Con 367 voti favorevoli, 161 contrari e 69 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato il nuovo patto di Stabilità. Le nuove regole di bilancio entreranno in vigore quest’anno e sostituiranno i parametri sospesi dal 2020 e fino alla scorsa finanziaria.

Ma insieme ai nuovi paletti da rispettare per la prossima legge di bilancio, frutto di un compromesso in sede europea, il dato politico è che sono solo tre gli eurodeputati italiani che hanno votato a favore della riforma. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si sono astenuti su un testo che aveva ricevuto il via libera del ministro dell’Economia del governo Meloni, Giancarlo Giorgetti. Stessa cosa per il Partito democratico, che ha scelto di non votare una riforma che ha la firma del commissario all’Economia Paolo Gentiloni, esponente dem.

La scelta dei partiti italiani

Tutti gli eurodeputati italiani hanno votato contro o si sono astenuti. Hanno votato a favore solo Lara Comi di Forza Italia, nel gruppo del Partito popolare europeo, Herbert Dorfmann della Südtiroler Volkspartei, anche lui nel Ppe, e Marco Zullo, indipendente eletto con il Movimento 5 stelle che ora fa parte di Renew Europe. Anche Sandro Gozi ha dato il suo sì alla riforma, ma è stato eletto nelle liste francesi di Renaissance.

Nonostante il nuovo testo fosse stato avvallato dal leghista Giorgetti, i partiti italiani che sostengono il governo Meloni hanno scelto di astenersi. La Lega ha definito la riforma «una riforma mancata» e in una nota ha spiegato che «con un’altra maggioranza in Europa, nei prossimi anni sarà possibile apportare quelle modifiche necessarie, verso una maggiore flessibilità e più investimenti pubblici».

Era stato lo stesso Giorgetti a margine dell’Ecofin dello scorso 12 aprile a spiegare la natura di compromesso del nuovo patto di Stabilità. «Con questo voto le forze di governo hanno sfiduciato di fatto il proprio ministro Giorgetti che lo aveva negoziato», ha attaccato il capogruppo dei 5 stelle alla Camera Francesco Silvestri. Si sono astenuti anche gli europarlamentari di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, gli unici esponenti del Ppe a non votare la riforma.

«Con il voto sulla riforma del Patto di stabilità», ha scherzato il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, «abbiamo unito la politica italiana». Perché anche il Partito democratico ha scelto di astenersi. «Credo più per ragioni di politica interna», ha aggiunto Gentiloni. Il nuovo patto di Stabilità nasce da una proposta della Commissione (anche se modificata poi dagli accordi tra i governi dei 27) e porta la firma dello stesso commissario agli Affari economici, espressione dello stesso Pd. Stessa scelta per Italia Viva.

Ha votato contro il Movimento 5 stelle, che parla di «ritorno dell’austerity», e gli ex grillini entrati nei Verdi.

Cosa cambia dalla prossima finanziaria

Il nuovo patto di Stabilità approvato questa mattina sostituisce le vecchie regole di bilancio che erano state sospese durante la pandemia (per far fronte a spese e debito straordinari) e che ritorneranno in vigore, in forma nuova, per la prossima finanziaria. L’ultimo passo sarà l’adozione formale da parte del Consiglio.

Il nuovo patto indica un percorso di riduzione del debito, per i paesi più indebitati, spalmato su più anni. In particolare, per i paesi con un indebitamento superiore al 60 per cento del Pil (come l’Italia) sono previsti piani di riduzione nazionali di 4 anni, estendibili a 7 in cambio di riforme e investimenti. Per gli Stati europei con un disavanzo superiore al 3 per cento del Pil o un debito pubblico superiore al 60 per cento del Pil, la Commissione pubblicherà una «traiettoria di riferimento». 

Le nuove regole non modificano le soglie massime nel rapporto deficit/Pil, pari al 3 per cento, in quello tra il debito e il Pil, il 60 per cento. Ma per i paesi con un alto tasso di indebitamento, saranno chiesti aggiustamenti annuali.

In base agli ultimi dati Eurostat, saranno probabilmente 11 i paesi per cui la Commissione europea aprirà una procedura d’infrazione per deficit eccessivo e che dovranno il percorso correttivo previsto dai nuovi vincoli di bilancio. Tra questi ci sarà l’Italia, come già annunciato da Giorgetti. Verrà imposto ai paesi sotto procedura un taglio annuo del saldo strutturale pari almeno allo 0,5 per cento del Pil (che per l’Italia equivale a 10 miliardi di euro). Nell’elenco ci saranno anche Ungheria, Romania, Francia, Slovacchia, Malta, Belgio, Spagna, Estonia, Polonia e Repubblica Ceca.

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