Con tre parole il Segretario di stato americano Anotny Blinken ha delineato la strategia dell’amministrazione statunitense per contrastare il dominio della Cina: invest, align and compete (investire, allinearsi e competere).

Il piano strategico è stato annunciato dopo quasi un anno e mezzo dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca sul palco della George Washington university durante un evento ospitato dall’Asia society. Un discorso, quello di Blinken, che era stato rimandato a causa della sua positività al Covid-19 e che viene dopo il viaggio di Biden in Asia, dove ha lanciato l’Indo-Pacific economic framework, una partnership economica multilaterale a cui hanno aderito già una dozzina di paesi asiatici e che mira a rafforzare la cooperazione economica nella regione per contrastare la presenza di Pechino.

Il discorso di Blinken

Quello del Segretario di stato americano è stato un discorso lungo, che ha toccato diversi punti: dalla cybersicurezza alla crisi climatica passando per le questioni interne della Cina (Tibet, Hong Kong e Taiwan) alle mire espansionistiche di Pechino nel Mare cinese meridionale (definite da Blinken come illegittime).

Un discorso da bastone e carota dove da una parte Blinken ha attaccato le politiche aggressive di Pechino esponendosi come ha fatto Biden nei giorni scorsi, ma dall’altra ha anche ammirato la capacità economica e tecnologica della Cina, con la quale intende cooperare per contrastare il cambiamento climatico.

Ma la parola chiave usata da Blinken più volte nel suo discorso è stata «diplomazia». Dopo i convenevoli ha detto che l’amministrazione Biden ha intenzione di «riportare la diplomazia al centro della politica estera americana». Una linea politica in contrasto con quella adottata dal predecessore Donald Trump che si è concentrato nel rendere l’America «Great again». Tuttavia, «la portata e l’ampiezza della sfida posta dalla Cina metterà alla prova la diplomazia americana come mai visto finora», ha ammesso Blinken. Questo perché «la Cina è l’unico paese che ha sia l’intenzione di rimodellare l’ordine mondiale che il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo», ha aggiunto. Il problema, secondo l’amministrazione Biden, è che la «visione di Pechino ci allontanerebbe dai valori universali che hanno sostenuto il progresso mondiale negli ultimi 75 anni».

«La Cina è diventata più repressiva in patria e più aggressiva all’estero» ha detto il Segretario di Stato e anche se ha precisato che l’obiettivo americano non è quello di «voler bloccare la Cina nel suo ruolo di grande potenza» o limitarne l’espansione, nei fatti gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno cercato di contenere la sua influenza rafforzando il Quad (l’alleanza con India, Australia e Giappone), istituendo l’Aukus (il patto di sicurezza trilaterale tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti,) e dando vita all’Indo-pacific framework.

Mantenere una stabilità nell’Indo-Pacifico «non è solo nell’interesse degli Stati Uniti» ha detto Biden. E infatti, anche l’Unione europea sta cercando di giocare un ruolo. Bruxelles ha presentato un nuovo piano d’azione basato su «un’architettura di sicurezza regionale aperta e basata su regole, che comprenda linee di comunicazione marittime sicure, lo sviluppo di capacità e una maggiore presenza navale degli Stati membri dell’Ue nell’Indo-Pacifico», ha spiegato Nabila Massrali, portavoce dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.

L’Indo-Pacifico è il terreno principale dove si gioca la partita. E qui, gli Stati Uniti hanno l’obiettivo di modellare «l’ambiente strategico attorno a Pechino per fare avanzare la nostra visione di un sistema internazionale aperto e inclusivo», ha detto Blinken.

Le questioni interne

La platea, dove sedeva anche il senatore Mitt Romney attento alla questione cinese, ha aspettato più di metà discorso prima che Blinken citasse le questioni interne più “calde” alla Cina: gli uiguri e Taiwan. Ha definito un «genocidio» e un «crimine contro l’umanità» quello che sta accadendo nello Xinjiang a danno della minoranza uigura, ricordando che un milione di persone si trova all’interno di campi di detenzione. Mentre a Hong Kong la Cina ha imposto misure «dure» col pretesto della sicurezza nazionale.

Per quanto riguarda Taiwan il discorso è chiaro: gli Stati Uniti non tollereranno cambiamenti all’attuale status quo. Sono impegnati nel rispettare la policy della “Cina unica” e non supportano l’indipendenza dell’Isola. Durante il suo viaggio in Asia, Biden aveva invece affermato che è disposto a difendere anche militarmente l’integrità territoriale di Taiwan rischiando una crisi diplomatica con Pechino.

La risposta della Cina

Secondo quanto riporta il New York Times, la Cina ha preso posizione e ha attuato un’offensiva strategica presentando a dieci paesi del Pacifico una bozza di accordo regionale che – si legge nell’articolo – «espanderebbe il ruolo di Pechino nella polizia, nella cooperazione marittima e nella sicurezza informatica, offrendo al contempo borse di studio per oltre duemila lavoratori e giovani diplomatici».

Il documento, che prevede anche una cooperazione per la lotta al cambiamento climatico, dovrebbe essere presentato la prossima settimana alle Fiji dove il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, incontrerà alcuni suoi omologhi rappresentanti dei paesi del Pacifico.

Il ministro cinese ha iniziato ieri il suo tour asiatico, durante il quale visiterà otto stati. La prima meta sono le Isole Salomone dove firmerà un patto sulla sicurezza già anticipato nelle scorse settimane che prevede, tra le altre cose, la possibilità di schierare navi da guerra cinesi nel Pacifico, a circa duemila chilometri dalle coste dell’Australia.

Non solo. Mercoledì le autorità militari di Pechino hanno annunciato anche esercitazioni militari nelle acque e nello spazio aereo intorno a Taiwan, come chiaro messaggio di risposta alle dichiarazioni di Joe Biden. Nonostante Blinken nel suo discorso ha più volte precisato che gli Stati Uniti non hanno intenzione di entrare in conflitto con la Cina e che hanno l’obiettivo di perseguire la pace con un «nuovo approccio di deterrenza inclusiva», gli equilibri internazionali stanno cambiando e nulla può essere preso per scontato.

© Riproduzione riservata