La musica allegra, il chiacchiericcio conviviale, l’atmosfera di festa, lo spettacolo pirotecnico appena concluso ancora impresso negli occhi sono stati di colpo interrotti dalle urla di paura della gente che scappava lungo la Promenade di Nizza con un camion che si gettava sui presenti a tutta velocità. Ottantasei morti e oltre 450 feriti che, a più di sei anni dall’accaduto, presto avranno giustizia. È cominciato, infatti, oggi, 5 settembre 2022, il processo che andrà avanti per tre mesi con udienze trasmesse in diretta, contro i presunti responsabili della cosiddetta Strage di Nizza, avvenuta nella notte tra il 14 e il 15 luglio 2016. 

I fatti

Il 14 luglio è festa nazionale in Francia, una data che commemora un evento cruciale nella storia del paese: la presa della Bastiglia e il conseguente inizio della Rivoluzione francese. In tutto il territorio, in quella giornata, si svolgono feste e concerti, anche a Nizza.

Sono circa le 22.30. Nel pomeriggio c’è stato il canto della Marsigliese, poi le squadriglie aeree e quelle di terra hanno sfilato. Poi sono seguiti i tradizionali concerti: quello grande sulla place Massena e quelli negli altri angoli della città. Infine, lo spettacolo pirotecnico durato 20 minuti. Intanto da un cellulare parte un messaggio: «Invia più armi».

La gente si sta allontanando sulla Promende in attesa che festeggiamenti e musica riprendano, quando un camion, procedendo a zig zag, falcia molti dei presenti causando 86 morti, tra cui 6 italiani, e centinaia di feriti. Alla guida c’è lo stesso uomo che aveva inviato l’sms, si chiama Mohamed Lahouaiej-Bouhlel. Il trentunne, che è stato ucciso dalla polizia pochi minuti dopo l’attentato, è un tunisino noto alle forze dell’ordine francesi per violenza e uso di armi ma «ignoto ai servizi segreti, sia a livello nazionale sia locale», come ha precisato il procuratore di Parigi, Francois Molins.

Mohamed Lahouaiej-Bouhlel: il ritratto dell’attentatore

Mohamed era nato a Msaken, nel nord est della Tunisia ma all’epoca dell’attentato era da tempo residente a Nizza. Autista di mezzi pesanti, era sposato e aveva tre figli. Tuttavia, come è stato appurato nei giorni seguenti, i rapporti con la famiglia erano tesi: la moglie aveva, infatti, chiesto un divorzio e l’uomo era stato indagato per violenze domestiche. Per questi motivi, alcuni conoscenti hanno detto che negli ultimi tempi l’uomo era «nervoso, depresso e instabile».

Non andava meglio con la famiglia di origine, che, come è stato confermato anche dalle autorità tunisine, non vedeva da anni. Secondo i media tunisini, il padre era un uomo vicino agli ambienti dell'estremismo islamico e iscritto al partito religioso Ennadha.

Alcuni parenti di Bouhlel sarebbero stati condannati durante il regime autoritario di Ben Alì, approfittando poi dell'amnistia per uscire di prigione. Nonostante l’attentato è stato rivendicato dal sedicente Stato islamico, le testimonianze dei vicini raccolte dopo l’attentato convergevano nel descrivere il trentunenne come scarsamente praticante, tanto che, hanno detto, aveva iniziato il digiuno per il Ramadam interrompendolo poco dopo, andava poco in moschea e amava la compagnia delle donne.

Nei giorni precedenti all’attentato aveva fatto diversi sopralluoghi e il 14 luglio era riuscito a passare i controlli fingendosi un trasportatore di gelati. Durante i festeggiamenti aveva mandato al fratello una foto per renderlo partecipe dei momenti spensierati.

Le indagini e l’individuazione degli altri otto responsabili

Dalle indagini è emerso che Mohamed aveva recentemente detto a un amico di non comprendere perché l’Isis non potesse avere diritto a un proprio territorio e dalla sua cronologia sono emerse ricerche su video violenti, immagini di decapitazioni e incidenti mortali. Nonostante il sito Amaq News Agency, che si dice essere affiliato all'Isis, abbia affermato che Bouhlel era un soldato dello stato islamico, gli inquirenti non sono riusciti a trovare legami documentabili tra l’uomo e l’associazione terroristica.

L’inchiesta ha portato all’accusa di altre otto persone, vicine a Mohamed o ritenute suoi intermediari per l’approvvigionamento di armi, che ora sono sul banco degli imputati. Si tratta di Kevin Arefa, Chokri Chafroud e Mohamed Ghraieb, ritenuti resposabili di associazione a delinquere di stampo terroristico e arrestati, e Maksim Celaj, Endri Elezi, Artan Henaj, e Enkeledja Zace, accusati, invece, di traffico di armi e per il momento in regime di libertà. Brahim Tritou, che avrebbe anche lui avuto un ruolo nella fornitura a Bouhlel di armi, ha violato la libertà vigilata ed è, allo stato attuale, ricercato.

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