Nel dibattito pubblico italiano è scoppiata la polemica dopo che diversi articoli di stampa hanno riportato che il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, abbia posto come condizione per la pace la restituzione della Crimea all’Ucraina, andando oltre il suo ruolo di rappresentante dell’Alleanza atlantica e ingerendo negli affari interni del governo di Kiev.

Le dichiarazioni di Stoltenberg sono arrivate dopo che venerdì 6 maggio il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è tornato a parlare di negoziati e, sempre secondo la stampa, ha fatto presagire di accettare anche l’attuale status della Crimea per arrivare alla pace. Ma cosa è accaduto realmente? E cosa hanno detto Stoltenberg e Zelensky?

Le dichiarazioni di Zelensky

Lo scorso venerdì, il presidente ucraino Zelensky ha tenuto un lungo intervento di un’ora alla Chatam House, noto think tank di Londra.

Durante il suo discorso, che è pubblico e postato anche sul canale Youtube del The Independent, Zelensky è tornato a parlare di negoziati. La domanda che ha portato alla polemica è quella formulata da un giornalista della Bbc, il quale ha chiesto al presidente ucraino quali fossero le condizioni minime che gli ucraini sono disposti ad accettare per arrivare a un trattato di pace. La domanda si concludeva con una richiesta specifica: «Accetteresti un ritorno russo alle posizioni del 23 febbraio?».

La risposta del presidente Zelensky è stata la seguente: «Prima di tutto voglio ribadire che io sono stato eletto dai cittadini per essere il presidente dell’Ucraina e non di una mini Ucraina, questo è un elemento importante. Noi dobbiamo raggiungere un accordo per fermare l’uccisione di civili e usare i canali diplomatici per riprendere il nostro territorio. Penso che per fermare la guerra è indispensabile che le truppe russe ritornino almeno fino alle posizioni del 23 febbraio. I russi devono rientrare lungo le linee di contatto e ritirare le loro truppe. Solo in quel caso ritorneremo a discutere di pace normalmente. Nonostante loro hanno distrutto tutto i nostri ponti fisici, metaforicamente non tutti sono andati distrutti».

Sicuramente è una frase che si appresta a diverse interpretazioni dato che non si parla esplicitamente di Crimea, di Donbass o di altri confini specifici. C’è chi ha letto nella risposta di Zelensky un’apertura verso le trattative accettando di fatto l’annessione della Crimea in mano ai russi, così come la restante parte del Donbass che era già sotto il controllo delle milizie separatiste prima dell’invasione.

In realtà, basandoci su ciò che ha pronunciato Zelensky, il ritorno delle truppe russe alle posizioni del 23 febbraio è la condizione indispensabile per tornare a trattare seriamente al tavolo dei negoziati e arrivare a un accordo poi da definire tra le parti. Infatti, subito dopo l’intervista alla Chatam House, uno dei consiglieri di Zelensky ha detto che per raggiungere una soluzione in Crimea, il presidente ucraino dovrò trattare e parlare direttamente con Vladimir Putin, essendo una questione delicata.

La risposta di Stoltenberg

Mentre tutti i media hanno interpretato le dichiarazioni di Zelensky come un chiaro segnale di apertura, la risposta del Segretario Nato Jens Stoltenberg a un’intervista rilasciata al Die Welt è stata vista come una presa di posizione netta e una chiusura contro i desideri di pace della delegazione ucraina.

Alla domanda: «Dal punto di vista dei paesi Nato come si può mettere fine a questa guerra?» Stoltenberg ha risposto: «L’Ucraina deve vincere questa guerra perché sta difendendo il proprio paese. L’annessione illegale della Crimea non sarà mai accettata dai membri della Nato. Sosterremo l’Ucraina fino a quando il presidente Putin porterà avanti questa guerra. Saranno però il governo e il popolo ucraino a decidere in maniera sovrana su una possibile soluzione di pace».

Una risposta che difficilmente può dare vita a equivoci se pubblicata integralmente. In un primo momento Stoltenberg riporta la posizione della Nato sulla questione, ovvero che l’Alleanza non è disposta ad accettare un’annessione illegale della Crimea (ribadendo la linea che i paesi Nato hanno assunto dal 2014), e poi specifica che comunque «saranno però il governo e il popolo ucraino a decidere in maniera sovrana su una possibile soluzione di pace». Dov’è quindi la polemica?

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