Sentenza record per insulti alla monarchia. Un tribunale thailandese ha condannato un ex funzionario pubblico a una pena detentiva di 43 anni e sei mesi per aver violato la legge sull'insulto e la diffamazione che protegge la monarchia thailandese. Sono ventinove i capi d’accusa rivolti dal tribunale penale di Bangkok nei confronti di una donna per aver pubblicato su Facebook e Youtube commenti critici diretti alla monarchia.

La donna, di nome Anchan, ha inizialmente negato le accuse di fronte al tribunale militare, ma si è dichiarata colpevole di fronte al tribunale penale sperando in una sentenza benevola dovuta alla sua collaborazione. La sessantenne ha lavorato come funzionario pubblico per oltre quarant’anni ed è stata arrestata un anno prima del suo pensionamento.

«Pensavo che non fosse niente. C'erano così tante persone che hanno condiviso questo contenuto e lo hanno ascoltato», ha detto Anchan. Il tribunale ha inizialmente imposto una condanna a 87 anni di carcere, ma poi l'ha dimezzata perché la donna si è dichiarata colpevole. Il suo caso risale a sei anni fa, dopo il colpo di stato militare del 2014 guidato da Prayuth. È stata già incarcerata dal gennaio 2015 al novembre 2018.

«Il verdetto di oggi è scioccante e manda un segnale agghiacciante che non solo le critiche alla monarchia non saranno tollerate, ma saranno anche severamente punite», ha detto Sunai Phasuk, un ricercatore senior di Human Rights Watch ad Al Jazeera.

La violazione della legge sulla lesa maestà è punibile con tre o quindici anni di reclusione e permette di condannare anche i semplici “like” di un post su Facebook. Uno dei lati più controversi è che chiunque, oltre i reali o le autorità, può presentare la denuncia. La legge è stata spesso usata come arma politica per reprimere il dissenso, ma nell’ultimo anno i giovani thailandesi hanno iniziato a chiedere ulteriori riforme criticando il potere eccessivo della monarchia. Dopo il suo insediamento, il re Maha Vajralongkorn, salito al trono nel 2016 dopo la morte di suo padre, ha informato il governo che non desiderava l’applicazione della legge sulla lesa maestà. Tuttavia è stato il primo ministro a spingere per un utilizzo massiccio della norma, viste le proteste degli ultimi mesi che presumibilmente diventeranno ancora più incandescenti.

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