Nell’ultima tappa di un tour che il presidente ucraino, Volodymyr Zelenksy, ha intrapreso per assicurarsi che la richiesta di adesione di Kiev alla Nato venga approvata e per garantirsi più armi dagli alleati, Zelensky incontrerà a sorpresa il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, oggi pomeriggio a Istanbul.

Tra gli argomenti che saranno discussi nel bilaterale si parlerà soprattutto dell’accordo sul grano, promosso un anno fa proprio da Erdogan, in scadenza il 17 luglio e che la Russia non ha più intenzione di rinnovare. Il portavoce del Cremlino, Dimitry peskov, ha dichiarato che Mosca seguirà con attenzione l’incontro.

È la prima volta dall’inizio della guerra che Zelensky entra in territorio turco. Erdogan è uno dei personaggi chiave nel conflitto russo ucraino, ma anche ambivalente: guida un paese membro della Nato ma è allo stesso tempo un autorevole interlocutore del Cremlino.

Con la sua azione diplomatica non solo è l’artefice dell’accordo sul grano, è anche colui che – nella prima fase del conflitto – è stato l’unico ad aver tentato una mediazione diplomatica tra le parti, ospitando nel suo territorio alcuni incontri di pace tra le delegazioni dei due paesi.

La tv turca ha riferito che dopo Zelensky, Erdogan potrebbe incontrare il presidente russo, Vladimir Putin, anche se non è ancora chiaro dove. Per adesso l’unica certezza è che alla fine del bilaterale turco-ucraino i due presidenti terranno una conferenza stampa.

Cosa prevede l’accordo?

Kiev è tra i maggiori esportatori di grano e altre derrate alimentari attraverso i porti ucraini del mar Nero. All’inizio della guerra le esportazioni si erano fermate e diverse tonnellate di grano erano rimaste bloccate nei silos ucraini, esponendo in questo modo circa 180 milioni di persone a una crisi alimentare, specialmente nei paesi in via di sviluppo del sud del mondo.

Nel luglio dello scorso anno Erdogan e le Nazioni unite erano riuscite a mediare un’accordo per consentire la ripresa delle esportazioni di grano da Kiev per 120 giorni. L’intesa era è stata rinnovata di volta in volta per due mesi. L’ultima proroga è avvenuta lo scorso maggio. 

In verità non si è mai riusciti a far siglare a Mosca e Ucraina un testo unico, il patto si compone perciò di due intese distinte, firmate con Nazioni unite e Turchia: una siglata dal ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e l’altra dal ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov.

In ogni caso, grazie all’accordo si è creato un centro di controllo a Istanbul che ha garantito fino a oggi un passaggio sicuro per le navi mercantili. Il centro di coordinamento ha gestito le varie operazioni e svolto i controlli all’interno dei cargo per assicurarsi che non trasportassero armi.

Per convincere la Russia a facilitare la reintroduzione sul mercato del suo principale concorrente, le Nazioni unite hanno firmato col Cremlino un memorandum valido per tre anni che impegna l’Onu ad agevolare l’accesso dei fertilizzanti russi e di altri prodotti sui mercati globali, grazie alla riconnessione della Banca agricola russa al sistema di pagamento Swift – valido fra tutte le banche occidentali – alla ripresa delle forniture delle macchine agricole e alla rimessa in funzione del gasdotto Togliatti-Odessa per le consegne di ammoniaca, componente essenziale dei fertilizzanti. È proprio questo documento che Mosca usa come pretesto per ritirarsi dall’accordo sul grano.

Associated Press/LaPresse

Le lamentele della Russia

Mosca si ritiene ingannata a causa della mancata attuazione del memorandum. A metà giugno scorso, dopo aver siglato il decreto che definisce la regione settentrionale del mar Nero, ossia il mar d’Azov come «un mare interno della Russia», Putin ha dichiarato che «le condizioni che dovevano essere applicate non sono state soddisfatte».

Il leader del Cremlino ha anche accusato Kiev di utilizzare i corridoi marittimi per attaccare la flotta russa con i droni e ha poi sottolineato che l'accordo avrebbe dovuto aiutare i paesi «amici» in Africa e America Latina, ma che finora è stata l’Europa a beneficiarne. 

Se la Russia non dovesse rinnovare l’accordo potrebbe rafforzare il suo controllo sull’approvvigionamento alimentare globale utilizzando il grano come leva geopolitica o meglio come lo definiva Lenin «valuta delle valute».

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