«La Nato ha la responsabilità di garantire che il conflitto non si diffonda oltre l’Ucraina», ha detto il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, in un momento di estrema sincerità e in vista di possibili colloqui nel fine settimana tra Kiev e Mosca. Tradotto: nessun soldato della Nato è disposto a morire per Kiev, quindi l’invasione russa resta un conflitto che ricade tutto sulle spalle di Volodymyr Zelensky, volto eroico della resistenza ucraina, e dei suoi concittadini.

Fatta questa cinica ma doverosa premessa, e considerate le enormi disparità in campo dei due eserciti, si può solo tragicamente discutere del diverso grado di vittoria che Vladimir Putin otterrà al momento del cessate il fuoco, certi che nessun rifornimento di armi proveniente dall’Europa possa cambiare l’esito di questo conflitto impari.

I due scenari estremi

Alla fine delle ostilità il presidente russo potrebbe aver invaso tutta l’Ucraina, rovesciato con la forza delle armi il governo in carica sostituendolo con uno filo russo e trasformato in sostanza il paese in un docile avamposto della Federazione russa.

Se, invece, dovesse trovare una resistenza militare maggiore sul terreno o le sanzioni economiche dovessero colpire molto più duramente e rapidamente del previsto l’economia russa, provocando tensioni sociali e proteste a Mosca, allora lo zar potrebbe essere costretto a ridurre le sue pretese egemoniche di ricostituzione chiedendo l’annessione di parte del paese (Donbass e ricongiunzione con la Crimea) e la trasformazione del resto in area neutrale e demilitarizzata, ma sempre con un governo rivolto a est.

Varie sfumature di vittoria

Tra questi due estremi c’è tutta una gradualità di esiti ed equilibri che nessuno può prevedere mentre si assiste al più grave attacco dalla fine della Seconda guerra mondiale all’ordine liberal-democratico in Europa.

Alcuni commentatori prevedono ottimisticamente che l’arrivo e la consegna segreta dei razzi anti carro e dei missili Stinger “spara e dimentica” che si dirigono automaticamente sui bersagli in volo possa cambiare le sorti del conflitto e trasformare l’intero territorio ucraino in una fortezza inespugnabile.

L’Ucraina si trasformerebbe, con l’arrivo di queste poche armi dal peso di 13 chilogrammi ciascuna, in un Afghanistan senza montagne o in un Vietnam senza giungla.

Possibile che poche forniture di armi, consegnati su piccoli furgoni dalla Polonia attraverso strade secondarie, possano capovolgere le sorti del conflitto? O forse queste consegne non potranno solo che ritardarne l’esito scontato? Certo, le forze ucraine si sono comportate in modo molto diverso rispetto alle forze afghane che in pochi giorni si sono dissolte di fronte all’assalto dei Talebani.

Ma quanto potranno resistere gli ucraini e il suo governo quando le vittime civili dovessero aumentare ancora in uno scenario di tipo ceceno o siriano? È evidente che finora l’esercito russo ha usato solo una minima parte della sua potenza di fuoco, specialmente su Kiev, dove si deciderà chi vince la guerra.

Consolidamento interno

C’è però la speranza che anche in Russia si apra il fronte interno del dissenso e della protesta di piazza. Per ora non è così. Anzi, il Cremlino ha chiamato i russi a stringersi intorno a Putin, da 22 anni al potere. «Non è il momento di dividersi, è il momento di unirsi attorno al nostro presidente», ha detto il portavoce del Cremlino. A quelli che non capiscono cosa sta succedendo «occorre spiegarlo con pazienza», ha aggiunto. Una larvata minaccia a chi osa dissentire dai desiderata del Cremlino?

Molto probabile, ma intanto le autorità russe procedono alla chiusura dei pochi media indipendenti, al blocco di siti internet e all’adozione di norme alla Duma che inaspriscono le pene per chi viene ritenuto colpevole della diffusione di “informazioni false” sulle forze armate.

Si ribellerà allo zar l’intellighenzia russa? O forse gli stessi oligarchi che stanno vendendo asset, squadre di calcio, ville, yacht a prezzi stracciati e abbandonano gli alberghi di lusso in Europa perché non possono pagare i conti?

Fino a quando il potere economico russo sarà disposto a seguire la politica avventurista di Putin nella sua battaglia revanscista contro l’occidente, rischiando di finire isolati dai circuiti finanziari, proprio come le loro carte di credito? Il Cremlino scommette che la fedeltà dei pretoriani del presidente sia più solida della volontà dell’occidente di entrare direttamente nel conflitto.

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