La Procura di Roma è pronta a chiudere le indagini sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto, a carico di cinque 007 egiziani appartenenti alla National Security accusati di sequestro. Per l’Egitto le prove non sono sufficienti e il paese dà una versione completamente diversa che coinvolge dei ladri ignoti che utilizzano passaporti falsi. La famiglia Regeni, di fronte al rifiuto di collaborare dell’Egitto e al tentativo di depistaggio, ha chiesto subito il ritiro dell’ambasciatore.

La versione egiziana

Il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, nel corso di un nuovo incontro ha comunicato al procuratore Generale d’Egitto le intenzioni dell’Italia. Dallo scambio è emersa una nota congiunta che espone le posizioni inconciliabili delle procure. «Il procuratore generale d’Egitto nel prendere atto della conclusione delle indagini preliminari italiane, avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio». In ogni caso «la procura generale d’Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla procura della Repubblica di Roma».

La procura egiziana ritiene che l’esecutore dell’omicidio di Giulio Regeni sia ancora ignoto e porta avanti anzi un’ipotesi alternativa. Ha comunicato «di aver raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale, accusata di furto aggravato degli effetti personali di Giulio Regeni che sono stati rinvenuti nell’abitazione di uno dei membri della banda criminale. Le indagini - si legge ancora nella nota - hanno accertato che la stessa banda aveva già compiuto atti simili ai danni di cittadini stranieri, tra i quali anche un altro cittadino italiano e alcune testimonianze acquisite hanno consolidato il quadro probatorio». Il modus operandi della banda «è caratterizzato dall’utilizzo di documenti contraffatti di appartenenti alle forze dell’ordine».

La procura generale d’Egitto ha aggiunto «che procederà per queste ragioni nei loro confronti con la chiusura delle indagini, incaricando inoltre gli inquirenti competenti di intraprendere tutte le misure necessarie per giungere all’identificazione dei colpevoli dell’omicidio». La procura di Roma «prende atto della decisione della procura generale d’Egitto».

La famiglia di Giulio

La famiglia di Giulio non ha accettato una risposta simile. «Oggi i procuratori egiziani hanno avuto la sfrontatezza di "avanzare riserve" sull'operato dei nostri magistrati ed investigatori e di considerare insufficienti le prove raccolte». Adesso, aggiunge, «Crediamo che il nostro governo debba prendere atto di questo ennesimo schiaffo in faccia e richiamare immediatamente l'ambasciatore» hanno scritto in una nota Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, e l’avvocata Alessandra Ballerini. 

Per loro è «una assoluta mancanza di rispetto nei confronti non solo della nostra magistratura ma anche della nostra intelligenza. Non solo non rispondono - si afferma - alle rogatorie e non sono in grado di fornire cinque indirizzi ma persino si permettono di giudicare il quadro probatorio delineato dalla nostra procura, insistendo nel rifilarci il vecchio sanguinario depistaggio dei 5 rapinatori che costò la vita a degli innocenti fatti spacciare per gli assassini di Giulio».

Per i genitori del ricercatore italiano «serve un segnale di dignità» perché nessun paese «possa infliggere tutto il male del mondo ad un cittadino e restare non solo impunito ma pure amico. Lo dobbiamo a Giulio e a tutti i Giuli e le Giulie in attesa ancora di verità e giustizia».

Il presidente Palazzotto

Il presidente della commissione parlamentare di Inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto (LeU) negli scorsi giorni aveva detto a Domani di non aspettarsi alcuna collaborazione dalle autorità egiziane e aveva chiesto che il governo intervenisse in maniera forte. Dopo questi sviluppi torna a chiedere che il governo prenda posizione: «Da parte dell’Egitto è un insulto alla nostra intelligenza».
L’Egitto «rifiutandosi di fornire una risposta alle richieste dei nostri magistrati, rilancia l’ennesimo tentativo di depistaggio nella fase conclusiva delle indagini è un insulto alla nostra intelligenza, un oltraggio che non possiamo permetterci di subire».
Il governo, dice ancora, «assuma tutte le misure necessarie a tutelare la dignità e la credibilità internazionale del nostro paese». 
Questa, conclude, «non è una vicenda privata della famiglia Regeni, ma una questione nazionale che ci riguarda tutte e tutti».

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