La musica country normalmente è un genere più gradito al pubblico conservatore. Questa volta però una canzone sembra essere andata oltre. Stiamo parlando di “Try That in a Small Town” di Jason Aldean, classe 1977, cantante country cresciuto in Georgia e originario del Tennessee.

La canzone in sé suona come già ascoltata: parla del crimine urbano dilagante, di chi osa «sputare in faccia ai poliziotti» e «rubare le auto al semaforo» mentre «si calpesta la bandiera».

Ed ecco che parte il ritornello che invita «a provarci in una piccola città» e «quanta strada si fa». Infine, si allude anche alla confisca dell’arma «che mi ha donato il nonno». Un quadretto ultraconservatore con radici profondissime che arrivano fino all’esaltazione fatta da Thomas Jefferson delle “virtù rurali”. Solo che stavolta c’è qualcosa di più, oltre al tono minaccioso che si nota in frasi come «quei bravi ragazzi cresciuti bene».

Suprematismo bianco

Ci sono messaggi nascosti ancora più inquietanti, ad esempio nel video musicale: Aldean canta di fronte al tribunale di Columbia, in Tennessee, dove svetta una bandiera, nello stesso luogo dove nel 1927 venne linciato Henry Coate, un ragazzo afroamericano di diciotto anni accusato di aver stuprato una ragazza bianca di sedici, Sarah Harlan, che però non lo riconobbe in tribunale.

Una folla di bianchi allora tentò di sfondare i cancelli della prigione cittadina a martellate, minacciando di farli saltare con la dinamite, fino ad ottenere la consegna di quello che la moglie dello sceriffo di allora definì “un povero ragazzo innocente”.

Anche Sarah Harlan chiese di lasciarlo vivere, ma non era la vendetta a muovere una folla di duecentocinquanta persone, bensì la necessità di rimarcare la supremazia bianca. Un altro video pubblicato dallo stesso Aldean su TikTok mostrato un ritaglio di giornale che parla della vicenda del The Petal Paper, un settimanale satirico nella cittadina di Petal, nel Mississippi profondo, scritto da un solo giornalista, Percy Dale East, pesantemente ostracizzato dalla comunità locale per aver descritto il suo stato come una sorta di granchio che “avanza regredendo dentro il fango”. Insomma, uno che “ci ha provato in una piccola città” a cambiare le cose, con un retroterra molto simile a quello di Aldean.

Fin qui siamo alla critica storico-sociale, la stessa che è emersa sulle pagine delle testate giornalistiche che si occupano di spettacolo, come Variety o Rolling Stone. Entriamo adesso nel campo delle Culture Wars: due candidati repubblicani come Vivek Ramaswami e Nikki Haley hanno cominciato a usare il brano come intro dei loro comizi, mentre Donald Trump ha espresso apprezzamento per Aldean attraverso il suo account social su Truth.

Le proteste

Dal canto suo l’autore si è difeso dalle accuse dicendo che «la razza non c’entra nulla» ed è piuttosto «questione di cancel culture». Una linea di argomentazione che è stata ampliata dal commentatore di destra Matt Walsh, che ha puntato il dito contro la violenza dei testi di molte canzoni rap degli ultimi trent’anni.

Anche gli ascoltatori si sono fatti sentire: dopo che il video è stato pubblicato su YouTube il 14 luglio ha superato i venti milioni di visualizzazioni. A poco è valso il boicottaggio di Country Music Television, che ha smesso di trasmetterlo, così come le accuse di razzismo che provengono da alcuni esponenti politici locali, come il deputato statale afroamericano Justin Jones definendola «una vergognosa visione razzista da giustiziere».

La cantante Sheryl Crow, anche lei nata nella cittadina di Kennett, in Missouri, ha affermato che anche “nei posti piccoli la gente è stufa di armi e violenza”. Nel frattempo, Aldean, che non ha mancato di citare la sempreverde “Cancel Culture” è arrivato secondo nella classifica settimanale del magazine Billboard, un risultato che non aveva mai raggiunto nella sua carriera.

Ancora una volta, dunque, il pubblico vicino al partito repubblicano decide di ascoltare una canzone o vedere un film per ragioni squisitamente politiche, non tanto per i valori espressi, vicino a una precisa area geografica definibile come Profondo Sud ex segregazionista, ma perché tutto ciò che “fa incazzare i liberal” è degno di nota e quindi di consumo.

Dinamiche che fanno capire come ormai la polarizzazione sia entrata in profondità nella società americana anche nei consumi culturali, che fino a qualche anno fa potevano avere qualche tratto unificante.

Solo così si spiega il successo di una canzone country, dove di certo non è nuova la glorificazione delle armi e delle vecchie usanze di una volta, quando non addirittura il glorioso e mistico passato della Confederazione sudista.

Siamo in campagna elettorale e anche gli artisti come Aldean, forse furbescamente, hanno saputo sfruttare a proprio vantaggio quelli che sono temi da campagna elettorale, che aiutano a vendere dischi e far vedere film a basso budget come The Sound of Freedom che contengono velati riferimenti alle teorie di Qanon.

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