Il governo Netanyahu la chiama «nuova fase». Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, una «catastrofe che si sviluppa davanti ai nostri occhi». Per la Striscia di Gaza, un budello di terra densamente popolato e sotto assedio, gli attacchi di Israele via mare, via cielo, e ora anche via terra e sotto terra, hanno un solo colore: quello del buio.

Da venerdì, quando i carri armati israeliani sono entrati nel nord della Striscia, la popolazione palestinese, già privata di cibo, acqua, elettricità, assistenza, e sotto la pioggia delle bombe, si è trovata privata anche delle parole. Un black out comunicativo che ha travolto oltre ai telefoni anche internet, combinato con l’avviso di Israele ai media che «la sicurezza ai giornalisti che restano a Gaza non è garantita», fanno sì che la «nuova fase», ovvero la «catastrofe», si svolga alla cieca. E poco lucida appare anche la reazione politica che il cosiddetto fronte occidentale ha avuto sul palcoscenico globale, nel voto sulla risoluzione Onu passato a gran maggioranza, ma con gli Usa contrari, l’Europa sparpagliata, un’Italia di Giorgia Meloni che si è astenuta e lo rivendica. «Un errore», ha fatto sapere questo sabato la leader dem Elly Schlein.

Mentre al buio prosegue il massacro di civili palestinesi, e mentre l’esercito israeliano ribadisce sui social network a un popolo che ha privato di internet «spostatevi», intanto le migliaia e migliaia di persone che sono scese in piazza nelle capitali come Londra, Parigi, e in tante altre città anche italiane, mostrano tentativi dal basso di accendere la luce su Gaza e fermare la spirale di violenza.

Dal cielo e da terra

Gaza «sotto attacco in un modo mai visto prima». «Panico, paura e un totale caos»: con queste parole il corrispondente della Bbc, Rushdi Abualouf, racconta la notte di venerdì, il battesimo della «nuova fase» tuttora in corso. Già prima che iniziasse, l’ufficio per il coordinamento degli affari umanitari Onu (l’Ocha) aveva computato oltre 7mila morti palestinesi, di cui circa 3mila bambini, a Gaza, che si sommavano ai 1.400 morti per gli attacchi di Hamas contro Israele, dal 7 ottobre.

Ora la «nuova fase» è una pioggia di bombe senza sosta contro i palestinesi e «forze di fanteria, corazzate, del genio e di artiglieria che parteciperanno accompagnate dal fuoco aereo» cominciando dal nord di Gaza. Il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari spiega che continueranno anche gli attacchi via mare, e sotto terra, dove si trova la rete di cunicoli di Hamas. Questo sabato le forze israeliane riportavano di aver colpito 150 obiettivi di Hamas e averne ucciso il comandante delle forze navali.

«Andate a sud»

Sempre Hagari è comparso in un video pubblicato su Twitter: «Abitanti di Gaza, ascoltate attentamente. La vostra finestra di opportunità si sta chiudendo, tutti gli abitanti del nord di Gaza e di Gaza City si spostino a Sud». Significa giù verso il Sinai, verso quel lembo di Gaza che guarda all’Egitto, dove negli scorsi giorni tanto Israele che Usa e Commissione von der Leyen hanno sperato che in cambio di “assistenza macroeconomica” il despota Abdel Fattah al-Sisi accogliesse sfollati da Gaza. Questo sabato l’Egitto, al quale gli israeliani chiedono di aprire le porte, ha invece svergognato il governo israeliano con una dichiarazione: «Ostacoli israeliani stanno impedendo la consegna degli aiuti umanitari a Gaza perché impongono problemi logistici imposti dalla parte israeliana».

Occidente senza risoluzione

Giorgia Meloni ha provato a fugare le polemiche sull’astensione dell’Italia all’Onu avanzando la «prontezza italiana a fornire aiuti umanitari» e citando le forze dell’aeronautica militare a disposizione. Ma il nodo politico resta la violenza in corso, dalla quale si originano le urgenze umanitarie. Venerdì l’Unione europea aveva trovato il suo fragile consenso sulla richiesta di «accesso umanitario senza restrizioni e aiuto ai bisognosi tramite pause e corridoi umanitari». Poche ore dopo, i governi europei tra loro, e rispetto agli Usa, si sono di nuovo scomposti. La Giordania, partner finora di Usa e Israele, denuncia – e lo ha fatto la regina ai microfoni di Amanpour – i «doppi standard» occidentali e ha proposto una risoluzione non vincolante per una «tregua umanitaria immediata e duratura» tra forze israeliane e militanti di Hamas a Gaza. Nel pugno di contrari c’è Washington, che negli stessi frangenti faceva sapere di «non aver dato linee rosse» a Israele, c’è l’Ungheria filo-Netanyahu di Orbán, e pochi altri paesi europei. Tra i favorevoli, i paesi iberici, l’Irlanda, la Francia, con un totale di 120 paesi.

Schlein contro Meloni

Spiccano le astensioni della Germania e dell’Italia. «Era la più equilibrata delle posizioni possibili», ha detto Giorgia Meloni, mentre Antonio Tajani lamentava che «nella risoluzione non c’era una condanna a Hamas, non c’era il diritto di Israele all’autodifesa». L’astensione è «un errore», ha detto la segretaria Pd Elly Schlein, apprezzando invece la posizione spagnola. «La chiamino tregua umanitaria, la chiamino cessate il fuoco umanitario, la chiamino pausa umanitaria. Basta che si fermi questa strage di civili». Non può esserci una punizione collettiva dei palestinesi, per la leader dem.

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