Non c’è pace sulle fonti fossili. Mosca minaccia sia sul gas sia sul petrolio mentre l’Unione europea architetta le contromisure sul metano e il G7 ha deciso approvare il tetto al prezzo sul petrolio per fermare lo strapotere di Vladimir Putin sulle risorse fossili.

I ministri delle Finanze riuniti a Elmau, in Germania, hanno spiegato che il “cap” si applicherà tramite un blocco del trasporto di tutto il greggio di origine russa che non sarà acquistato a prezzi più bassi: «Oggi confermiamo la nostra intenzione politica congiunta di finalizzare e attuare un blocco complessivo ai servizi che consentono il trasporto marittimo di petrolio greggio e prodotti petroliferi di origine russa nel mondo», riporta la dichiarazione congiunta.

«La fornitura di tali servizi sarebbe consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi fossero acquistati a un prezzo uguale o inferiore a un valore ('price cap') determinato dall'ampia coalizione di paesi che vi aderisce e attua tale misura».

Il price cap è specificamente concepito «per ridurre le entrate russe e la capacità della Russia di finanziare la sua guerra di aggressione, limitando al contempo l'impatto della guerra russa sui prezzi globali dell'energia». Secondo la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, «aiuterà a dare un grande colpo alle finanze della Russia» e «sarà uno degli strumenti più potenti che abbiamo per combattere l'inflazione».

Il petrolio

Sul petrolio si è discusso meno da quando l’Unione Europea ha fissato l’embargo totale a partire dal 2023 ma mentre la guerra va avanti il G7 ha deciso di andare oltre e approvare il tetto al prezzo degli acquisti globali di petrolio russo con tempi simili rispetto all’applicazione dell’embargo europeo. Il Financial Times parla infatti del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio 2023 per i prodotti raffinati.

Una volta reso ufficiale il sostegno del G7, i diplomatici dovranno occuparsi di convincere i paesi Ue a modificare il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, passo tuttavia considerato non facile visto che era arrivato solo dopo lunghe trattative e con l’esonero dell’import via oleodotto.

Il compromesso raggiunto dal Consiglio europeo del 30-31 maggio dispensava l’oledotto Druzhba, che arriva in Ungheria e Germania, e fissava una seconda deroga per Bulgaria e Croazia, «temporaneamente» autorizzate ad acquistare greggio anche via mare.

La Russia fa mostra di non essere preoccupata. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che il petrolio russo che non andrà in Europa, «andrà in direzioni alternative ai paesi che lavorano a condizioni di mercato». E ha aggiunto che Mosca ha interloquito con gli altri paesi esportatori: «Il vicepremier Novak, che mantiene i contatti con l’Opec, ha detto in modo inequivocabile e chiaro che i Paesi che si uniranno alla misura del tetto massimo del prezzo non saranno tra i destinatari del petrolio russo», ha spiegato Peskov.

Gas

Nella dichiarazione congiunta dei ministri si legge l’apprezzamento all’Europa per il mandato “esplorativo” per trovare un tetto anche al prezzo del metano: «Accogliamo con favore la decisione dell'Unione europea di esplorare con i partner internazionali le modalità per contenere l'aumento dei prezzi dell'energia, compresa la possibilità di introdurre tetti temporanei ai prezzi delle importazioni», spiegano i ministri delle Finanze.

Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno di manutenzione del gasdotto Nord Stream, ma il Cremlino continua a dire di non essere certo sulla sua resa tecnica.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha ribadito l’importanza di fissare un tetto ai prezzi del gas e ha rimarcato ancora una volta la necessità di contrastare quelli che ha indicato come i tentativi del presidente russo, Vladimir Putin, di manipolare il mercato dell'energia europeo: «Credo fermamente che sia arrivato il momento di fissare un tetto massimo al prezzo sul Gas russo diretto in Europa», ha detto ai giornalisti a margine di un incontro dei deputati conservatori nella città di Murnau, in Baviera.

Le accuse di Mosca

La versione di Mosca è che l'affidabilità del gasdotto Nord Stream è stata messa in pericolo per le dotazioni tecnologiche, da settimane va avanti la diatriba sulla turbina Siemens che a dire di Gazprom sarebbe bloccata dalle sanzioni. A quanto riportava Reuters, citando una fonte della compagnia, il gasdotto era previsto che ripartisse come pianificato il 3 settembre, nel pomeriggio però Gazprom ha comunicato un nuovo guasto: Il colosso energetico russo ha annunciato la sospensione delle attività di pompaggio presso lo stabilimento di gas liquefatto di Portovaya, a nord-ovest di San Pietroburgo, all'inizio del gasdotto Nordstream.

In una nota si legge che è stata rivelata una perdita di olio alla turbina nord della stazione di Portovaya e che quindi non può operare in sicurezza a causa del danno subito. Per questo, prosegue il testo senza indicare una data di riapertura, la stazione resterà chiusa fino a quando verranno effettuate le riparazioni necessarie.

I giornalisti in mattinata hanno chiesto al portavoce del Cremlino Peskov se in futuro ci saranno ulteriori riparazioni: «Non ci sono riserve tecnologiche; una turbina sola sta lavorando. Fate i conti».

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