Mancano ancora nove mesi al voto americano di novembre per decidere il nuovo inquilino della Casa Bianca ma Donald Trump non manca di allungare fin d’ora la sua ombra inquietante sui destini del mondo.

L'ex presidente repubblicano, in un comizio a Conway, in Carolina del Sud, ha affermato che «incoraggerà» la Russia a «fare quello che vuole» con i paesi Nato che «non pagano», ovvero spendono meno del fatidico 2 per cento del Pil per la difesa.

«Non difenderei un paese del genere», ha assicurato Trump, lasciando intendere che non rispetterebbe la clausola di difesa collettiva prevista dall’artico 5. Secondo uno studio della Camera dei deputati, citato dal Sole 24 Ore, i paesi che hanno raggiunto la soglia minima nel 2023 sono 11 (su 31) e l’Italia (1,46 per cento) farebbe parte dei venti che non hanno raggiunto l’obiettivo e quindi non verrebbero difesi.

Trump ne ha parlato raccontando un episodio di quando era alla Casa Bianca: «Uno dei presidenti di un grande paese si è alzato e ha detto: “Se non paghiamo e veniamo attaccati dalla Russia, ci proteggerete?”. Ho risposto: “Non hai pagato. Sei un delinquente. No, non ti proteggerei"».

L'ex presidente non ha chiarito se poi avesse mai avuto intenzione di dare seguito alla minaccia (peraltro non nuova e ripetuta in vari summit del G7 con grave sconcerto dell’allora cancelliera tedesca Angela Merkel) ma le sue parole hanno suscitato non poca preoccupazione tra gli stati membri della Nato.

Il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, si è affrettato a rassicurare: «La Nato resta pronta a difendere tutti i suoi alleati. Ogni affermazione in cui si parli della possibilità che i paesi membri non si difenderanno reciprocamente mette a rischio la sicurezza di noi tutti, inclusa quella degli Usa, ed espone i soldati americani ed europei a rischi crescenti». E ancora: «Mi aspetto che, indipendentemente da chi vincerà le elezioni presidenziali, gli Stati Uniti resteranno un forte e fedele alleato all’interno della Nato». 

Le reazioni della Casa Bianca

Uno sconcertato portavoce della Casa Bianca ha affermato che l'ex presidente Trump «incoraggia le invasioni dei nostri più stretti alleati da parte di regimi assassini» e ha definito le sue parole «spaventose e sconvolgenti» aggiungendo che la dichiarazione «mette in pericolo la sicurezza nazionale americana, la stabilità globale e la nostra economia interna».

Intanto, però, le vittorie di Trump alle primarie repubblicane stanno avendo effetti devastanti sul comportamento del partito in materia di migranti. L’ex presidente ha plaudito al mancato accordo al Congresso sull’immigrazione e ha promesso, in sintonia con un piano simile dell’Afd tedesca, un maxi piano di espulsioni di migranti illegali al suo ritorno alla Casa Bianca.

«Questa settimana abbiamo ottenuto un'importante vittoria facendo saltare il disastroso piano di Joe Biden per il confine» con il Messico, ha tagliato corto, dimenticando di dire che il Messico è diventato l’anno scorso il maggior paese esportatore negli Usa superando la Cina.

I sondaggi in economia

Anche il Financial Times ha messo Trump in prima pagina con apprensione. Sebbene stia macinando record in Borsa e come crescita del Pil, gli americani ripongono più fiducia nell'ex presidente repubblicano rispetto a Biden, per quanto riguarda la gestione dell’economia americana.

Secondo un sondaggio condotto dal quotidiano finanziario della City e dalla Ross School of Business dell'Università del Michigan (stato in bilico tra i due contendenti) il 42 per cento degli americani ritiene che Trump sarebbe un amministratore migliore (solo il 31 per cento ha scelto Biden).

Il sondaggio sottolinea la difficoltà dell’attuale presidente, in affanno anche per una lunga serie di gaffe e accusato di essere troppo vecchio, nel convincere gli elettori che le sue politiche stanno migliorando il loro conto in banca.

A pesare è il balzo dell'inflazione che, sebbene lo scorso anno sia stato un evento mondiale, è stato ribattezzato dai repubblicani come “Bideninflation”.

«Il mantra di Biden secondo cui l’economia sta andando bene sotto la sua gestione non ha convinto molte persone – ha detto Erik Gordon, professore alla Ross School of Business – Nonostante i numeri, non ha mosso l’ago della disapprovazione».

Anche il Washington Post per cercare di anticipare quale potrebbe essere la politica in medio oriente nel caso di un ritorno di Trump, ricorda come l’ex inquilino della Casa Bianca sia stato l’artefice della pace arabo-israeliana con gli accordi di Abramo ma, nel contempo, che questa politica di distensione fra gli stati abbia alimentato la rabbia dei palestinesi, esclusi dalle trattative. In questa incertezza sui destini di Biden forse anche il premier Benjamin Netanyahu, sfidando ripetutamente la Casa Bianca, punta sul ritorno di Trump.

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