Dopo uno stallo lungo quasi quanto la pandemia, sul tavolo dell’Organizzazione mondiale del commercio c’è un primo compromesso sul tema dell’accesso globale ai vaccini. L’Unione europea, che per mesi e mesi ha congelato le trattative sulla deroga sui brevetti nonostante le aperture degli Stati Uniti, adesso nel pieno della guerra in Ucraina sposta in parte la propria posizione. La priorità diventa quella di ricomporre la rottura politica tra nord e sud globale, in una fase nella quale per l’occidente ogni allineamento geopolitico tiene conto dello scontro in atto con la Russia.

La ricomposizione

Il compromesso parte da Usa, Ue, India e Sud Africa, che in quattro erano articolati su tre posizioni. Da una parte ci sono India e Sud Africa, che da ottobre 2020 chiedono in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto) il cosiddetto “Trips waiver”. Si tratta in sostanza di una leva di emergenza: il “waiver” implica l’attivazione di alcune deroghe alla proprietà intellettuale, che in condizioni ordinarie è rigidamente tutelata dall’accordo Trips. Per premere sulla leva di emergenza serve il consenso di tutti i membri del Wto. Fosse per i due paesi che hanno fatto la proposta, la pandemia giustificherebbe l’uso della leva non solo per i vaccini ma anche per farmaci e diagnostica. Su questa posizione è allineata ormai la stragrande maggioranza dei membri del Wto: oltre un centinaio di paesi. La scorsa primavera, di fronte all’ampiezza di questo blocco, gli Stati Uniti hanno aperto alla deroga, pur in versione limitata, solo per i vaccini. Ma l’Unione europea – o meglio, la Commissione europea in sintonia coi governi, visto che l’Europarlamento sostiene il “waiver” – finora ha difeso la posizione di big pharma congelando la soluzione politica.

Il compromesso

«Riparliamone in primavera», ha continuato a dire Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, fino a pochi giorni prima che la Russia aggredisse l’Ucraina. Era il 18 febbraio, e durante il summit tra Ue e Unione africana, i governi africani si erano compattati per spingere sulla deroga ai brevetti. «Se siete seri quando parlate di accesso ai vaccini, dovete approvare il waiver», lo ha detto chiaramente, quel giorno, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa a von der Leyen. Che però, come nei mesi precedenti, ha fatto finta di niente e rinviato la questione.

Dopo l’inizio della guerra, si segnala invece uno slittamento politico. Il 15 marzo, in un incontro a piccoli gruppi, Ue, Usa, India e Sud Africa hanno trovato un primo allineamento su un testo ancora suscettibile di essere emendato; Domani ha potuto leggerlo, ma alcuni parlamentari lamentano la mancanza di trasparenza visto che fino a mercoledì pomeriggio ancora non era stato divulgato. Una delle ragioni politiche è che ognuno ha rivisto la sua posizione: nessuno sbandiera vittoria.

Le clausole

Non a caso big pharma parla di «segnali sbagliati» mentre i sostenitori del vaccino per tutti dicono che «queste mezze misure non sono accettabili». La bozza non prevede una deroga piena, e si limita ai vaccini, anche se mette in conto di riparlare entro sei mesi anche di terapie e diagnostica. Né waiver generalizzato, né licenza obbligatoria, ma un compromesso, appunto. Da una parte, l’Ue riconosce di fatto che i brevetti rappresentano un ostacolo a produzione e accesso globale: un segnale politico. Dall’altra, un paese in via di sviluppo, se ha esportato meno del 10 per cento delle esportazioni mondiali di vaccini Covid nel 2021, può autorizzare la produzione anche senza il consenso dell’azienda, e con compensazioni economiche che tengano conto dell’emergenza. Dettagli e scenari sono da definire, e per chiudere l’accordo serve il consenso di tutti. Ma la possibilità stessa di un compromesso è una svolta.

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