Se Donald Trump dovesse vincere sarebbe la terza volta, nelle ultime sei elezioni, in cui un repubblicano ottiene la presidenza senza essersi aggiudicato il voto popolare. Questo grazie ad un antico sistema basato sui voti del collegio elettorale che si sta rivelando inadatto a rappresentare il volere di un’America sempre più eterogenea e urbanizzata. Eppure parte del suo discorso va proprio a minare le fondamenta di quello stesso sistema che lo ha portato al potere. Questa notte, parlando dalla Casa Bianca, ha fatto dichiarazioni fortissime, insinuando che si stesse continuando a votare quando invece si stanno contando i voti espressi entro il 3 novembre, secondo quanto previsto dalle leggi dei singoli stati. «Vogliamo che il voto si fermi», ha detto davanti a centinaia di ospiti nella East Room. E poi si è detto pronto a ricorrere alla corte suprema ormai decisamente sbilanciata in senso conservatore, con tre dei nove giudici nominati da lui. In ogni caso non è chiaro quali argomenti potrebbe portare davanti alla corte e ovviamente non è detta che i giudici da lui designati lo appoggino.

La sfacciataggine con cui si è dichiarato vincitore senza attendere il risultato - ancora assolutamente incerto - di alcuni stati determinanti per l’esito, e la sicurezza con cui ha diffuso un messaggio fuorviante e allarmante per l’elettorato, parlando di “frode”, non ha precedenti. Il manager della campagna di Joe Biden ha definito il discorso di Trump «oltraggioso», «un tentativo lampante» di strappare ai cittadini americani i loro diritti. 

Le condanne alle sue dichiarazioni sono arrivate anche dal fronte repubblicano. L’ex governatore del New Jersey, Chris Christie, alleato di Trump, ha espresso la sua disapprovazione in un’intervista ad ABC, dicendo che le sue affermazioni erano senza fondamenta. Stessa cosa vale per Rick Santorum, ex senatore della Pennsylvania candidatosi alle presidenziali del 2012 e del 2016, che ai microfoni di CNN si è detto “afflitto”. Lo stesso vice di Trump, Mike Pence, parlando alla nazione subito dopo Trump, si è affrettato a correggere il tiro, limitandosi a dire che rimarranno “attenti” mentre i voti continuano ad essere contati.

La retorica di Trump basata su ipotetiche - e non comprovate - frodi elettorali dura ormai da mesi, e il fatto che al termine di questa giornata possa sembrare in vantaggio, con buone probabilità di ottenere almeno 270 voti del collegio elettorale, renderà difficile una sua resa qualora al termine del conteggio delle schede, che potrebbe arrivare anche a giorni, Biden dovesse invece risultare vincitore. Quello che molti americani temono, ovvero una storica battaglia legale che potrebbe anche sfociare in proteste e violenze nelle strade, non è un’ipotesi poi così remota. 

Già questa notte in diverse città americane, da Chicago a Los Angeles, si sono riuniti gruppi di manifestanti in attesa dei risultati. Si è trattato per di più di proteste pacifiche ma in alcuni casi la polizia ha disperso la folla con i gas e effettuato arresti. La manifestazione più significativa si è tenuta a Washington DC, proprio nei pressi della Casa Bianca, in cui si sono riunite un migliaio di persone, molte delle quali a sostegno del movimento Black Lives Matter. La Casa Bianca era stata recintata proprio ieri con una rete metallica alta circa due metri e mezzo, e più in generale nel centro delle maggiori città molti negozi hanno voluto prepararsi al peggio, installando delle protezioni di compensato davanti a ingressi e vetrine.

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