti dall’agenzia di stampa russa Tass si legge che «secondo il presidente c’erano membri del gruppo Wagner a bordo del jet precipitato». Non solo, nel suo discorso Putin ha detto di aver conosciuto Prigožin agli inizi degli anni Novanta. La tempista del rapporto tra i due è sempre stata un mistero, anzi una volta il leader mercenario aveva detto di aver incontrato il presidente russo nel Duemila.

Putin non ha però risposto alle accuse che molti dei mercenari e dalla scena internazionale gli muovono sull’essere stato lui il mandante del disastro aereo e del conseguente omicidio del suo ex-amico Prigožin, diventato un rivale dopo il tentato golpe del 24 giugno.

Non è chiaro come le autorità russe gestiranno il funerale. Il leader mercenario aveva infatti ricevuto la designazione di Eroe della Russia, che in genere prevede procedure funerarie speciali.

Il canale Telegram “Chka-Ogpu” legato alla brigata Wagner ha riportato che uno dei comandanti dei mercenari ha riconosciuto il corpo di Prigožin, e del suo braccio destro, Dmitri Utkin,  all’obitorio dove sono stati trasferiti dopo lo schianto del jet privato su cui viaggiavano ieri. Ma il sito Fontanka, di San Pietroburgo, ha riferito che i corpi delle vittime hanno subito ustioni talmente gravi  da renderne impossibile l’identificazione senza un esame del Dna. 

Le autorità dell’aviazione civile russa avevano già detto che il nome di Prigožin era sulla lista passeggeri ma non ne avevano ancora confermato la morte. Nel frattempo, i servizi di emergenza russi avevano recuperato i resti dei dieci passeggeri dell’aereo privato caduto ieri che si dirigeva verso San Pietroburgo, residenza dello “chef di Putin”. 

Oltre al capo di Wagner e al comandante, Dmitry Utkin, sembra che sul velivolo fossero presenti anche uno dei vice del magnate, l’ex uomo d’affari, Valery Chekalov, e altri soldati della brigata.

La presenza sullo stesso aereo di Prigožin e Utkin appare «molto strana» a Claudio Bertolotti, ricercatore associato dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, perché «va contro ogni criterio di sicurezza di un’organizzazione come quella» riferisce.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelenksy, ha affermato che «Kiev non ha nulla a che fare con l’incidente aereo».

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Flightradar24, un sito web che monitora le informazioni sugli aeromobili in tempo reale, ha riferito che dopo i primi nove minuti di volo tranquillo, il jet ha fatto diverse salite e discese irregolari per circa 12 secondi prima di cadere improvvisamente a terra.

Chris Lomas, specialista di contenuti per l’aviazione per il sito web ha affermato che questi movimenti repentini potrebbero «essere stati un segno di un tentativo di rispondere in qualche modo» all’evento che ha portato allo schianto.

Le ipotesi sullo schianto

Un ex funzionario dell’intelligence britannica, Christopher Steele, ha detto che la caduta potrebbe essere stata dovuta all’esplosione di un ordigno all’interno di una cassa di vino regalata ai passeggeri, aggiungendo che si tratterebbe di «una fine ironica per l’ex cuoco di Putin».

La tesi dell’ordigno sembra plausibile. Il canale Telegram “Baza” riporta le ipotesi degli inquirenti russi, che nel frattempo sono giunti sul luogo dello schianto. Secondo gli investigatori lo scoppio della bomba avrebbe strappato l’ala del velivolo e causato la depressurizzazione esplosiva, causando la morte immediata dei passeggeri a bordo. «Sarebbe proprio questo il motivo per cui la coda dell’aereo è stata ritrovata a cinque chilometri dalla fusoliera» sostengono.

Reuters e Wall street journal danno due versioni discordanti della causa del disastro. Secondo il primo due fonti anonime statunitensi attribuirebbero la caduta ad un missile terra-aria lanciato dal territorio russo, anche se l’intelligence americana non ha rilevato alcun lancio missilistico e non ci sono prove che sia stata inviata un’arma del genere. Il secondo invece corrobora l’ipotesi dell’ordigno sul velivolo citando delle fonti dell’amministrazione americana. Anche il New York Times riporta la notizia dell’esplosivo sul volo.

La risposta dall’occidente

Il portavoce del governo francese, Olivier Véran, intervistato oggi a France 2 ha parlato dell’accaduto per esprimere «ragionevoli dubbi» sulle «condizioni» dell’incidente aereo in cui sembra essere morto il tycoon.

Neanche i funzionari statunitensi hanno confermato ufficialmente se Prigožin si trovasse effettivamente sul jet, ma un alto funzionario dell’intelligence occidentale – che ha preferito rimanere anonimo –  ha rivelato al New York Times che in effetti Prigožin era uno dei passeggeri dell’aereo basandosi sui «molti indicatori» che il suo governo ha valutato.  

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha detto di «non essere sorpreso dalla notizia» della morte del mercenario. Alla domanda poi che un giornalista gli ha posto su un possibile coinvolgimento dietro l’incidente dell’omologo russo, Vladimir Putin, Biden ha risposto che «poche cose succedono in Russia senza che Putin ne sia a conoscenza», specificando però  che nel caso in questione «non ha alcuna informazione certa». 

Ma al primo dibattito delle primarie repubblicane i due candidati Nikki Haley e Mike Pence hanno accusato Putin di essere «un assassino e un dittatore», in particolare Haley ha esplicitamente detto che è stato il presidente russo ad uccidere Prigožin e quando lei era ambasciatrice all’Onu aveva ucciso il suo omologo russo.

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Anche gli analisti del think tank statunitense Institute for the study of war (Isw) si sono sbilanciati e hanno scritto che «molto probabilmente Putin ha ordinato al comando militare di abbattere l’aereo del leader di Wagner» in modo da restaurare pubblicamente il suo «dominio» e vendicare l’umiliazione dopo il tentato golpe.

La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, poi ha detto che «non è una coincidenza se tutto il mondo guarda immediatamente al Cremlino quando un ex confidente di Putin caduto in disgrazia cade improvvisamente dal cielo, due mesi dopo aver tentato una rivolta» aggiungendo che si tratta del classico schema della Russia di Putin «morti e suicidi dubbi, cadute dalle finestre che alla fine rimangono inspiegabili».

Una voce fuori dal coro

Lo scrittore italiano di origine russe Nicolai Lilin, autore di “Educazione Siberiana” e “Putin. L’ultimo Zar” ritiene che il mandante dell’omicidio non sia il presidente russo come tutti pensano, ma il ministro della Difesa Sergei Shoigu o il generale Valery Gerasimov, capo di stato maggiore dell’esercito russo, i due che Prigožin voleva destituire quando ha iniziato la “marcia della giustizia”. 

La tesi di Lilin è ancora più interessante quando tratta delle motivazioni della condanna a morte che Prigožin si sarebbe auto procurato. Per lo scrittore questa non deriverebbe dal tentativo di marciare su Mosca due mesi fa, ma dalla sfida aperta ai vertici militari che il tycoon ha spesso mosso sui social.

Secondo Lilin – ex militare nella guerra cecena – il mercenario avrebbe agito da imprenditore in un sistema, quello militare, costituto da una rigida gerarchia, senza rispettarla, tenendo «atteggiamenti spavaldi» che potevano «metterlo in crisi».

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Continua Lilin che «l’uso dello spazio mediatico» da parte di Prigožin «va bene nel mondo dell’imprenditoria, dove devi affermare che un prodotto è meglio di un altro, ma non certo nel mondo militare». 

Infine l’autore ritiene che il presidente russo «mantenga la parola data fino alla fine, soprattutto negli ambienti militari e dei servizi segreti» e quindi è molto plausibile che avrebbe rispettato l’incolumità di Prigožin, come da accordi mediati dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko. Anche perché il contrario lo avrebbe «danneggiato agli occhi dei wagneriani che vorrebbe attrarre ora sotto il suo comando».

Il silenzio di Putin

Dopo la notizia dello schianto il presidente russo aveva parlato in videoconferenza al summit dei Brics a Johannesburg ma non aveva fatto alcun riferimento ai recenti avvenimenti. E aveva taciuto sulla vicenda anche ieri quando a margine della celebrazione ha ringraziato «tutti i soldati che combattono con coraggio e risolutezza» nell’operazione militare speciale in Ucraina.

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Sui social russi

Nel frattempo sul canale Telegram della brigata Wagner “Grey zone” i paramilitari affermavano la morte di Prigožin dando la colpa dell’accaduto ai «traditori della Russia». Roman Saponkov, un blogger militare russo considerato vicino al gruppo di mercenari, ha scritto che «l’omicidio del capo di Wagner avrà conseguenze catastrofiche» aggiungendo che chi ha dato l’ordine «non capisce affatto lo stato d’animo dell’esercito».

Il jet su cui volava Prigožin era stato prodotto dalla casa brasiliana “Embraer” che ha comunicato di non aver più fornito supporto per la manutenzione del mezzo dal 2019 a causa delle sanzioni. Ma non si sa se l’aereo in questione fosse in effetti scarsamente manutenuto. I soldati di “Grey zone” però non hanno dubbi, per loro a causare lo schianto al suolo è stata «l’antiaerea russa, ci sono i testimoni, ci sono le immagini, c’è il tracciato radar a provarlo» scrivono.  

Ma Flightradar24, rilanciato dal canale indipendente russo Dozhd, ha notato che un secondo aereo, appartenente sempre al capo di Wagner, si è alzato in volo poco dopo quello caduto. Anche questo velivolo è partito da Mosca in direzione San Pietroburgo per poi tornare ed atterrare definitivamente a Mosca. 

Media di stato

Olga Skabeyeva, conduttrice di un talk show della televisione di Stato, ha raccontato un «servizio speciale» incentrato sulle indagini sul luogo dell'incidente, riducendo al minimo la discussione sul magnate e non facendo alcun riferimento all’ammutinamento di giugno.

La conduttrice ha precisato che gli investigatori russi stavano esaminando tutte le possibili cause dell’incidente, compresi «errori di pilotaggio, malfunzionamenti tecnici e influenze esterne». Anche il telegiornale ha citato solo di sfuggita il nome di Prigožin, dando maggiore copertura invece al vertice dei Brics.

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