Il paradosso del riso: è troppo, ma non nutre

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è cucina insostenibile. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. San Pedro Laguna, circa 350mila abitanti, è una città satellite di Manila. Si trova a circa un’ora e mezza di macchina dalla capitale filippina, e oggi la sua identità è, in parte, quella di una città “dormitorio”, per chi lavora a Metro Manila (con i suoi 14 milioni di abitanti) ma non ha trovato un’abitazione conveniente in città. L’altra anima, per così dire, di San Pedro Laguna, è quella più tradizionale, di città-mercato, polo urbano in mezzo ai campi dove viene venduto all’ingrosso parte del raccolto prodotto all’intorno. Così, se ci si trovasse a passeggiare la mattina al mercato di San Pedro, si possono vedere decine di bancarelle di fiori, dato che questa è un’area che produce il gelsomino nazionale, la sampaguita. E innumerevoli banchetti di frutta e verdura. Nella parte coperta, però, ci sono decine di bancarelle con grossi contenitori all’interno dei quali si trova riso di tutti i tipi. E basta questo a capire che le varietà di riso, anche in una località periferica come questa, sono davvero tantissime. Guardando alle descrizioni scritte a mano su pezzi di cartone infilati nel riso, si vede quello al gelsomino, e tante varietà di denorado, un grano locale a chicco lungo, leggermente glutinoso (che, quando si parla di riso, non significa che contenga glutine ma che i chicchi si appiccicano un po’ gli uni agli altri) soffice e dal gusto dolce. Anche il gusto è etica: caffè e cacao insegnano Le tipologie di riso chiamate maalsa sono quelle di riso “invecchiato”, che richiedono un po’ più di acqua per essere cotte, e che daranno un chicco leggermente più definito e al dente. Ogni varietà di riso può dunque presentarsi come maalsa, dal coco pandan al sinandomeng, passando per l’angelica e il drago blu, e innumerevoli altri. Guardando in prospettiva lungo i corridoi del mercato si vedono bancarelle e bancarelle in fila, con davanti barili di chicchi di diversi colori, dal rosso al nero al viola, a tutte le varietà di bianco e beige, che affascinano per i loro nomi, e per il modo in cui rivelano un universo molto complesso, che fa rimpiangere di non essere degli intenditori. La consapevolezza sul Riso Il riso nell’arcipelago filippino è non solo coltivato da millenni (le prime tracce rinvenute risalgono al 1500 a.C., alle terrazze di riso di Banaue, nell’isola di Luzon, al nord, oggi diventate anche una meta turistica) e in numerose varietà, ma è considerato un elemento fondamentale di ogni pasto. Non per ripetere un luogo comune, ma la frase “rice is life”, qui solitamente pronunciata in inglese, è di quelle che si sentono anche troppo, ma che descrivono effettivamente una realtà. C’è anche un mese, novembre, dedicato alla Consapevolezza sul Riso, un periodo in cui il governo organizza diverse campagne educative su come coltivare al meglio il riso, come cuocerlo, come non sprecarlo, eccetera. Dal Dubai chocolate al ramyeon: se l’algoritmo lancia e uccide tendenze Quest’anno, lo slogan è “Riso di Qualità, Vita di Qualità” (Quality rice, Quality Life). Le Filippine, infatti, sono l’ottavo produttore di riso al mondo, ed una delle tante nazioni asiatiche in cui questo è considerato il cereale principale nella dieta della popolazione, e anche quello preferito dai consumatori. Il quadro però è complicato, messe da parte le seduzioni di un mercato del riso con varietà inimmaginabili, o di una cultura agricola millenaria ricca di storie, leggende, e ricette. Infatti, per quanto il riso possa essere vita, non si vive di solo riso – e i dati legati alla nutrizione qui sono davvero inquietanti: partiamo dalla statistica terribile che più di un quarto dei bambini filippini sotto i cinque anni è malnutrito (il 28,8 per cento della popolazione) mentre l’8,8 per cento delle donne, e il 6,4 per cento degli uomini sono obesi, con però severe insufficienze di micronutrienti vitali (tutti i dati riportati sono del Global Nutrition Report). Non è un problema recente. La cucina, solo una stanza o un luogo da abitare e amare? Il parere dei nostri lettori Il chicco giusto Per questo, le Filippine cercano di sopperire ai problemi di malnutrizione sviluppando nuove varietà di riso, che contengano pochi zuccheri, ma molte proteine. Il campo della ricerca sul riso ha assegnato alle Filippine un importante ruolo internazionale: l’Istituto Internazionale di ricerca sul riso (Irri) fondato nel 1960 ha sede proprio a Manila, per quanto da qui lavori sul mondo intero. Dal 1985 è stato fondato, all’interno del ministero dell’Agricoltura filippino, il centro di ricerca nazionale, il Philippines Rice Research Institute (Prri) che per l’appunto si occupa di sviluppare e modificare alcune varietà di riso per far crescere chicchi dai valori vitaminici e proteici più alti. Le tipologie di riso sviluppate in questo modo sono ormai disponibili anche nei mercati all’ingrosso come quelli di San Pedro Laguna, o dovunque altro nel paese, e sono venduti insieme alle numerose e colorate tipologie che colpiscono lo sguardo di chi passa per il mercato per curiosare. Sempre secondo i dati del Prri, che mantiene anche una banca di semi, le varietà di riso che sono state e sono coltivate nelle Filippine sono più di cinquemila, e se l’importanza di mantenere ampia la biodiversità fa si che vengano incoraggiate piantagioni di chicchi più rari, la necessità di nutrire un paese di 116 milioni di abitanti, di cui 18 milioni sotto la soglia di povertà, rende più urgente lo sviluppo di varietà ibride, anche se a scapito delle tipologie tradizionali, o che si trovano solo nell’arcipelago. Oggi però questo tipo di ricerca non basta più, e la sostenibilità deve tenere conto anche di altre cose, che rendono più difficile anche sviluppare nuove varietà di riso dal profilo nutrizionale ideale. Il problema, non inaspettato ma trascurato, è quello del cambiamento climatico, che oltre ad innalzare le temperature, ha anche portato ad un moltiplicarsi dei tifoni, e ad un intensificarsi della loro violenza. Anche quest’anno, l’Asia monsonica ha dovuto far fronte a tifoni ravvicinati, che ormai da tempo non durano più solo per il periodo estivo, ma continuano a scaricare pioggia e vento fino ad autunno inoltrato: il tifone Kalmaegi, che ha scosso il paese agli inizi di novembre, ha provocato 188 morti, e devastato innumerevoli campi agricoli. La chef Antonia Klugmann: «Come siamo messi oggi con la sostenibilità? Male» E in questo modo, il cambiamento climatico va a intaccare le conquiste che erano state fatte con la selezione di piante più nutrienti: la produzione diminuisce, facendo sì che il riso locale, così profondamente legato all’identità di chi lo cresce e lo consuma, diventi più caro di quello che può essere importato da paesi meno martellati dai monsoni. Passando dalle complicazioni legate all’insufficienza nutrizionale a quelle legate a una minore sicurezza e autosufficienza alimentare, aggravando anche le condizioni economiche degli agricoltori nazionali. Una situazione che mostra come nessun progetto possa più essere portato avanti senza tenere conto dello stato a cui abbiamo ridotto il pianeta. [Missing Caption][Missing Credit]