Najla Bouden sarà ricordata solo per essere stata la prima donna premier nel mondo arabo. Una scelta puramente propagandistica voluta dal presidente della Repubblica tunisina Kais Saied nell’ottobre del 2021. A meno di due anni dalla sua nomina, Bouden è stata rimossa dall’incarico per volere di Saied che da palazzo Cartagine decide vita, morte e miracoli dei membri dell’establishment tunisino.

Bouden è stata silurata nella serata del 1° agosto con un comunicato della presidenza che non fornisce spiegazioni, ma secondo media locali Saied era infastidito dalle carenze alimentari e soprattutto quelle riguardo il pane diventato sempre più assente nelle panetterie sovvenzionate dallo stato. E far mancare il cibo al popolo, in una situazione economica già disastrata, può portare a manifestazioni di piazza e anche alla caduta del potere vigente. Il presidente tunisino lo sa bene, recentemente ha dichiarato che «il pane è una linea rossa per i tunisini».

A subentrare al posto di Bouden è Ahmed Hachani, un uomo sconosciuto al popolo tunisino e al mondo della politica. Hachani proviene da studi giuridici proprio come Saied ed è stato un ex dirigente di rilievo della Banca centrale della Tunisia.

Il mandato di Bouden

Di Najla Bouden non verranno ricordati grandi gesta ma l’asservimento totale a Saied. Bouden, di leader, ha avuto ben poco. È stata la figura che ha permesso a Saied di incassare i complimenti dei paesi occidentali per una scelta che nel mondo arabo non è mai stata presa in considerazione.

Bouden era stata nominata in un momento politico difficile per il paese, a pochi mesi da quello che viene definito un colpo di stato costituzionale con cui Saied ha congelato il 25 luglio del 2021 le funzioni del parlamento e ha deposto l’allora premier Hichem Michichi insieme ad altri ministri del governo. Da quei giorni a oggi sono passati quasi due anni e la crisi politica persiste.

Nel corso del suo mandato la premier ha legittimato le posizioni autoritarie del presidente tunisino: dal referendum costituzionale che ha concentrato nelle mani di Saied un enorme potere decisionale, alle repressioni delle manifestazioni, passando, per ultimo, alle deportazioni dei cittadini subsahariani presenti nel paese abbandonati nei confini con l’Algeria e la Libia.

Sotto il suo mandato la Tunisia da fragile democrazia è diventata un paese autoritario sull’orlo del collasso economico. La premier è stata una delle sostenitrici delle riforme economiche necessarie per ottenere il prestito di quasi due miliardi di dollari dal Fondo monetario internazionale, riforme austere che Saied non vuole attuare perché significherebbe tagliare parte dei sussidi statali sugli alimenti e sull’energia elettrica.

La nomina di Hachani

Probabilmente anche Hachani avrà lo stesso peso politico (pari a zero) di Bouden, ma conosce bene quali sono le difficoltà del paese vista la sua esperienza all’interno della Banca centrale nazionale.

Da un’analisi dei profili social, Hachani appare una persona attenta alla cronaca politica e di certo non simpatizzante per il partito islamista Ennahda (preso di mira da Saied negli ultimi mesi, che ha fatto arrestare il suo leader nonché ex speaker del parlamento Rached Ghannouchi).

Ora non è chiaro se ci sarà un rimpasto di governo con nuovi ministri che subentreranno. Al momento però i leader internazionali, che ultimamente guardano con attenzione alla Tunisia, non si sono espressi sul cambio premier.

Intanto, Saied ha avvertito Hachani sul lavoro da fare nei prossimi mesi: «Ci sono sfide colossali che dobbiamo superare con una volontà solida e forte, al fine di proteggere la nostra patria, il nostro stato e la pace sociale». La priorità è trovare un modo per abbassare l’enorme debito pubblico che ammonta a quasi l’80 per cento del Pil. Durante la cerimonia di nomina, Saied ha rivolto un auguri che sa anche di monito: «Buona fortuna per questa responsabilità».

© Riproduzione riservata