L’ennesimo capitolo della tragedia israelo-palestinese è iniziato ieri quando Hamas ha dato il via ad attacchi e incursioni da Gaza. Decine di morti e di rapiti da poter essere poi scambiati.

Come Hezbollah in Libano, Hamas ha una lunga tradizione di rapimenti di soldati e civili israeliani che rilascia solo dopo moltissimo tempo, cadaveri compresi.

L’autorità palestinese di Ramallah (Anp) è stata colta alla sprovvista quanto le istituzioni di difesa israeliane. Tale è la sorpresa che i media internazionali già accostano l’attacco di ieri alla guerra del Kippur del 1973.

La novità è che oltre ai razzi – a migliaia –  lanciati dalla striscia, c’è anche un’offensiva coordinata da parte di squadre militari e di incursori che sono entrati in Israele.

«È una guerra» dice il premier Bibi Netanyhau, già accusato da molte parti di essersi fatto trovare impreparato. Il suo governo ha talmente indebolito Israele all’interno, con la polemica sui poteri della corte suprema, che i suoi nemici ne hanno approfittato.

È naturale che ora Israele si compatti in difesa del proprio territorio e dei suoi cittadini, sostenuto in questo da buona parte della comunità internazionale. Ciò non toglie che tra israeliani ci sarà molto da dire dopo. Non c’è speranza per Hamas di “vincere” una qualsiasi forma di conflitto contro Israele.

Tuttavia non è questo l’obiettivo del movimento islamista che ha altri scopi. Vuole innanzi tutto manifestare di non essere soltanto un gruppo terrorista (come appare fino ad oggi) ma un vero e proprio esercito nazionale palestinese (che utilizza il terrorismo come una tecnica), per scalzare definitivamente i suoi concorrenti interni dell’Anp.

L’idea è conquistare il potere anche in Cisgiordania e affermarsi come unico interlocutore palestinese. In secondo luogo Hamas vuole dimostrare che non ci può essere sicurezza senza un negoziato (per ora di là da venire) che lo veda protagonista assoluto.

Infine Hamas ha anche un proposito internazionale più ampio: ergersi a soggetto politico-militare all’interno del mondo arabo-musulmano per interrompere l’idillio tra arabi del Golfo e israeliani che si era andato concretizzando con gli accordi di Abramo.

Con l’attacco diretto a Israele si allontana sicuramente l’ipotesi di un patto con l’Arabia Saudita, molto più significativo di quelli con gli Emirati ecc.

Hamas cerca cioè di spezzare la normalizzazione in atto tra arabo-musulmani (soprattutto sunniti) e israeliani con il beneplacito americano. Sarà da vedere se le violenze di queste ore saranno in grado di mutare le dinamiche geopolitiche in medio oriente.

Di sicuro c’è che il clima rinfocolato dalla guerra in Ucraina fa credere a molti che la soluzione delle contese possa venire dalle armi.

La storia del conflitto israelo-palestinese è invece la prova migliore del contrario: senza un accordo basato sullo scambio pace per territori (finora rifiutato a fasi alterne) la guerra non avrà mai fine.

© Riproduzione riservata