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Quando il capitalismo americano significava uguaglianza

Times Square district, New York City, 1932. Centinaia di persone attendono il proprio turno per un sandwich o una tazza di caffè.\\u00A0(AP Photo)
Times Square district, New York City, 1932. Centinaia di persone attendono il proprio turno per un sandwich o una tazza di caffè. (AP Photo)

Siamo passati da uno Stato New Deal relativamente egualitario all’apparato aziendale diseguale e concentrato di oggi. Questo cambiamento è stato accompagnato da un cambiamento parallelo nel modo in cui gli americani pensano a sé stessi come attori economici e politici.

  • L’autoconsapevolezza che l’uguaglianza economica tra i cittadini fosse fondativa dell’esperimento americano ha rappresentato una tendenza di lunga data per l’America.

  • Come è stato possibile spostare la concezione individuale da questa idea a quella odierna per cui la diseguaglianza radicale è caratteristica innata del capitalismo americano?

  • Da uno Stato New Deal relativamente egualitario si è passati all’apparato aziendale diseguale e concentrato di oggi. E questo cambiamento ha modificato in parallelo anche il modo in cui gli americani pensano a sé stessi come attori economici e politici.

Il capitalismo americano ha sempre significato uguaglianza e sicurezza economica. Quando lo dico in dibattiti e conferenze, oggi, questa osservazione suscita risate. Ma è vero. Gli americani credevano che l’uguaglianza economica fosse fondamentale per il nostro sistema politico. Quell’America, almeno per chi era considerato cittadino, portava con sé una promessa di una approssimativa uguaglianza. Cosa è successo dopo? Nel 2008 abbiamo affrontato una crisi finanziaria che ha definito il modo in

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