L’inequivocabile presa di posizione ostile al ddl Zan formalizzata per via diplomatica dal Vaticano dà una delusione definitiva a chi per anni si è ostinato a credere e diffondere la storia del papa aperturista impegnato a sincronizzare la chiesa cattolica con lo spirito del tempo. Ma non c’era bisogno della nota consegnata da monsignor Paul Richard Gallagher all’ambasciata italiana presso la Santa sede, di cui ha dato conto il Corriere della Sera, per afferrare che i santini progressisti di Bergoglio erano stati stampati troppo presto. Soltanto per stare alla cronache recenti, Francesco ha rifiutato le dimissioni del cardinale di Monaco, Reinhard Marx, presentate in un contesto dove gli abusi e le responsabilità connesse erano le ragioni dichiarate della rinuncia, ma quelle reali riguardavano il tentativo sinodale di riforma della chiesa tedesca, in senso progressista, castigate dalla Santa sede in varie forme e modi.

Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose ed espressione di un cattolicesimo teoricamente in linea con l’immagine bergogliana, è stato allontanato per decreto dopo una controversia con il Vaticano di singolare durezza, e anche i più devoti bergogliani si sono trovati a dover ammettere che la narrazione del papa evangelico circuito da una curia oscurantista non era più sostenibile. Gli stessi potrebbero essere tentati dell’applicare un analogo ragionamento anche alla discussa vicenda della concessione della comunione al cattolico pro-choice Joe Biden, scaricando la colpa dell’inasprimento su una conferenza episcopale americana a trazione conservatrice, in ostinato dissenso con Francesco. Ma che lo schema non tenga dovrebbe essere ormai evidente.

Il severissimo decreto con cui il Vaticano impone a movimenti e aggregazioni laicali regole di successione e governance che sembrano ispirate a quelle del Movimento 5 stelle della prima ora ha dato un’altra delusione a chi discettava gaudente di collegialità e sinodalità come criteri ispiratori di un pontificato che doveva chiudere un’epoca e aprirne un’altra. Smentiti i desideri della chiesa progressista proiettata sul pontefice preso dalla fine del mondo, rimane il fatto che Bergoglio fa il papa. Naturalmente lo fa con il suo stile, ma senza rivoluzioni nella sostanza. Senza mai dimenticare che è un papa gesuita. E che cosa pensano i gesuiti è una delle tre cose che nemmeno Dio sa, come recita il detto. 

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