Putin potrebbe imporre la legge marziale. In Russia si fa strada la convinzione che in questi giorni il parlamento ne approverà l’introduzione, circostanza che comporterebbe, tra le altre cose, la chiusura delle frontiere. Le autorità hanno finora smentito l’ipotesi, respingendo le indiscrezioni come «bufale da social network». Ma quanto fondamento hanno queste voci? 

L’ANALISI

La ricercatrice russa Tatiana Stanovaya, collaboratrice del centro studi di politica interna ed estera, Carnegie di Mosca, e fondatrice del centro di analisi politica R.Politik, aveva spiegato qualche giorno fa sul suo canale Telegram che secondo «molte persone, lo scopo dell’incontro straordinario» del Consiglio federale, la camera alta del parlamento russo,  fissato per il 4 marzo, sarebbe potuto essere quello di «adottare leggi anti-crisi. Ma – sottolineava – c'è un'altra possibilità: l'approvazione della legge marziale. Francamente, senza voler rimescolare le cose, penso che questo scenario sia quello più logico».

LA LEGGE MARZIALE

La legge marziale consiste nell’adozione di un regime di governo straordinario, in cui si sospendono le leggi normalmente in vigore nello stato e si adottano leggi “speciali”, proprie dello stato di guerra. Ogni paese che adotti la legge marziale stabilisce delle sue proprie regole specifiche. In generale, queste comprendono forti limitazioni alle libertà civili, l’adozione del coprifuoco, la chiusura delle frontiere, e la chiamata dei cittadini alle armi.

L’Ucraina, ad esempio, ha adottato la legge marziale la stessa mattina dell’invasione russa, giovedì 24 febbraio. In Russia, invece, per il momento la legge marziale è una probabilità, di cui si sono convinti alcuni strati di popolazione, al punto che dalle principali città russe è iniziato un esodo su piccola scala delle élite urbane.

Secondo quanto scriveva Tatiana Stanovaya su Telegram il 2 marzo: «la proclamazione della legge marziale, consentirebbe alle autorità russe di introdurre la censura militare, di aumentare la segretezza delle attività dello stato e delle azioni degli enti locali, di vietare tutti i raduni e le riunioni, di vietare il lavoro delle organizzazioni pubbliche, internazionali e straniere che minano la sicurezza del paese». Il tutto con il fine ultimo di  «ottenere il controllo totale dello spazio informativo, di impedire la diffusione del “partito della pace”» e inoltre interrompere le comunicazioni internet in modo più agevole. 

LA CENSURA

Di fatto, dopo la riunione del Consiglio federale russo del 4 marzo, parte di questi timori sono diventati realtà. La legge marziale e la chiusura delle frontiere non sono state indette, almeno per ora, ma il parlamento russo ha dato una forte stretta all’informazione, adottando leggi che di fatto agiscono come forme di censura. 

Innanzitutto, la camera alta del parlamento ha aggiornato il codice penale russo introducendo il reato di  «diffusione pubblica di informazioni deliberatamente “false” sull'uso delle forze armate della Federazione Russa»  e  quello di «atti pubblici volti a screditare l'uso delle forze armate» negando la loro finalità a protezione della pace e della sicurezza internazionale». Il senso di queste leggi è quello di impedire che in Russia sia contraddetta la narrazione offerta dal Cremlino sull’invasione in Ucraina, presentata appunto dal presidente Putin e dalla classe dirigente come una «operazione speciale» volta a «mantenere la pace e la sicurezza internazionale».

Dunque chi diffonde notizie difformi rispetto al racconto di Mosca, incorrerà in un'ammenda da 700mila  a 1,5 milioni di rubli (cioè da oltre 5mila a oltre 11mila euro) o in alternativa nella pena dei lavori forzati o della reclusione, da uno a tre anni. 

GLI «AGENTI STRANIERI»

Sulla stessa linea di questi provvedimenti si è inserita un’altra misura, adottata sempre il 4 marzo, ma questa volta dall’organo che presiede alle comunicazioni, cioè il Servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell'informazione e dei mass media. il Servizio ha limitato l'accesso ai siti web di numerosi media. Il motivo è che diffonderebbero «informazioni inaffidabili» su quella che appunto la Russia definisce «operazione militare speciale in Ucraina». La censura agisce sull’uso di parole come “guerra” o “invasione”.

Tra i siti censurati ci sono diversi organi di informazioni occidentali come Bbc, Voice of America, Radio Liberty, Deutsche Welle, o russi indipendenti come Meduza, la maggiorparte dei quali in Russia sono classificati come «agenti esteri». A riferirlo è stato lo stesso Servizio federale all’agenzia russa Tass. 

Secondo la legge russa, chiunque riceva fondi dall'estero può essere designato come un “agente estero", anche se non agisce sotto la direzione di un'entità straniera. Quasi tutte le organizzazioni rispettabili per i diritti umani in Russia e molti media indipendenti sono stati costretti a registrarsi, ai sensi della legge russa, come "agenti stranieri".

LA RIVELAZIONE

Lo scorso 2 marzo, alla fine del primo giorno dei negoziati russo-ucarini con l’intermediazione della Bielorussia, il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Mykhailo Podolyak, dopo aver partecipato ai colloqui, ha rivelato su Twitter che il 4 marzo le Camere russe si sarebbero riunite per decidere «l’introduzione preventiva della legge marziale». Questo il tweet: «Il 4 marzo entrambe le camere del parlamento russo si riuniranno per una riunione straordinaria d'urgenza. All'ordine del giorno, a quanto ho capito, c'è l'introduzione preventiva della legge marziale nella Federazione Russa».

LA REPLICA DI MOSCA

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato le voci sulla legge marziale e la chiusura delle frontiere, dicendo che «queste non sono altro che bufale pubblicate sui social network, che i cittadini si scambiano. Bisogna stare molto attenti alle informazioni e non cadere vittime di voci e fake news».  Ma è vero che la classe dirigente russa, a partire dal presidente Putin, ha dato più volte prova dell’uso di disattendere e contraddire le sue stesse dichiarazioni, a partire da quella sul piano di invasione dell’Ucraina, ripetutamente smentita da più parti, e poi tragicamente sconfessata.

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