All’alba di mercoledì gli ucraini avrebbero lanciato la più ambiziosa operazione militare nel Mar Nero dall’inizio della guerra. Tre droni suicidi avrebbero attaccato una nave spia russa che si trovava a centinaia di chilometri dal porto ucraino più vicino, senza però arrecare danni all’imbarcazione, dicono i russi. Nel frattempo si è chiarita in parte la dinamica dell’incursione compiuta da miliziani filo-ucraini a Belgorord, la regione russa di confine.

L’attacco

Secondo il ministero della Difesa russo, la nave da ricognizione e spionaggio elettronico Ivan Khurs è stata attaccata da droni marini ucraini mentre si trovava ad oltre 400 chilometri dalle coste ucraine, nella zona di sfruttamento economico esclusivo della Turchia.

Il ministero dice che l’attacco è avvenuto intorno alle 5.30 di mattina da parte di tre barchini radiocomandanti e carichi di esplosivo, mentre la Ivan Khurs si trovava nell’area per «sorvegliare i gasdotti Turkish stream e Blue stream». Le tre imbarcazioni ucraine sarebbero state tutte distrutte a distanza e la nave non avrebbe subito danni. Il ministero ha pubbblicato un filmato in cui si vede uno dei supposti droni avvicinarsi alla Ivan Khurs mentre riceve alcuni colpi di arma leggera per poi esplodere.

Il luogo in cui è avvenuto l’attacco è ritenuto dagli esperti uno degli elementi più interessanti dell’episodio. Se si trattasse di una montatura russa, come diversi media ucraini hanno subito ipotizzato, potrebbe essere un tentativo di creare frizioni tra Turchia e Ucraina, simulando un attacco in un’area sensibili per gli interessi turchi.

Se invece fosse un autentico attacco ucraino, dimostrarebbe la crescente capacità e volontà di Kiev di estendere il conflitto, non solo via terra, ma anche sul mare. In passato, la marina ucraina aveva già utilizzato droni di questo tipo per attaccare il porto di Sebastapoli, in Crimea. La zona dove si sarebbe svolto il nuovo attacco è però ben oltre la distanza che si ritiene queste imbarcazioni possano coprire. È possibile quindi che gli ucraini abbiano utilizzato un vascello di appoggio per trasportare i droni fino a una distanza utile. Se venisse confermato il coinvolgimento di più navi, l’operazione diventerebbe la più complessa e rischiosa operazione marittina compiuta dagli ucraini sul mare.

Lo scorso aprile gli ucraini avevano già ottenuto un’importante vittoria sul Mar Nero, affondando l’incrociatore lanciamissile Moskwa utilizzando probabilmente missili antinave lanciati dalla terraferma.

L’attacco a Belgorod

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha promesso una «durissima risposta» all’incursione compiuta da gruppi paramilitari filo-ucraini nella regione di confine di Belgorod. L’attacco è iniziato lunedì, quando un gruppo di miliziani appartenenti a due gruppi russi anti Putin che combattono affianco dell’Ucraina, il Corpo dei volontari russi e la Legione della Russia libera, hanno superato il confine e occupato alcuni villaggi in territorio russo.

L’incursione è durata almeno 24 ore, ma ancora mercoledì alcuni combattenti filo-ucraini sostenevano di trovarsi ancora in Russia. Secondo il Cremlino, l’incursione è stata respinta con l’uccisione di 70 miliziani. I filo-ucraini sostengono di non aver sostenuto perdite e di aver distrutto un’intera compagnia meccanizzata russa nel corso dell’operazione.

Dall’esame delle fotografie, alcuni esperti di geolocalizzazione sono riusciti a confermare la perdita di un veicolo blindato e due camion da parte dei russi. I volontari filo-ucraini avrebbero perso almeno otto veicoli blindati, di cui almeno cinque di fabbricazione americana e forniti all’esercito ucraino.

Kiev ha smentito qualsiasi coinvolgimento diretto nell’operazione, ma alcuni militari hanno ammesso che le forze armate ucraine «cooperano» con le due unità di volontari russi. La prima e più nota delle due formazioni, il Corpo dei volontari russi, è una formazione fondata da estremisti di destra e composta in buona parte da neonazisti. Il gruppo era già stato coinvolto in una breve incursione in territorio russo durante la quale erano stati utilizzati equipaggiamenti delle forze armate ucraine.

Bakhmut e il fronte

Per il secondo giorno consecutivo, l’alto comando ucraino non riporta combattimenti a Bakhmut, la città divenuta simbolo dei combattimenti sul fronte orientale. La mancanza di comunicazione è ritenuta una conferma che il centro abitato della città è ormai completamente in mani russe.

Nel frattempo gli ucraini continuano ad attaccare i fianchi della città, dove negli ultimi giorni sono avanzati di diversi chilometri.

 

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