Il presidente vuole azzerare l’amministrazione a tempo record. Milioni di missive ai dipendenti pubblici per lasciare il posto: chi non accetta non avrà garanzie. I briefing presidenziali si aprono a influencer e podcaster. Dietrofront sullo stop ai fondi federali
Nella deliberata confusione creata da Donald Trump nelle prime settimane di governo sta emergendo chiaramente una priorità: ridurre drasticamente il peso della burocrazia federale. L’amministrazione fa retate di clandestini, minaccia dazi ed eventualmente annessioni, straccia i corsi Dei e altre iniziative woke, ma quello che domina è lo spirito di Doge, l’agenzia per l’efficientamento e la razionalizzazione affidata a Elon Musk.
Ieri è arrivata l’iniziativa più clamorosa: l’Ufficio personale della Casa Bianca ha inviato a 2,3 milioni di dipendenti pubblici l’offerta di “dimissioni differite”: chi accetta potrà smettere di lavorare da subito e riceverà lo stipendio fino al 30 settembre. I dipendenti hanno tempo fino al 6 febbraio per decidere se accettare o meno l’incentivo all’esodo. Per accettare è sufficiente risponde all’e-mail scrivendo “resign” nell’oggetto.
Per chi non accetterà il pacchetto di uscita, si vedrà. «In questo momento non possiamo darvi piena assicurazione sulla vostra posizione o agenzia, ma se la posizione dovesse essere eliminata sarete trattati con dignità e vi saranno garantite le protezioni previste», dice il messaggio.
Musk ha fatto notare che 8 mensilità come pacchetto di uscita è il massimo che lo stato federale può offrire ai dipendenti senza che al Congresso passi un’apposita legge, e lo ha definito un accordo «equo e generoso». La Casa Bianca si aspetta che fra il 5 e il 10 per cento dei dipendenti accetti l’offerta, un taglio che farebbe risparmiare circa 100 miliardi di dollari.
L’iniziativa arriva il giorno dopo che l’amministrazione, tramite un memorandum dell’ufficio Budget della Casa Bianca, ha bloccato centinaia di miliardi di finanziamenti e prestiti diretti a stati, enti locali e piccole imprese. Un giudice federale ha bloccato in extremis il provvedimento, ma soltanto fino a lunedì, quando un’altra corte dovrà pronunciarsi sulla decisione.
Poi, dopo l’uragano di critiche, preoccupazioni e il caos provocati, è arrivato anche il dietrofront della stessa Casa Bianca: l’ufficio budget, rivela il Washington Post, ha revocato l’ordine di congelamento delle sovvenzioni federali.
Ma l’amministrazione continua a muoversi a velocità smodata, e i critici non fanno in tempo a organizzare un moto di protesta per una decisione che subito vengono travolti da un’altra, più esagerata e oltraggiosa della precedente.
Lo smantellamento e ricostruzione del corpaccione dello stato amministrativo è però il progetto che li ricomprende tutti, è la “fork in the road” che dà il titolo al messaggio ai dipendenti, il bivio sulla strada che è l’ossessione di Musk, l’uomo che qualche anno fa ha commissionato un’opera d’arte con questo nome: una forchetta conficcata nel terreno, dalla quale partono due strade, una va verso il mondo nuovo, l’altra verso il nulla.
Gli avversari
L’amministrazione è impegnata anche nell’attività vendicativa e punitiva, fondamentale, nella logica di Trump, in questa prima fase. Il segretario della Difesa, Pete Hegseth, ha comunicato al generale Mark Milley, a capo delle Forze armate fino alla pensione, nel 2023, che non avrà più la scorta.
Contestualmente ha dato mandato all’ispettorato generale del Pentagono di aprire un’indagine su di lui, per accertare se sia «appropriato» rivedere il suo grado. La colpa di Milley è di essersi opposto a Trump. Alla cerimonia per il suo congedo ha ricordato ai militari che hanno «prestato giuramento alla Costituzione, non a un re, una regina, un tiranno, un dittatore, e non hanno giurato fedeltà a una persona che vorrebbe fare il dittatore».
Il capo di gabinetto di Hegseth ha spiegato che «mettere in dubbio la catena di comando è corrosivo per la nostra sicurezza nazionale e riportare la credibilità è una priorità del dipartimento della Difesa». Trump aveva detto tutte queste cose in modo appena più diretto: Milley è un traditore e merita la pena di morte. Ed ecco che la macchina amministrativa, che in certi casi è utile e deve essere ben finanziata, si muove per procedere alla revisione degli avversari.
Nuovi media
Fra le nuove iniziative della Casa Bianca di Trump c’è anche il coinvolgimento nella sala stampa di nuovi media e creatori di contenuti a vario titolo, allargamento fortemente voluto dallo stesso Trump e – al solito – caldeggiato da Musk, che su X continua a ripetere il mantra della disintermediazione: «You are the media». La segretaria della sala stampa, Karoline Leavitt, ha detto che saranno ammessi «giornalisti indipendenti, podcaster e influencer» e nel frattempo saranno reintegrati decine di organi di stampa che «sono stati ingiustamente tenuti fuori dalla precedente amministrazione».
«Se create contenuti informativi e siete veri giornalisti indipendenti siete i benvenuti», ha detto Leavitt, che ha assegnato la prima domanda in assoluto del secondo mandato di Trump a Mike Allen, che è sì il rappresentante di un media “nuovo” come Axios, ma è anche il più navigato dei veterani della cronaca politica di Washington. I nuovi media siederanno a lato del podio della sala stampa, dove prima stavano i membri dello staff.
Ieri la prima giornata delle audizione di Robert Kennedy jr al Senato – dove cerca la conferma come segretario della Sanità – ha offerto subito una buona occasione per polemizzare contro le fake news dei media mainstream.
Il cerchio magico del presidente ha preso d’assalto i giornalisti arrivati con «titoli preordinati» (lo ha detto Donald Trump jr) per screditare l’uomo che si è messo alla testa del movimento Maha, Make America Healthy Again. Del resto, Kennedy, che da decenni è portavoce e simbolo della battaglia contro i vaccini, ai senatori ha detto che lui non è «anti vaccino».
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