Sarebbero almeno una trentina i cittadini dell'Unione europea (fra cui anche italiani, tedeschi, greci, rumeni e spagnoli) che sono stati bloccati alla frontiera nel Regno Unito e trattenuti in centri di detenzione dopo aver cercato di entrare nel paese, probabilmente in cerca di lavoro, senza visto o residenza. Lo rende noto il sito di notizie Politico, citando fonti diplomatiche che hanno espresso forte preoccupazione per gli europei che sono stati trattenuti nei centri per una settimana prima di essere rimpatriati. Si tratta infatti di un periodo molto lungo, attribuibile anche alla difficoltà a trovare un volo di rientro nel loro paese a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19.

Secondo quanto riporta Politico, il ministero dell'Interno britannico non ha ancora rilasciato dati ufficiali sul numero di cittadini detenuti in questi centri dall'inizio dell'anno.

Perché la detenzione

Finché il Regno Unito è stato un paese membro dell'Ue, i cittadini dell'Eurozona potevano spostarsi per viaggiare o per cercare lavoro sull'isola con molta semplicità. Dopo la Brexit, le cose sono cambiate: si può varcare la frontiera soltanto dopo aver trovato un lavoro, altrimenti non si può accedere alle pratiche burocratiche, come il visto. 

Anche chi arriva da un paese europeo, dunque, è considerato un immigrato, e, nel caso in cui non si abbia un accordo lavorativo al momento dell'atterraggio sul territorio nazionale, si è considerati clandestini e portati nei centri di detenzione o accoglienza per richiedenti asilo, prima di essere rimpatriati. 

È quello che accade negli Stati Uniti con i richiedenti asilo messicani, respinti per anni dall'amministrazione dell'ex presidente Donald Trump. Oppure in Italia, con gli sbarchi dei migranti libici o africani. Con la differenza che questi scappano da una guerra, torture continue e repressione.  

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