Dopo che il vertice di pace per Gaza e la "questione palestinese", organizzato in fretta e furia dall'Egitto di Al-Sisi al Cairo, si è concluso con un pesante fallimento diplomatico e senza una dichiarazione finale congiunta dei 34 paesi e organizzazioni internazionali che vi avevano partecipato, fra cui l’Italia, la tensione non cessa di salire nel Medio Oriente. I pompieri chiamati d’urgenza non si messi d’accordo su come operare e l’incendio rischia di espandersi.

Israele continua a preparare l'invasione di terra e un colpo partito da un tank israeliano ha colpito accidentalmente un posto di blocco egiziano alla frontiera. L’esercito israeliano ha espresso immediato rincrescimento per l’incidente e ha informato che si procederà a un’indagine. In questo clima intossicato basta un colpo sparato fuori bersaglio a far deflagrare una guerra regionale. Questo è il timore delle cancellerie e di Papa Francesco che ieri ha avuto una lunga telefonata con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. La conversazione, durata circa 20 minuti, ha avuto come argomento le situazioni di conflitto nel mondo e il bisogno di individuare percorsi di pace. Francesco all’Angelus si era detto «molto preoccupato, addolorato» per la «grave situazione umanitaria a Gaza» e per i raid contro «l'ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa».

Intanto i combattenti di Hamas si sono scontrati con le truppe israeliane all'interno di Gaza secondo fonti delle Brigate Al-Qassam del gruppo palestinese, in quella che sembra essere una delle prime scaramucce tra le due parti sul terreno all'interno della Striscia da quando è scoppiata la guerra il 7 ottobre.

L’intervento di Blinken

Il segretario di stato americano Antony Blinken ha avvertito che Washington vede il rischio di un'escalation nella guerra in corso in Medio Oriente per via dell'Iran e dei suoi alleati nella regione. «Israele non può tornare allo status quo ma non ha intenzione di governare Gaza», ha detto ancora Blinken in un'intervista con Nbc news. Per questo gli Usa hanno dispiegato altri sistemi di difesa aerea in Medio Oriente. Il Pentagono ha infatti comunicato che si sta muovendo per aumentare la propria presenza militare in Medio Oriente, ordinando l'attivazione di sistemi di difesa aerea «in tutta» la regione e ha annunciato che anche altre forze statunitensi che potrebbero essere dispiegate a breve. Si tratterebbe di una risposta alle «recenti escalation dell'Iran e delle sue forze per procura in tutto il Medio Oriente», cioè Hezbollah, Hamas e Houthi nello Yemen. Non sono stati però resi noti i numeri delle forze che verranno dispiegate.

Il monito di Netanyahu a Hezbollah

Anche il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha minacciato «conseguenze distruttive per gli Hezbollah e per il Libano» se quella milizia filo-iraniana decidesse di scatenare una guerra piena contro Israele.

'«Ancora non sappiamo se gli Hezbollah siano intenzionati ad andare ad un conflitto totale - ha detto il premier, durante un sopralluogo al confine nord - se lo facessero, proverebbero poi nostalgia per la guerra del 2006. Sarebbe per loro un errore fatale. Noi li colpiremmo allora con una potenza che nemmeno si immaginano, con conseguenze distruttive per loro e per lo Stato del Libano».  

E sul medesimo tema è intervenuto anche il ministro dell’Economia, Nir Barkat in una intervista al quotidiano inglese Daily Mail: «Il piano dell'Iran è di attaccare Israele su tutti fronti. Se realizziamo che vogliono attaccare Israele, non solo su tutti i nostri fronti, noi attaccheremo la testa del serpente, l'Iran». L’aviazione di Israele ha colpito, come non accadeva da anni, una moschea in Cisgiordania, a Jenin, cosa che i funzionari dell’Autorità palestinese hanno definito una «pericolosa escalation».

La situazione in Gaza

Le prime sei autocisterne di carburante per alimentare i generatori di due ospedali sono entrate nella Striscia di Gaza, secondo un funzionario al valico di Rafah e confermato all’Afp dall’l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e una fonte egiziana. Inoltre diciassette camion umanitari hanno attraversato il valico egiziano di Rafah verso la Striscia di Gaza, bombardata e assediata da Israele, il secondo convoglio in due giorni destinato al territorio palestinese dall'inizio della guerra tra Israele e Hamas.

Una goccia nel mare secondo l’Onu. Secondo il corrispondente per il Medio Oriente dell’Economist, Gregg Carlstrom, la situazione a Gaza è sintetizzata in questi termini: «Ambulatori senza anestesia e con solo telefoni cellulari come luce. Aceto del negozio all'angolo come disinfettante. 5.000 pazienti in un ospedale costruito per 700 persone, alcuni dormienti sul pavimento. Niente elettricità, niente acqua pulita, poco carburante». 

A Gaza sarebbe salito a 4.651 il numero dei morti per gli attacchi di Israele, secondo il ministero della Sanità locale secondo cui i feriti sono ora 14.245. Nessuna fonte indipendente può confermare i dati forniti da Hamas perché le autorità impediscono ai giornalisti di recarsi nella Striscia.

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