La chiusura anticipata della legislatura stuzzica gli appetiti per blindare i dipendenti dei gruppi in parlamento. In un clima da “si salvi chi può”, l’operazione è stata messa in cantiere nel bilancio della Camera, che sarà discusso dall’Aula nelle prossime ore, sotto forma degli ordini del giorno depositati.

Gruppi parlamentari

Tra questi spicca il progetto della deputata del Movimento 5 stelle, Celeste D’Arrando, che ha messo nero su bianco la proposta di tutelare la «competenza e l’esperienza professionale del personale dipendente dei gruppi parlamentari», prevedendo un «intervento finalizzato a garantire la continuità lavorativa di tale personale». L’obiettivo è di indicare una corsia preferenziale a dispetto di tutti gli altri candidati.

La motivazione è, sulla carta, sacrosanta: la volontà di valorizzazione dei titoli e dell’anzianità acquisita rispetto a quel lavoro. Peccato che la dinamica, nei fatti, rischia di favorire la creazione di un circuito chiuso, senza possibilità di ingressi dall’esterno.

Una proposta simile è stata presentata con l’ordine del giorno di Mauro D’Attis di FI. E sempre sulla stessa falsariga si muove l’iniziativa della deputata di Alternativa, Leda Volpi, che chiede un confronto con il Ministero del lavoro per riconoscere una cornice contrattuale specifica a questi lavoratori.

Ufficio di presidenza

Se in questi casi si tenta la stabilizzazione dei dipendenti dei gruppi, c’è anche chi spinge per provare a ricollocare i cosiddetti “decretati”, le figure assunte dai componenti dell’ufficio di presidenza di Montecitorio e dei presidenti delle commissioni. Si definiscono decretati perché assunti con decreto presidenziale, con la busta paga garantita però dagli uffici della camera. Il colpaccio è stato orchestrato da Andrea De Maria, deputato del Partito democratico.

L’obiettivo, nel caso specifico, è di arrivare a un «incremento del plafond massimo di spesa utilizzabile per il personale di segreteria», in modo da riassorbire chi ha lavorato con l’ufficio di presidenza (udp) nelle due legislature precedenti.

Dunque, chi assumerà l’incarico nell’organismo della camera, avrà la possibilità di una spesa aggiuntiva, a patto di far rientrare chi ha già avuto un contratto in precedenza con l'ufficio di presidenza. Peraltro De Maria avanza questa idea dalla posizione proprio di segretario di presidenza. Un progetto che suona come una garanzia a chi lo ha accompagnato nel corso di questi anni a Montecitorio.
 

L’ex deputato del Movimento 5 stelle, passato con Insieme per il futuro di Luigi Di Maio, Alessandro Amitrano, è segretario di presidenza come De Maria, sarà per questo che si occupa della stessa questione.

L’idea di Amitrano, tuttavia, è molto più prudente: non propone nessuna misura specifica per garantire il rientro dei collaboratori dell’ufficio di presidenza, ma la possibilità di caricare sul sito internet della camera il curriculum vitae in un elenco denominato «personale in decreto nelle scorse legislature». Nessun intento particolare, sottolinea Amitrano, se non quello di rispondere esclusivamente agli «obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni».

Nonostante la minimizzazione è comunque un modo come un altro per rendere note le competenze di quei professionisti. E magari consentire una posizione di vantaggio in confronto a possibili new entry.

Meno deputati stessi salari

Come se non bastasse la preoccupazione per il futuro riguarda anche chi ha la certezza di tornare in pista dopo le elezioni del 25 settembre e con l’insediamento delle nuove camere, previsto per il 13 ottobre. È il caso dei dipendenti della camera dell’allegato A, una categoria creata 30 anni fa, che a ogni legislatura facilita la riassunzione di questi lavoratori, attraverso un sostegno economico alla loro contrattualizzazione. Ma la sicurezza del posto non è considerata sufficiente per essere soddisfatti. Nei giorni scorsi, infatti, l’associazione, che raccoglie i 70 lavoratori del cosiddetto allegato A, ha minacciato di avviare una causa nei confronti dell’istituzione in caso di mancate risposte.

Tra le istanze poste ci sono quelle del salario da mantenere allo stesso livello, indipendentemente dal taglio del numero dei parlamentari, e di evitare casi di demansionamento. Arrivando finanche a citare casi di mobbing.

I collaboratori

In mezzo al fiume di richieste in arrivo da ogni parte, i collaboratori parlamentari invece non chiedono alcuna stabilizzazione.

L’Aicp, l’associazione che rappresenta i loro interessi, chiede semplicemente una regolamentazione per scongiurare gli abusi contrattuali che si sono susseguiti negli anni.

E aggiunge un’altra clausola: serve maggiore trasparenza nel conferimento di questi incarichi per limitare i casi di assegnazione a compagni di partito o politici non eletti, che con i numeri del nuovo parlamento di certo non mancheranno.

© Riproduzione riservata