Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto per arruolare circa 150mila militari tra i 18 e i 30 anni entro il 15 luglio del 2024. Ad annunciarlo è l’agenzia di stampa russa Tass.

Secondo le nuove regole, in vigore dal 1° gennaio, la coscrizione riguarderà i giovani dai 18 ai 30 anni, ad eccezione di coloro che abbiano già compiuto 27 anni prima della fine del 2023 e di coloro che hanno 28 o 29 anni o sono in riserva. Il documento licenzia anche soldati, marinai, sergenti e sottufficiali, il cui periodo di leva è scaduto.

Lo scorso autunno, invece, sono stati arruolati per un anno ben 130mila nuove leve. Forza giovane da impiegare anche nella guerra in Ucraina, dove l’esercito di Kiev si trova in difficoltà come ha ammesso lo stesso presidente Volodymyr Zelensky che ha minacciato il ritiro dei suoi soldati nel caso in cui non arrivano le armi degli Stati Uniti.

Intanto David Petraeus, generale americano ed ex direttore della Cia, ha detto che Putin è stato avvertito sui rischi di una guerra nucleare. Lo ha detto in un’intervista al Corriere della Sera: «Non posso parlare ovviamente a nome dell'amministrazione americana, ma coloro che sono al governo hanno dichiarato pubblicamente che l'uso di armi nucleari è stato a lungo esaminato e che sono state sviluppate possibili opzioni per la risposta – ha spiegato Petraeus – Accanto a questo, sono stati sfatti sforzi per avvertire la Russia sulle possibili conseguenze dell'uso di armi nucleari e questi avvertimenti sono stati fatti arrivare anche da altri».

Terrorismo

A una settimana di distanza dall’attentato terroristico al Crocus City Hall di Mosca, dove sono morte almeno 143 persone, un’inchiesta pubblicata dal Dossier Center di Londra dimostrerebbe tramite documenti di intelligence che i servizi di sicurezza russi erano a conoscenza giorni prima della minaccia dell’Isis. Il Dossier Center è un gruppo investigativo finanziato da Mikhail Khodorkovsky, ex magnate del petrolio russo ora in esilio, e basa spesso parte del suo lavoro su fughe di notizie. In questo caso alcuni documenti proverebbero che i tagiki dell’Isis-K – il ramo asiatico dello Stato islamico – avrebbero potuto compiere un grosso attacco nel paese.

Negli ultimi giorni molti lavoratori del Tagikistan che vivono in Russia hanno deciso di lasciare il paese per paura di ripercussioni da parte delle forze di polizia dopo l’arresto di quattro tagichi accusati di essere gli attentatori di Mosca dello scorso 22 marzo. Lo ha detto all’agenzia di stampa russa Tass la viceministra del Lavoro, delle Migrazioni e dell’Impiego di Dushanbe, Shakhnoza Nodiri.

Le indagini iniziate dopo l’attacco hanno portato a una serie di arresti in tutto il paese. L’ultimo blitz delle forze speciali russe è avvenuto nelle zone residenziali di Makhachkala e Kaspiysk, in Daghestan dove secondo una nota ufficiale dell’Fsb sono state fermate «persone armate coinvolte in attività terroristiche»,

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