Dopo 500 giorni di assedio la città sudanese di El Fasher è caduta nelle mani dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf). Le Forze armate sudanesi (Saf) hanno così perso l’ultimo baluardo nel Darfur settentrionale e con questo il controllo dell’intera regione. Il presidente del Consiglio sovrano, Abdel Fattah Al Buhran, ha confermato l’accaduto: «Il Sudan risorgerà grazie alla forza del suo popolo e all’unità delle sue truppe».

Il «suo popolo» viene però affamato e ucciso da più di due anni, anche con il suo contributo e arrivano già notizie da El Fasher che parlano di esecuzioni sommarie e pulizia etnica mirata per le strade.

La guerra civile

Dal 2023 in Sudan è in corso una guerra civile tra generali rivali, entrambi accusati di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. La faida, finanziata anche da potenze straniere tra cui gli Emirati arabi uniti, ha causato almeno 150mila morti e 14 milioni di sfollati: una delle peggiori crisi umanitarie nel mondo. El Fasher è stata posta sotto assedio nell’aprile 2024 dalle truppe del generale Mohamed Hamdan Dagalo. Tra droni, bombe e mercenari stranieri, le Rsf hanno anche saccheggiato ospedali e bloccato nella città 260mila persone che vivono da mesi senza cibo, acqua e medicine. Alcuni, soprattutto bambini, sono stati costretti a mangiare cibo per animali mentre circa un milione di abitanti sono riusciti invece a fuggire.

Esecuzioni sommarie

In uno dei tanti video che stanno circolando online, si vedono membri delle Rsf sparare a bruciapelo a dei civili seduti a terra. Altri filmati mostrano decine di persone morte accanto a veicoli bruciati. Non c’è modo di verificare l’autenticità dei filmati ma in una dichiarazione ufficiale le forze dell’esercito sudanesi hanno accusato le fila dei paramilitari di aver giustiziato oltre 2mila civili disarmati solo negli ultimi giorni.

Anche in questo caso è difficile verificare le affermazioni, ma il laboratorio di ricerca umanitaria dell’università di Yale, che monitora il conflitto, ha avuto accesso a immaginari satellitari che proverebbero le accuse.

La città «sembra essere coinvolta in un processo sistematico e intenzionale di pulizia etnica delle comunità indigene non arabe Fur, Zaghawa e Berti attraverso sfollamenti forzati ed esecuzioni sommarie», fanno sapere da Yale. Alcuni vengono uccisi nella città mentre altri vengono intercettati mentre cercano di fuggire. Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni da domenica più di 26mila persone sono scappate dai combattimenti, cercando un rifugio sicuro.

Le reazioni

Al momento è impossibile stimare con esattezza il numero delle vittime. L’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha lanciato l’allarme: «Ricordo ai combattenti delle Rsf i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, garantire la protezione ai civili e il passaggio di rifornimenti essenziali e assistenza umanitaria».

Alle parole di Türk, hanno fatto seguito quelle del presidente della Commissione dell'Unione africana, Mahamoud Ali Youssouf, che si dice «profondamente preoccupato per l'escalation di violenza e le atrocità segnalate a El Fasher» e «condanna con la massima fermezza le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, inclusi presunti crimini di guerra e uccisioni di civili per motivi etnici».

Le Rsf non sono nuove a questo tipo di azioni. Già nel 2023, quando avevano conquistato Geneina, la capitale del Darfur occidentale, avevano ucciso almeno 15mila civili appartenenti per lo più a gruppi non arabi.

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