- Un secchio e una piccola falce erano i rudimenti con cui le circa quattromila donne tunisine partivano da casa ogni mattina all’alba da ottobre a maggio per la pesca delle vongole.
- Un lavoro faticoso, artigianale, ma che costringe le donne a rimanere con la schiena chinata per tantissime ore in cambio di un misero guadagno a cottimo imposto da intermediari locali, spesso parenti o amici, con cui è difficile trattare.
- Ma oggi, le vongole veraci tunisine rischiano di scomparire, nonostante un progetto della Fao che è riuscito a migliorare le condizioni di lavoro delle pescatrice, le quali, per anni, sono state sfruttate in cambio di miseri guadagni dai commercianti locali.
Un secchio e una piccola falce erano i rudimenti con cui le circa quattromila donne tunisine partivano da casa ogni mattina all’alba da ottobre a maggio per la pesca delle vongole. Utilizzavano una tecnica semplice: si raschia e rovista nella fanghiglia dei fondali costieri o lagunari, fino a un massimo di profondità di venti centimetri, in attesa che il falcetto sbatta contro il guscio di una vongola. Un lavoro faticoso, artigianale, ma che costringe le donne a rimanere con la schiena chinat



