La polizia dello stato americano del Kentucky ha avviato le pratiche del licenziamento dei due agenti di Louisville accusati di essere coinvolti nell’uccisione dell’afroamericana 26enne, Breonna Taylor il 13 marzo scorso. Taylor è stato uccisa a Louisville a seguito dell’irruzione della polizia nel suo appartamento. Gi agenti avevano effettuato il raid credendo che la donna fosse coinvolta in un giro di spaccio di droga. La ragazza era andata a dormire dopo avere visto un film con il suo compagno. Dopo avere sentito alcuni rumori l’uomo aveva sparato dei colpi contro gli agenti credendo fossero dei ladri. I proiettili sparati dal poliziotto avevano ucciso la donna. Secondo il capo della polizia di Louisville, le azioni degli agenti «hanno screditato l’intero corpo di polizia». L’agente che ha sparato i colpi mortali contro Taylor è già stato licenziato perché accusato di avere sparato vicino all’abitazione della donna.

Le proteste  e gli altri casi

La notizia del licenziamento degli agenti coinvolti nell’omicidio di Breonna Taylor segue di un giorno quella della radiazione dalle forze dell’ordine dell’Ohio dell’agente accusato di avere ucciso «senza motivi» il 47enne afroamericano Andre Hill. L’uomo era stato ucciso nonostante fosse disarmato mentre si trovava in un garage vicino a un’abitazione dove erano stati segnalati movimenti sospetti. I casi di Taylor e Hill non sono purtroppo rimasti isolati. Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti sono stati travolti da ondate di proteste contro le continue violenze della polizia dirette verso gli afroamericani. A fare scoppiare la miccia delle manifestazioni è stato a fine maggio il caso di George Floyd morto soffocato sotto il ginocchio di un agente che lo teneva immobilizzato nonostante le sue richieste di aiuto. La situazione nel paese è rimasta molto tesa anche a causa delle uccisioni di altri afroamericani tra cui Walter Wallace, ucciso a Philadelphia dalle forze dell’ordine. La sua morte ha scatenato diversi scontri che hanno portato al ferimento di trenta agenti.

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