La proposta: rinunciare alla Nato e ai territori occupati in cambio di aiuti militari Usa. Tra smentite e dettagli plausibili, Kiev attende nervosamente l’incontro Putin-Trump
Una pace in cento giorni, con tanto di date per colloqui, negoziati e cessate il fuoco finale. Una pace che comporta sacrifici sia per Mosca sia per Kiev, ma che potrebbe mettere fine alla guerra e scongiurare, nell’immediato futuro, nuovi conflitti. Troppo bello per essere vero, forse, ma è quello di cui si discute negli ultimi giorni sulla stampa e sui media ucraini, e il dibattito, nelle ultime ore, è arrivato anche in Russia.
A elettrizzare il dibattito, però, non è stato un documento ufficiale, ma una bozza di un possibile piano di pace pubblicata da Strana, un sito di notizie ucraino con numerose connessioni nell’establishment politico del paese, ma sotto sanzioni da parte del governo per un supposto atteggiamento filorusso (il sito è difficile da consultare tramite browser, ma il suo canale Telegram è accessibile a chiunque).
Il piano ha suscitato talmente tante discussioni da costringere il braccio destro del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il potente capo del gabinetto presidenziale, Andrii Yermak, a intervenire: «Non c’è nessun piano dei 100 giorni, è soltanto una fake news russa».
«Fake news»
Di certo il piano contiene aspetti bizzarri. La data per il cessate il fuoco, ad esempio, viene indicata nel 9 maggio 2025, data simbolica per Vladimir Putin, che quel giorno festeggia la vittoria contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale, una sorta di festa nazionale per il regime. Sembra strano che un piano di provenienza americana includa questo dettaglio. Se, come sostiene Strana, sta circolando tra i parlamentari ucraini, è insolito che nessun’altra testata lo abbia pubblicato.
Per il resto, però, il documento è come minimo plausibile nei passaggi che delinea e nelle conclusioni a cui arriva. Per arrivare al cessate il fuoco, è scritto nel testo, la Nato deve impegnarsi a non accettare l’Ucraina tra i suoi membri, mentre Kiev deve acconsentire alla perdita dei territori occupati e modificare la sua legislazione per fornire protezioni ai russofoni che vivono nel paese e alla chiesa ortodossa più vicina a Mosca. In cambio, ottiene una continua fornitura di aiuti militari dagli Stati Uniti. La Russia ottiene un alleviamento delle sanzioni, ma parte dei proventi dovuti alla ripresa del commercio di gas con l’Europa andrebbe indirizzato alla ricostruzione dell’Ucraina.
Da un lato, il piano contiene clausole a cui il governo di Kiev si oppone nettamente, come la rinuncia all’ingresso nella Nato e la modifica della legislazione interna su lingua e religione – i due punti che hanno spinto Yermak a intervenire e rassicurare il pubblico ucraino che su questi temi il governo non intende fare compromessi, almeno per il momento.
Dall’altro, però, contiene anche elementi non scontati, che Kiev sarebbe più che fortunata a spuntare in futuri negoziati. Ad esempio, la promessa di continui aiuti americani alle sue forze armate, così da mantenere un livello di prontezza ed efficienza che potrebbe scoraggiare future aggressioni russe. Putin è contrario a questo punto, in cambio della pace chiede che l’Ucraina divenga uno stato neutrale e demilitarizzato, e anche Trump, critico rispetto a quanto speso dagli Usa per Kiev, è scettico.
L’intensità del dibattito che ha circondato questa “pace in 100 giorni”, indica il livello di nervosismo che ha ormai raggiunto il clima a Kiev. L'arrivo di Trump ha causato un terremoto di cui però si ignorano l’entità e le conseguenze. Sabato, durante una conferenza stampa con la presidente della Moldavia, Maia Sandu, Zelensky ha detto che al momento non c'è un piano su come organizzare colloqui di pace mentre la visita dell’inviato Usa per l’Ucraina, Keith Kellogg, annunciata da settimane, non si è ancora concretizzata.
Supposizioni e ipotesi
Nel vuoto di informazioni, le supposizioni e le ipotesi, compresi i ballon d’essai, prosperano. Sui media ucraini, c’è anche chi si è spinto a ipotizzare che la pubblicazione del piano sia stata architettata dallo stesso staff presidenziale di Zelensky, per saggiare l’eventuale reazione dell’opinione pubblica a un simile accordo. Il testo pubblicato da Strana è interessante proprio perché somiglia pericolosamente a quello che potrebbe uscire dai futuri colloqui tra Trump e Putin.
E se questo sarà il risultato, una parte crescente della leadership ucraina ritiene che continuare a combattere per ottenere condizioni migliori non valga più la pena. L’Ukrainska Pravda, il principale giornale liberale del paese, ha scritto che il capo dell’intelligence militare, il popolare generale Kyrilo Budanov, avrebbe detto durante una sessione a porte chiuse di una commissione parlamentare che, senza un accordo nei prossimi mesi, lo stato ucraino «rischia il collasso».
L’intelligence ha ufficialmente smentito il retroscena, mentre uno dei parlamentari presenti, ha detto che Budanov ha parlato più genericamente di «collasso del fronte» e «gravi conseguenze per il Paese».
Dichiarazioni comunque non scontate, visto che arrivano dallo stesso generale che, poco più di un anno fa, era sicuro dell'imminente liberazione della Crimea.
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