Vladimir Putin sta combattendo due guerre su fronti diversi: quella contro l’Ucraina e quella contro i media indipendenti russi. La nuova legge approvata nei giorni scorsi contro la stampa prevede pene fino a 15 anni di carcere per chi pubblica fake news. Una misura che ha un obiettivo chiaro: limitare la libertà di stampa.

Vietato parlare di «guerra» o «invasione», l’offensiva di Putin deve essere definita come un’operazione militare speciale e per chi non lo fa il rischio sono sanzioni e carcere. Dopo l’approvazione della legge nei giorni scorsi diversi media internazionali hanno sospeso il lavoro dei loro giornalisti. La decisione è stata presa prima dalla Bbc britannica e recentemente dal New York Times. In Italia hanno interrotto il servizio la Rai e l’Ansa che hanno richiamato i loro corrispondenti presenti a Mosca e in altre città del paese. Ma la repressione coinvolge anche le ong. Poche settimane fa Memorial, la storica associazione a difesa dei diritti umani, ha dovuto chiudere le sue attività in Russia per evitare gli arresti.

Se la situazione è ostica per i media internazionali lo è di più per quelli russi indipendenti come Meduza e Novaya Gazeta (un periodico russo libero che esce due volte a settimana e il cui direttore è Dmitry Muratov, vincitore del premio Nobel per la pace nel 2021). Tra le firme di punta di Novaya Gazeta si ricorda la giornalista Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca nel 2006 per via delle sue inchieste sul mondo politico e criminale russo.

Meduza

A spiegare il contesto in cui i media indipendenti si trovano a lavorare in Russia è la stessa Galina Timchenko, amministratrice delegata e tra i fondatori di Meduza, un’altra testata indipendente con sede a Riga, in Lettonia, ma che ha diversi giornalisti in Russia.

«Ci sono milioni di giovani che vivono in Russia e vogliono essere informati correttamente», dice Timchenko intervenuta a un incontro organizzato dal Forum for journalism and media con sede a Vienna.

Tra le piattaforme più usate da Meduza c’è Telegram, l’app di messaggistica che attraverso i suoi canali non solo garantisce un certo grado di protezione ma anche una rapidità di diffusione dell’informazione. «Telegram ora è una delle uscite di emergenza per i media russi», ma «non è ancora chiaro cosa ha in mente di fare il fondatore russo Pavel Durov dopo l’approvazione della nuova legge», dice Timchenko.

Non solo Telegram, Meduza arriva ai suoi lettori anche con le newsletter. È uno dei metodi di comunicazione più sicuri perché il governo non le considera, almeno per ora, un mezzo di diffusione di notizie. Inoltre, l’invio privato della mail ai singoli lettori garantisce un livello di protezione dal controllo pubblico.

Dallo scoppio della guerra, infatti, c’è stato un rapido aumento delle iscrizioni alla loro mailing list. Ma raccontare la guerra non è semplice. Le informazioni sono volatili, a volte contraddittorie, per questo i giornalisti di Meduza collaborano insieme ai colleghi ucraini: «non per coprire le notizie piuttosto per aiutare i nostri giornalisti all’interno del paese», dice Timichenko. Questo significa incontrare le fonti e facilitare il loro lavoro con le autorità. «Siamo in stretto contatto con l’ufficio di comunicazione del presidente Zelensky», aggiunge.

Novaya Gazeta

Kirill Martynov, giornalista russo e vice direttore di Novaya Gazeta, anche lui presente all’incontro del Forum for journalism and media, preferisce non parlare delle collaborazioni che il suo giornale ha con i colleghi ucraini per motivi di sicurezza. Novaya Gazeta ha circa due milioni di utenti unici giornalieri che visitano il loro sito.

Oggi oltre a Telegram Martynov dice che le notizie vengono pubblicate anche tramite Youtube, sulla piattaforma ci sono circa 45 milioni di utenti giornalieri che vivono in Russia. «Youtube è il nostro ultimo canale che ci permette di diffondere notizie a un pubblico ampio, e infatti è diventato il più grande problema per le autorità russe che non riescono ancora a bloccare il sito», anche se secondo lui e alcuni suoi colleghi è solo questione di tempo prima che le autorità russe oscurino o limitino la pubblicazione dei video sulla piattaforma.

© Riproduzione riservata