Il presidente russo Vladimir Putin annuncia l’invio di truppe al confine con la Finlandia e torna ad assicurare che il paese è pronto ad usare le armi nucleari se la sua esistenza «sarà messa a rischio». Sono alcuni dei punti salienti di una nuova intervista che Putin ha rilasciato alla televisione nazionale pochi giorni prima delle elezioni presidenziali, previste per questo fine settimana, e mentre l’Unione europea ha trovato un accordo per un fondo da 5 miliardi per gli aiuti militari all’Ucraina.

Nel frattempo, un gruppo miliziani russi filo-ucraini è entrato in Russia dall’Ucraina, occupando alcuni villaggi e rivendicando un attacco di droni contro la sede dei servizi di sicurezza della città di Belgorod. Il gruppo, già noto per incursioni compiute in passato, è composto da alcuni miliziani estremisti di destra e dai sostenitori di Ilya Ponomarev, ex parlamentare di opposizione russo e storico rivale di Aleksej Navalny.

L’intervista

L’intervista di Putin è l’ultima che il presidente ha concesso prima delle elezioni presidenziali, che inizieranno domani e andranno avanti fino a domenica. Putin ha iniziato parlando di armi nucleari e affermando che la Russia è ponta a farvi ricorso in caso di rischi esistenziali, ma smentendo di aver mai avuto l’intenzione di farne uso in Ucraina, un’accusa mossa dall’intelligence statunitense e ripresa negli ultimi giorni da diversi media.

Putin ha poi ripetuto la sua disponibilità a iniziare negoziati di pace, ma a patto che alla Russia vengano offerte «garanzie» per evitare che le trattative siano utilizzate dall’Ucraina per «riarmarsi». Infine, Putin ha criticato la decisione della Finlandia di entrare nella Nato, affermando che fino ad oggi non c’erano truppe russe al suo confine, ma che, inevitabilmente, ne saranno presto inviate di nuove.

L’incursione

Putin ha anche commentato l’attacco lanciato martedì dalle milizie filo-ucraine e che avrebbe portato all’occupazione di alcuni villaggi lungo il confine. «Gli ucraini cercano di attaccare Belgorod e Kursk per rimediare ai loro fallimenti sul fronte», ha detto Putin, liquidando come impossibile il loro obiettivi di sabotare le prossime elezioni.

Anche se il ministero della Difesa russo sostiene di aver respinto l’attacco infliggendo oltre duecento perdite ai miliziani, i gruppi armati, composti da un numero non precisato di uomini armati e di veicoli blindati, sostenevano mercoledì che le loro operazioni erano ancora in corso. Il loro obiettivo, hanno dichiarato, è «liberare» la Russia e incitare la popolazione a una rivolta contro il regime di Putin.

Il gruppo che ha lanciato l’attacco formato da tre milizie ben conosciute agli osservatori del conflitto in Ucraina. La prima, il Corpo dei volontari russi, è un’unità di estremisti di destra anti-Putin, con un debole per la simbologia neofascista. Il gruppo era stato protagonista di un’incursione simile compiuta in Russia lo scorso maggio. Una seconda unita, il Battaglione siberiano, che sarebbe composto di minoranze etniche provenienti dalla Russia orientale, è alla sua prima operazione.

Ma è la terza unità, la Legione libertà della Russia, che sembra aver avuto il ruolo maggiore in questo attacco. Mercoledì, il loro leader, l’ex parlamentare russo Ilya Ponomarev ha scritto sul social X che i suoi soldati continuano ad occupare un villaggio nella regione di Kursk, informazione che però è impossibile da verificare.

L’anti-Navalny

Ilya Ponomarev

Ponomarev è uno storico oppositore di Putin e l’unico deputato ad aver votato contro l’annessione della Crimea nel 2014, il suo ultimo atto politico in Russia prima di fuggire negli Stati Uniti e poi in Ucraina, paese di cui ha preso la cittadinanza.

Ponomarev è anche famoso per la sua lunga faida con Navalny. I due hanno militato a lungo negli stessi gruppi di opposizione, prima che Ponomarev se ne allontanasse in polemica. Navalny e i suoi collaboratori hanno accusato Ponomarev di essere un truffatore e un agente del Cremlino, mentre Ponomarev ha definito inutili i metodi “tradizionali” e non violenti utilizzati dal resto dell’opposizione.

Dall’inizio dell’invasione del 24 febbraio 2024, Ponomarev ha dichiarato di essere coinvolto in numerosi attentati compiuti in Russia, compreso l’assassinio di Daria Dugina, figlia del filosofo estremista Alexander Dugin. Lo scorso autunno, un collaboratore di Navalny, Leonid Volkov, ha denunciato i legami di Ponomarev con alcuni canali Telegram che hanno contribuito a coordinare gli attacchi anti-semiti avvenuti nella regione russa del Caucaso lo scorso ottobre.

Ponomarev sostiene di avere al suo comando un contigente di 1.600 soldati e dichiara di avere l’obiettivo di liberare con le armi la Russia dal regime di Putin. Diversi esperti, però, ritengono che il suo ruolo sia soprattutto quello di fornire copertura all’intelligence militare di Kiev, che fornisce armi, equipaggiamenti e supporto logistico ai battaglioni di volontari russi impegnati negli attacchi oltre confine.

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