Dov’è l’America che si pone alla testa del mondo libero? L’America che guida il globo e indica il futuro comune di libertà? Non solo quella della nuova frontiera kennediana o del New Deal rooseveltiano, ma anche quella di Eisenhower, Reagan e dei Bush: l’America leader del mondo libero che ha vinto fascismo e comunismo e ha affrontato impavida terrorismi di ogni tipo.

Nel discorso inaugurale di Trump quest’America non c’era: non ha mai accennato agli alleati né alla visione americana sul mondo, né a come lo vorrebbe modellare, né alla storia. Si è come isolato in una sfera più piccola e intima che se non si trattasse degli Stati Uniti potrebbe essere definita “provinciale”, almeno come pensiero.

Sovranismo vendicativo

È un’America che vale solo per sé stessa, senza nessuno attorno ma soprattutto senza l’ambizione di plasmare alcunché. Un’America che non offre nulla, pretende e basta. Il sovranismo degli Stati Uniti non può ridursi ad un atteggiamento rivendicativo e rancoroso verso tutto e tutti: in questo modo appare più debole e limitato, ridotto ad una piccola ambizione e senza disegno globale.

La vera aspirazione americana, il “destino manifesto” della “casa sulla collina”, dovrebbe brillare in alto, visibile a tutti, esempio per tutti, modello per ciascuna delle altre nazioni, avvolgente, non importa se declinato a destra o a sinistra. Dovrebbe trattarsi di un’America padrona della storia.

Ci saranno sempre degli avversari, talvolta anche dei nemici, è ovvio. Ma senza un appello che attragga tutti, non c’è America ma solo un paese banalizzato, simile ad altri, focalizzato solo sui propri interessi economici (come tutti), il più forte e potente ma che non seduce e non attira. Non importa se la visione debba declinarsi in versione repubblicana o democratica: l’America è sempre stata un’eccezione proprio perché, oltre ad essere il paese più forte e ricco, è anche quello che ha proposto un’idea comune e un sogno per ogni uomo e ogni paese su questa terra.

Dimenticare i sogni

Può trattarsi di un disegno contrapposto ad altri, severo e inflessibile ma pur sempre offerto a tutti. Un’idea imperiale. Si parla tanto di Roma antica come esempio ma nelle parole di Trump mancava proprio l’appello alle altre nazioni, non c’era nemmeno un invito a piegarsi alla visione americana del bene comune globale. La grandezza dell’America è sempre stata un’aspirazione all’universalismo dei propri valori di libertà, democrazia e libera intrapresa. Altrimenti si tratta di un’America che non vuole imperi, senza sogno, senza volo, senza colpo d’ala, una specie di riedizione dell’Europa coloniale ed egoista di una volta, ma fuori tempo massimo.

Non siamo più al XIX secolo e le altre nazioni reagiscono in maniera diversa, senza accettare nessuna supremazia se non è accompagnata da una passione collettiva. Se non si è americani, come si fa a sentirsi dentro il discorso fatto da Trump all’inauguration? Solo diventando americani, cosa tra l’altro sempre più difficile. Non c’era in quelle parole un’idea di comunità di nazioni, nemmeno se concessa sotto la ferrea egemonia di Washington. O era troppo implicita. Semplicemente il resto del mondo non esisteva, salvo la parte descritta come ostile e criminale. Non c’erano alleati, amici, fedeli e nemmeno sudditi. Non abbiamo ascoltato una proposta per loro e per il mondo.

Ma un’America attorcigliata su se stessa e senza ambizione globale, che paese è? C’è da chiederselo ora che inizia la seconda amministrazione Trump. I suoi (e nostri?) avversari più forti hanno una proposta per tutti, come Mosca e Pechino predicano da tempo. Certamente attraggono poco ma se Washington smette di cercare di «conquistare i cuori e le menti», avranno più chance. Non si tratta di aver paura ma di aspettare e sperare che l’America torni ad essere davvero se stessa: un’America per il mondo.

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