C’è una singolare notizia che in Italia non è ancora giunta: la Turchia ha chiesto di mediare tra Russia e Ucraina. L’accrescersi delle tensioni, con invio di uomini e mezzi a ridosso della frontiera, preoccupa Ankara più di quanto si possa immaginare. Non si tratta solo di uno sforzo pacifista: i turchi temono le conseguenze di un eventuale conflitto sulla loro economia, già messa a repentaglio dalla svalutazione della lira.

Recep Tayyip Erdogan è in bilico tra i due rivali: da una parte ha un buon rapporto con Mosca, come si è visto nelle varie fasi della guerra siriana ma anche in quella tra azeri e armeni. Il presidente turco ha acquisito armamenti russi (il sistema missilistico S400) sfidando i partner dell’alleanza atlantica e mettendo a repentaglio le sue relazioni con gli americani.

Diventare imprevedibili

D’altro canto sulla questione ucraina, forse per compensare, Erdogan ha adottato una posizione totalmente filo-Nato, vendendo addirittura droni armati a Kiev ciò che ha fatto infuriare Vladimir Putin. Washington stessa non è contenta di vedere la Turchia prendere tali decisioni senza consultazioni previe, col rischio di offrire un pretesto alla Russia.

In politica estera la cosa peggiore è diventare imprevedibili e quindi inaffidabili: Erdogan sa bene che sta rischiando su entrambi i fronti. Se le cose peggiorassero il leader potrebbe trovarsi in una situazione insostenibile, costringendolo a scegliere da che parte stare: una cosa che non vuole fare per mantener il duplice vantaggio acquisito. Meglio dunque offrirsi come mediatore.

Ankara è coinvolta dalla crisi ucraina anche da sud: l’accesso al mar Nero. Secondo la convenzione di Montreux che regola il traffico marittimo attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, vi sono limitazioni al passaggio per le navi militari non appartenenti agli stati costieri.

L’offerta

Turkey's President Recep Tayyip Erdogan pauses, during a news conference at the Ataturk airport in Istanbul, Sunday, June 13, 2021, before leaving for a NATO summit in Brussels, hoping to smooth relations with Turkey's Western partners.President Joe Biden and Turkish counterpart Recep Tayyip Erdogan have known each other for years, but their meeting Monday will be their first as heads of state. And it comes at a particularly tense moment for relations between the two countries. The list of disagreements is unusually long for the two NATO allies. (Mustafa Kamaci/Presidential Press Service Pool via AP)

Ciò ostacola l’ingresso delle forze navali della Nato (soprattutto americane) che vorrebbero entrare nel mar Nero per sostenere l’Ucraina. Allo scopo di non lasciarsi schiacciare tra i due contendenti, Ankara sta cercando una forma di imparzialità. Erdogan ha già invitato i presidenti russo e ucraino in Turchia ottenendo un rifiuto da Mosca; ora sta pensando a una shuttle diplomacy.

Kiev non ha particolari contrarietà a un’eventuale mediazione turca ma Mosca preferisce parlare direttamente con Washington. Lo stallo potrebbe tuttavia a un certo punto rendere utile tale offerta anche perché Ankara è l’unico stato membro della Nato che collabora militarmente con Mosca. Per quanto se ne sa fino a ora, la posizione ufficiale turca sulla crisi rispetta i parametri Nato e cioè l’integrità territoriale ucraina, Crimea inclusa.

La Russia risponde chiedendo ad Ankara di convincere gli ucraini (e i loro alleati occidentali) di rispettare gli impegni degli accordi di Minsk del 2015. Ma ciò che politicamente conta è che negli ultimi mesi Putin ha trasformato la crisi del Donbass nella più generale richiesta di arretramento della Nato dai paesi frontalieri con la Russia.

La necessità di raffreddare le tensioni è facilitata dalle posizioni prudenti di Francia, Germania e Italia. Allo stesso tempo la crisi avvicina alla Nato paesi tradizionalmente neutrali come la Svezia e la Finlandia, ottenendo un effetto contrario alle speranze russe. Washington guarda con diffidenza alle mosse di Erdogan rammentando che già nel 2008, durante la crisi georgiana, la Turchia vietò alle navi da guerra americane di entrare nel Mar Nero, giunte per fare pressione sui russi.

In quel frangente i turchi erano sostenuti da una parte degli europei: sia Silvio Berlusconi che Nicolas Sarkozy preferirono mediare per spegnere un conflitto che stava degenerando. Anche oggi la Turchia vuole evitare un confronto con la Russia da cui tra l’altro viene la gran parte dei suoi turisti e con la quale ha molti interessi economici ed energetici in comune.

Ankara ha appreso che il suo rapporto cooperativo-competitivo con Mosca la avvantaggia, come si è visto nel Caucaso, in Libia o in medio oriente e in Africa. L’idea di assumere una posizione imparziale potrebbe preservare gli attuali legami.

Intanto pare confermata la visita di Erdogan a Kiev il 3 febbraio prossimo, con in agenda accordi commerciali di libero scambio. Ci sono tuttavia anche aspetti storici che obbligano Ankara a restare in bilico. Ad esempio il presidente turco deve tener conto della simpatia per l’Ucraina dei discendenti di quei tatari di Crimea cacciati da Stalin e reinsediati in Turchia.

La chiesa ortodossa

(Foto Ap)

Un altro aspetto è legato alla chiesa ortodossa: i turchi hanno silenziosamente appoggiato la posizione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli favorevole alla decisione della chiesa ortodossa ucraina di separarsi da quella russa. Mosca si è molto irritata perché tale autocefalia diminuisce la forza della comunione ecclesiale di Russia, Ucraina e Bielorussia sotto il patriarca Kirill.

Tra l’altro la crisi ucraina ha assunto aspetti simbolici inattesi: sui media di Kiev si moltiplicano inattendibili ricostruzioni storiche sull’antica amicizia tra Ucraina e Turchia, con citazioni alla rinfusa sull’epoca in cui la Crimea era sotto gli ottomani assieme ad una parte dell'Ucraina meridionale. Le tv di Kiev stanno trasmettendo telenovele turche, come quella dove si esalta Roxelana, la favorita cristiana (in questo caso ucraina) del sultano Solimano. Ricostruire la storia a proprio uso e consumo è una forma di propaganda che vorrebbe unire turchi ed ucraini nella medesima lotta anti russa.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha già fatto quattro visite ufficiali in Turchia per incontrare Erdogan. Allo stesso tempo quest’ultimo, per non esporsi, non ha aderito alle sanzioni Usa e Ue contro la Russia: pragmaticamente la sua offerta di mediazione potrebbe indicare la volontà di restare neutrale in caso di conflitto.

Erdogan si è dimostrato un maestro nel trarre vantaggio da situazione apparentemente bloccate o sfavorevoli al suo paese ma sa anche che deve essere prudente. Secondo Al Monitor l’attacco aereo di un anno fa contro le posizioni filo-turche nella zona siriana di Idlib, che provocò  la morte di 37 soldati turchi, era un messaggio russo in reazione alle vendite di droni all’Ucraina e alla promessa di costruire una fabbrica in loco.

C’è da aggiungere che l’intreccio economico di Ankara con tutta l’area è complesso: nel 2021 è stata il decimo partner commerciale della Russia e il quinto dell’Ucraina. Più quella frontiera diventa bollente e più la Turchia sa di rischiare. Forse questo può andare a tutto vantaggio della pace.

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