Si dice che durante una crisi economica il lavoro dell’opposizione è quello più facile. È sufficiente prendere le misure proposte dal governo e assicurare che, al suo posto, si sarebbe speso di più e per più persone. In parte è quello che ha fatto fino a ora l’opposizione guidata da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.

In una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e pubblicata sul Sole 24 Ore nel giorno del voto in Senato sullo scostamento di bilancio (il terzo dall’inizio della crisi), i tre leader hanno avanzato le loro richieste al governo, la loro proposta per uscire dalla crisi. E se il governo ha promesso alle imprese sgravi contributivi per le nuove assunzioni, l’opposizione chiede sgravi per tutti i dipendenti. Se il governo si limita a rinviare le scadenze fiscali, l’opposizione chiede un “anno bianco fiscale” senza imposte per le imprese, il taglio dell’Imu e la sua cancellazione nei piccoli comuni.

Pochi giorni prima, Salvini aveva chiesto la stabilizzazione di 50 mila insegnanti precari e una “esenzione fiscale totale” fino a fine anno, Berlusconi aveva domandato l’introduzione di una flat tax, mentre Meloni chiedeva almeno una semplificazione delle aliquote Irpef che facesse da apripista a una vera flat tax.  

Sono richieste che somigliano a un libro dei sogni e l’impressione è che l’opposizione le avanzi solo perché non è al governo. Magari proprio per mettere in difficoltà l’esecutivo. In realtà queste proposte  rivelano qualcosa sul centrodestra, sugli elettorati a cui parla e sui suoi riferimenti ideologici. I tagli delle imposte, in particolare alle piccole imprese e ai piccoli comuni, sono allettanti  autonomi, artigiani e abitanti dei piccoli centri urbani, categorie che, sempre di più, costituiscono la spina dorsale dell’elettorato di centrodestra.

Sulla questione del blocco dei licenziamenti, che il governo vuole prorogare fino alla fine dell’anno (nonostante la contrarietà di Matteo Renzi e Italia viva) e che Confindustria vorrebbe rimuovere immediatamente, i tre leader non si sono espressi direttamente, probabilmente ipotizzando che sia un tema delicato da affrontare in un momento di crisi come quello attuale. Nella lettera al Sole 24 Ore chiedono soltanto che in caso di proroga del blocco , altrettanto venga fatto con la cassa integrazione.  Ciò nonostante gli opinionisti vicini all’opposizione sono quasi tutti allineati sulle posizioni di Confindustria e del suo  presidente Carlo Bonomi. “Il blocco dei licenziamenti è una misura economica da baluba”, ha scritto ad esempio il vicedirettore del Giornale, Nicola Porro.  

I tre leader hanno invece idee chiare sul decreto dignità: la norma introdotta durante il primo governo Conte che rende più complicato per le aziende rinnovare i contratti a tempo determinato, deve essere subito cancellata.  

E anche se fino a questo punto il programma anticrisi dell’opposizione sembra uscito dalla mente di un economista liberale, i sostenitori dello stato leggero rischiano di rimanere delusi. Non c'è traccia di tagli alla spesa pubblica e anche quando Salvini, Meloni e Berlusconi ne parlano è per importi minimi. “Centomila euro per consulenze del Mef, 2,4 milioni per consulenze del ministero dello Sviluppo economico” e altri “100 mila euro per i biglietti aerei per l'expo di Dubai” sono, secondo Meloni, tutte le spese che si potevano tagliare nel decreto rilancio dello scorso giugno.  

Con la solitaria eccezione di Berlusconi, inoltre, l’opposizione non vuole sentir parlare nemmeno del Mes, la linea di credito di emergenza delle istituzioni europee. Un fondo considerato, non solo in Italia, politicamente pericoloso  per via del suo coinvolgimento nei programmi di austerità che hanno colpito la Grecia e gli altri paesi europei in crisi.

I grandi assenti nel programma e nella retorica del centrodestra sono i disoccupati, i lavoratori atipici, i lavoratori in nero e gli stranieri. Per l’opposizione, queste categorie riceveranno a cascata i benefici che arriveranno alle altre categorie. Nel più classico esempio di trickle down, la teoria economica in voga negli anni Ottanta secondo cui tagliando le tasse ai ricchi si crea indirettamente un beneficio anche per i più poveri, saranno gli sgravi fiscali destinati agli imprenditori ad aiutare chi ha perso il lavoro, non certo un nuovo “reddito di emergenza”.

Qualcosa di diverso era stato proposto da Giorgia Meloni quando, alla fine dello scorso marzo, aveva chiesto di versare immediatamente mille euro sul conto corrente di ciascun italiano, una misura simile a quella approvata dall’amministrazione di Donald Trump negli stessi giorni, e vicina alla richiesta di un “reddito di quarantena”, proposto tra gli altri da associazioni come il Forum Diseguaglianze Diversità. La proposta però è sparita rapidamente e Meloni si è adeguata alle idee della Lega: i sussidi a poveri e disoccupati “piacciono all’Italia che non ci piace”, come ha detto alla fine del 2018 l’allora sottosegretario leghista, Giancarlo Giorgetti.

Non stupisce che Salvini e Meloni si siano riallineati su questo tema, né che i loro programma anticrisi siano pressoché identici.

Secondo uno studio del Cise (Centro italiano studi elettorali) dell’università Luiss, chi vota Lega potrebbe votare Fratelli d’Italia e viceversa. Infatti, anche se il partito di Giorgia Meloni ha un maggiore radicamento al centro e al sud rispetto allo zoccolo duro leghista situato nel nord del paese, i loro elettorati storici sono sostanzialmente sovrapponibili e formati dalle stesse categorie produttive: professionisti, autonomi, piccoli imprenditori.  

Nello stesso sondaggio agli elettori è stato chiesto di collocarsi su una scala  da 0 a 10, in cui 0 è l’estremo della sinistra e dieci quello della destra. Anche se questa suddivisione viene spesso considerata superata, gli elettori a cui si rivolgono Salvini e Meloni coi loro programmi hanno invece fornito una risposta molto chiara sul loro posizionamento e si sono collocati tra 8 e 8,5. “Punteggi da destra radicale”, conclude il Cise.

La stessa categoria potrebbe essere applicata anche ai loro programmi anticrisi. 

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